Cronaca locale

"Un'altra Saman". Picchiata e minacciata per il no al matrimonio combinato

Il gip del tribunale di Modena ha disposto il rinvio a giudizio per quattro familiari della diciannovenne indiana che rifiutò il matrimonio combinato. Sono accusati di maltrattamenti in concorso: l'avrebbero picchiata e minacciata di morte, dopo il suo rifiuto a sposarsi

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Erano stati accusati di averla minacciata di morte e di averla picchiata, non accettando il suo rifiuto al matrimonio che avevano combinato per lei. E adesso, dovranno difendersi dall'accusa di maltrattamenti in concorso, con la prima udienza fissata per il prossimo 26 settembre. La procura di Modena, proprio nelle scorse ore, ha infatti ottenuto il rinvio a giudizio per quattro delle persone coinvolte in questa storia: si tratta dei genitori, della zia e della nonna della ragazza indiana di 19 anni vittima dei maltrattamenti. La giovane, dopo esser stata accolta in una struttura protetta, avrebbe di recente sposato il ragazzo per il quale ha detto "no" all'unione con uno sconosciuto che la famiglia aveva già disposto per lei. Ma ha potuto farlo solo dopo essersi allontanata dai familiari, i quali secondo l'accusa apparivano davvero disposti a tutto pur di far sì che la giovane rispettasse l'accordo matrimoniale che loro aveva già preso.

Secondo i loro piani, subito dopo il diploma, l'adolescente avrebbe dovuto lasciare l'Italia per tornare in India, dove era stata già promessa ad un uomo. E quando la diretta interessata confessò al padre di non voler obbedire, in quanto innamoratasi di un connazionale residente in provincia di Modena (il suo attuale marito) sarebbero scattate le sevizie. A turno, i parenti, avrebbero iniziato a picchiarla e a seguirne gli spostamenti. La giovane, che presentava evidenti ecchimosi, era stata segregata in camera e costretta al digiuno. In un'occasione, avrebbe persino sentito il padre pianificare la sua uccisione e quella del suo compagno. "Dobbiamo uccidere anche il suo ragazzo - la frase pronunciata dal genitore, che la ragazza avrebbe riportato anche agli investigatori - pagherò qualcuno per farlo". Ad accorgersi di come qualcosa non quadrasse, lo scorso marzo, fu la preside dell'istituto scolastico frequentato dalla diciannovenne.

E proprio la tragedia che ha portato qualche anno fa alla morte di un'altra giovanissima di origini straniere, Saman Abbas, avrebbe indotto gli inquirenti ad adottare ulteriori accorgimenti negli scorsi mesi. Soprattutto nel periodo intercorso fra la denuncia e l'avvio delle indagini. La diciannovenne era infatti decisa a tornare momentaneamente a casa di persona per riprendersi i documenti, proprio come aveva fatto Saman. Alla fine sono però stati i poliziotti a compiere l'operazione, proprio per ridurre al minimo ogni rischio. "Il giudizio immediato presuppone l’evidenza della prova e andiamo avanti fino a che non avremo giustizia, sperando che queste cose non accadano più - ha dichiarato nelle scorse ore Barbara Iannuccelli, legale della ragazza, al quotidiano Il Resto del Carlino - siamo fiduciosi che la giustizia funzioni e orgogliosi che questo caso, identico a quello di Saman, abbiamo avuto un epilogo diverso. La mia assistita è in sicurezza, sta bene.

E non vede l’ora che lo Stato italiano, in cui crede, faccia giustizia".

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