"Il giallo si sarebbe risolto lo stesso giorno...". La rivelazione dell'avvocato di Stasi sul Garlasco

Le impronte andate perse sul pigiama della vittima avrebbero potuto indicare fin dalle prime battute il colpevole dell'omicidio

"Il giallo si sarebbe risolto lo stesso giorno...". La rivelazione dell'avvocato di Stasi sul Garlasco
00:00 00:00

L'avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, è convinto che il caso dell'omicidio di Chiara Poggi si sarebbe potuto risolvere in 24 ore o poco più se non fossero state cancellate le impronte di sangue dal pigiama della vittima, la vera firma del suo assassino. Purtroppo, chi entrò in quella casa girò il corpo di di Chiara prima che quelle impronte potessero essere repertate o che, comunque, quella parte venisse prelevata. Il risultato è che, muovendo il corpo, il sangue che si trovava per terra ha cancellato quelle impronte che sarebbero potute essere determinanti.

"Questo è l'unico caso, che io ricordi, della storia giudiziaria italiana in cui vi è, inequivocabile, la firma dell'assassino sul pigiamino della povera Chiara: quattro impronte della mano, insanguinate. Un giallo che si sarebbe risolto lo stesso giorno, al massimo il giorno dopo. Che cosa voglio arrivare a dire? Tutte le critiche, per fortuna non tantissime, che sono piovute su questi quattro magistrati coraggiosi, sull'eccellenza dell'Arma dei Carabinieri di Milano e sul professore Previderè, che è la punta di diamante della genetica, dovrebbero non essere portate avanti da parte di chi, a qual si voglia titolo, ha partecipato alle indagini del 2007, che sono tra le indagini peggio fatte nella storia", ha dichiarato l'avvocato De Rensisi in collegamento con Pomeriggio5. La procura di sta muovendo, è probabile che ci sono elementi che non sono stati fatti uscire in vista dell'incidente probatorio di giugno per mantenere qualche carta scoperta.

Intanto Alberto Stasi continua a scontare la pena definitiva alla quale è stato condannato, anche se negli anni ha avuto accesso a permessi premio e da aprile gode del regime di semilibertà per lavorare. Viene definito un detenuto modello. Dalle relazioni della Sorveglianza emerge la difficoltà a indagare "sull'ossessiva catalogazione e la abituale visione di materiale pornografico anche raccapricciante e violento" che per i giudici sarebbe stata la molla del delitto. Si legge anche che "colpisce anche come, nella valutazione dell'empatia ed emotività, non vi siano accenni a quanto provato nel passato e nel tempo nei confronti dei genitori e parenti della vittima, o a sentimenti di rabbia, alle cause sottese e alle strategie di gestione".

In una relazione del febbraio 2024, di cui si è avuto conoscenza solo con il provvedimento della Sorveglianza dello scorso aprile, il Tribunale indica "nella ossessiva visione di materiale pornografico fino alla sua meticolosa catalogazione nel pc, con tratti francamente eccessivi anche per un giovane alla scoperta della sessualità" il possibile "movente o quanto meno l'occasione del delitto".

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica