Scena del crimine

Le foto hot, i riti, i "lupi mannari": gli stupri del Diavolo di Montemurlo

La vicenda del "diavolo di Montemurlo", ovvero Matteo Valdambrini, capo di una setta in Toscana condannato a 10 anni in secondo grado

Matteo Valdambrini, il "Diavolo" di Prato
Matteo Valdambrini, il "Diavolo" di Prato
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Si fingeva il diavolo, per indurre gli adepti ad avere rapporti sessuali con lui. A giugno 2020 viene arrestato Matteo Valdambrini, all’epoca 24 anni e studente universitario di economia, originario di Montemurlo in provincia di Prato. È stato accusato di stupro di gruppo, riduzione in schiavitù, violenza sessuale e diffusione di materiale pornografico che ritraeva sia adulti che minori.

Da allora per la stampa Valdambrini è diventato il “Diavolo di Montemurlo”: avrebbe infatti fondato una sorta di setta, raccogliendo intorno a sé giovani fragili o impressionabili. La sua storia è al centro dei primi due episodi del nuovo podcast di Carmine Gazzanni e Flavia PiccinniNella setta”, che prende il nome dall’omonimo libro scritto dai due giornalisti nel 2018.

“Questa è una storia che inizia nel 2015 nella provincia toscana, a Nord di Prato - chiariscono Piccinni e Gazzanni - Parla di demoni e di vampiri, e porta con sé qualcosa di molto significativo: Valdambrini infatti nel giugno 2023 è stato condannato per riduzione in schiavitù. Erano quasi vent'anni che non si registrava una condanna del genere nel nostro Paese rispetto al mondo settario. Ed è per questo - perché è uno dei rari casi in cui la giustizia, che soffre di un inquietante vuoto normativo, è riuscita a condannare la sottomissione di un gruppo di persone a un'altra - che abbiamo deciso di iniziare il nostro podcast con questa storia”.

Le indagini

Le indagini sono partite ad aprile 2019 su impulso di due fatti distinti. Da un lato c’era una donna che spesso girovagava nei boschi intorno a Prato: al suo ritorno avrebbe presentato insoliti segni sul corpo. Dall’altro la madre di due ragazzi, che avrebbero iniziato a partecipare a strani incontri, ha sporto denuncia, andando a scoperchiare un vaso di Pandora.

Nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Angela Pietroiusti è infatti emerso un quadro di sudditanza verso Valdambrini, “indotto mediante inganno, minacce e violenza contraddistinto da una visione distorta della realtà nella quale il leader era, come già detto, considerato il ‘Diavolo', con capacità e poteri sovrannaturali, e i suoi seguaci entità non umane che, al fine di acquisire più poteri, sarebbero stati costretti a rituali di ogni genere, anche di natura sessuale”.

“Ci sono dei comportamenti che Valdambrini replica costantemente per fare colpo sui potenziali adepti. Per esempio preme con forza il proprio dito indice sull'occhio dei suoi adepti per rimuovere i loro blocchi mentali, legati prevalentemente alle sofferenze derivanti dai rapporti conflittuali con i genitori. Ma si impegna anche a dare dei morsi sulle braccia che fanno fuoriuscire del sangue, creando dolore e spesso anche cicatrici. Azioni supinamente accettate dagli adepti per aumentare le loro potenzialità o per riattivare l'essenza di lupo mannaro, consistente in una straordinaria agilità, o quella di vampiro legata al potere di auto-guarigione”.

Valdambrini, che si presentava alle famiglie come un ragazzo perbene, avvicinava i giovani spesso dando ripetizioni in inglese. Una delle vittime avrebbe rivelato, come riporta il Corriere della Sera: "Mia madre era contenta di lui. Poi propose di darmi lezioni gratis in cambio di prestazioni sessuali”.

“Inizialmente - raccontano i giornalisti - la setta nasce come un gruppo di ragazzi appassionati di esoterismo e di magia. Poi, lentamente, Valdambrini prende il sopravvento cominciando a manipolare gli altri membri tanto dal punto di vista psicologico che fisico attraverso dei trucchi. I ragazzi senza rendersene conto si ritrovano prigionieri perché, partendo da un loro interesse, da una loro passione, da una loro fragilità Valdambrini si insinua nei loro pensieri, annullando lo spirito critico e qualsiasi tipo di valutazione che possa compromettere il suo vangelo”.

La setta

In base alla ricostruzione degli inquirenti, Valdambrini si faceva chiamare Omen, e ribattezzava i suoi adepti con altri nomi, come Aracne, Amon, Banshee, Lilith. Gli adepti venivano sottoposti a riti di iniziazione all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Firenze, in una villa di Pistoia oppure nell’ex cementificio di Prato, come riporta il Secolo d’Italia.

“Il potere è tutto nelle mani di Valdambrini, un guru accentratore che si esercita nel manipolare - come emerge dai documenti - i membri della sua ristretta cerchia. Gli adepti vengono tenuti sotto scacco da Valdambrini attraverso una serie di ricatti (se non fai così, succederà qualcosa alla tua famiglia - se non fai quello che ti dico, rischi di morire), e assecondano i suoi voleri perché impressionati e intimamente convinti che lui sia il Diavolo grazie a dei trucchi - che poi si scoprirà essere dei banali trucchi illusionistici - che questo metteva in atto”.

A loro veniva promesso un aiuto per sbloccare il loro potenziale o risolvere problemi personali: per convincerli, Valdambrini avrebbe inscenato morte e resurrezione. Inoltre avrebbe lasciato dei segni sulle braccia, un morso in grado di evocare i lupi mannari.

“Sono tanti gli episodi che meriterebbero di essere raccontati. Uno su tutti: quando una sera Valdambrini accompagnò due adepti, un ragazzo e una ragazza, al vicino ruscello e poi, dopo aver massaggiato a lungo la mano di lei, la prese a bastonate dicendo che entrambi avrebbero dovuto conservare la metà pigna che dava loro poiché, se l'avessero smarrita, lei sarebbe rimasta incinta. Mentre quel rito serviva proprio per fare in modo che il bambino che la giovane portava in grembo non nascesse. Ma potremmo raccontare anche del rapporto sessuale avuto da Valdambrini e un giovane vicino al cimitero di Figline o della prova di coraggio fatta poco distante il parco di Galceti, davanti alla Chiesa di Sant'Ippolito. È qui che Valdambrini chiede ai suoi adepti di piantare il coltello in un cervello che dice essere umano”.

Ci sarebbero stati poi i rapporti sessuali con gli adepti, le minacce di morte per loro e le famiglie, ma anche la richiesta di inviare immagini di nudo via WhatsApp a un’identità denominata Hydra, dietro cui si sarebbe celato in realtà lo stesso Valdambrini. Che dopo l’arresto avrebbe pronunciato queste parole: “Ho bisogno di nutrirmi di corpi. Io salverò il mondo”.

E come spesso accade nei gruppi elitari di persone, viene data vita a un nuovo linguaggio, che separi, crei uno iato, tra il linguaggio comune e quello della setta. “Di certo per capire questa storia è bene iniziare a prendere confidenza con i rituali da Valdambrini sostenuti e alimentati attraverso un linguaggio originale, accompagnato non di rado da neologismi dal ragazzo stesso forgiati. Fra questi compare il retinaggio, lo shifting, il morso. E poi, secondo un lessico questa volta piuttosto comune nel mondo settario, 'lo sblocco mentale e sessuale’ che troveremo anche in altre realtà”.

E anche la richiesta di foto hot in chat assume un termine ad hoc. “La vera intuizione di Valdambrini pare però essere il retinaggio, cui venivano obbligati a sottoporsi tutti gli appartenenti al gruppo di sesso maschile. Il fine è nobile: quello di decifrare la vera entità del diretto interessato. Il rito consiste nel farsi inviare al suo numero telefonico attraverso Whatsapp le fotografie da nudi, con il pene in erezione, dei diretti interessati. Valdambrini garantisce che un'entità cibernetica di nome Hydra - ovvero un computer con intelligenza artificiale, capace di funzionare esclusivamente con l'ausilio del wi-ii - avrebbe poi rintracciato la loro essenza”.

Sarebbe stato Valdambrini a occuparsi della scelta dei potenziali adepti, proprio come è accaduto in diverse esperienze settarie del passato. “Ogni volta che Valdambrini trovava qualcuno che gli piaceva - perché lo attraeva fisicamente o, forse e piuttosto, perché trovava in lui delle caratteristiche di fragilità che avrebbero permesso di avvicinarsi in modo semplice - dispiegava tutte le sue armi”.

E le armi erano trucchi al limite dell’illusionismo. “Perché Valdambrini per fare colpo sugli adepti si proponeva come il Demonio. Il ragazzo metteva in scena dei poteri, che in realtà erano dei trucchi di magia. Quelli che possiamo eseguire con degli ausili reperibili praticamente ovunque. Un esempio? Il sangue che fuoriusciva dai suoi vampireschi morsi era frutto di capsule in gelatina riempite di colorante che, con la saliva, creano un effetto molto realistico. Dieci capsule, nove euro. Gli altri talenti che Valdambrini vantava e che mostrava con orgoglio ai suoi adepti si possono apprendere con grande facilità attraverso dei tutorial online. Ce ne sono a bizzeffe. Una sorta di vademecum per improvvisarsi giocolieri dell'occulto, amministratori del male part-time, assuefatti sostenitori di seconde vite e di misticismi d’accatto”.

L’intero comparto della setta era una sorta di citazione, di omaggio alla cultura pop. “Mettendo insieme fumetti, film e rudimenti esoterici conosciuti in modo alquanto superficiale, Valdambrini elabora una sua personalissima dottrina. In questa convivono giochi di ruolo che mixano insieme atmosfere alla Twilight e serie tv come Buffy, ma che si trasformano - attraverso una puntuale, violenta, disperata manipolazione mentale - in un incubo per i ragazzi che credevano di entrare in un universo esoterico, e si ritrovano prigionieri di Valdambrini”.

Il giudizio

A dicembre 2021 Valdambrini è stato condannato a 6 anni e al risarcimento delle vittime con il rito abbreviato, per 5 dei 13 episodi che la procura gli contestava. Era venuta meno tuttavia l’accusa di riduzione in schiavitù: per la corte d’assise, il fatto non sussiste.

Le cose sono andate diversamente al processo d’appello, dove sono stati chiesti 12 anni: a giugno 2023 il “Diavolo di Montemurlo” è stato condannato a 10 anni e 4 mesi di reclusione, come riporta PrimaFirenze.

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