Cronache

Sputi e insulti agli agenti: cosa ha fatto il marocchino accusato per la morte di Fatima

Sulla volante della polizia il 32enne ha battuto i pugni contro il finestrino urlando: “Fatemi uscire, altrimenti ve la spacco”

Sputi e insulti agli agenti: cosa ha fatto il marocchino accusato per la morte di Fatima

Verso le 21.45 di giovedì scorso una bambina di soli tre anni, Fatima, è volata giù dal balcone di un appartamento al quarto piano di un immobile sito in via Milano 18 a Torino. Un rumore sordo ha messo la parole fine alla sua vita. La piccola è infatti stata soccorsa e portata all’ospedale Regina Margherita di Torino, ma dopo un lungo e delicato intervento chirurgico eseguito nella notte, il suo cuoricino ha smesso di battere il mattino seguente. Nel cortile del palazzo alcuni testimoni hanno raccontato di aver sentito risuonare le urla strazianti della madre della bimba, Lucia, una italiana di 41 anni, rivolte al corpo della figlia immobile sul pavimento dopo il volo di circa 12 metri.

L'uomo non era lucido

In nottata il compagno della mamma, il 32enne marocchino Azar Mohssine, è stato portato in questura per essere interrogato davanti al pubblico ministero Valentina Sellaroli. Il fermo dell’uomo ha di fatto confermato quelli che fino a poco prima erano solo sospetti: ovvero che il 32enne possa in qualche modo essere correlato alla morte di Fatima. Al momento, colui che è stato il primo ad allertare i soccorsi è accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. Lunedì dovrebbe tenersi l’udienza di convalida del fermo mentre ancora non è stata fissata la data dell’esame autoptico sul corpo della piccola. A renderlo noto il legale dell’accusato, l’avvocato Alessandro Sena, al termine dell’interrogatorio in procura. Durante l’interrogatorio il 32enne ha pianto e si è disperato. Secondo gli inquirenti, l’uomo non avrebbe voluto uccidere Fatima, ma il volo dal quarto piano della bambina sarebbe comunque stato provocato dalla negligenza di Mohssine. Forse era ubriaco o drogato.

Otto mesi per possesso di hashish

Nella mattinata era stato condannato dal tribunale a otto mesi di cercare, al termine di un processo, celebrato con il rito abbreviato, per il possesso, da lui negato, di una cinquantina di grammi di hashish. Impossibile comunque che una bimba di tre anni sia riuscita da sola a scavalcare la ringhiera. Grazie all’autopsia e ai rilievi eseguiti dai periti si potrà forse riuscire a ricostruire gli ultimi istanti prima della caduta dal parapetto e la traiettoria. Come riportato da Il Messaggero, la notte della tragedia gli investigatori hanno sequestrato il filmato di una telecamera di videosorveglianza, che avrebbe ripreso almeno in modo parziale quanto avvenuto. Secondo una prima ricostruzione, pare che Fatima fosse salita dall'appartamento dove viveva con la sua mamma, al piano superiore dove viveva il 32enne. La bambina al momento della caduta sarebbe stata in braccio all’uomo che si era forse sporto dal parapetto per parlare con la 41enne. Forse ubriaco o drogato potrebbe aver allentato la presa. Ancora non è stato appurato se la coppia stesse discutendo animatamente. Quello che è certo è che la donna, il 32enne e un amico dell’uomo sono stati portati in questura insieme ad altri testimoni e ascoltati per tutta la notte.

Le urla contro la polizia

Da quanto emerso Mohssine non era però lucido e proprio per questo motivo non è stato in grado di rispondere ad alcune domande. Il 32enne ha urlato e sputato contro i poliziotti. E mentre si trovava a bordo della volante della polizia ha battuto i pugni contro il finestrino dell’auto urlando:“Fatemi uscire, altrimenti ve la spacco”. Ricordiamo ancora una volta che Mohssine, proprio poche ore prima della tragedia, era stato condannato dal tribunale a otto mesi di carcere per possesso di stupefacenti ai fini di spaccio. Una volta venuto a conoscenza della morte della bimba, agli inquirenti ha detto: “Sono disperato, mi sento in colpa. È successo mentre Fatima era a casa mia, ma lei, per me, era come una figlia”. In lacrime ha anche confessato: “Non sono stato attento”, per poi ribadire che voleva molto bene a Fatima, così come lei ne voleva a lui.

L’uomo ha anche spiegato agli inquirenti di non aver bevuto particolarmente la sera della tragedia e che ha perso lucidità nel momento in cui si è reso conto che la bambina era caduta dal balcone.

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