Scena del crimine

Il biondino, il Dna errato, la pistola: tutti i dubbi sull'omicidio di Annalisa

Annalisa Vicentini fu uccisa durante una tentata rapina nella pineta di Chioma. Dopo un "errore" nel Dna gli inquirenti identificarono l'assassino con Andrei Orul noto come "il biondino col codino"

Il biondino, il Dna errato, la pistola: tutti i dubbi sull'omicidio di Annalisa

Ci sono vicende di cronaca nera che non seguono un corso lineare, vicende in cui il nesso causa-effetto vacilla dinanzi al dramma della morte. Come la storia di Annalisa Vicentini, 24enne di Livorno, uccisa con due colpi di pistola Makarov il 19 agosto del 2002 dal "biondino col codino", Andrei Orul, mentre era appartata in auto con un amico nella pineta di Chioma, fra Quercianella e Castiglioncello, nel Livornese.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Andrei Orul, 33 anni, di nazionalità incerta (pare fosse nativo di Atene ma naturalizzato russo), avrebbe sparato alla vittima durante un'aggressione per rapina. Secondo la difesa, rappresentata dai legali Eraldo Stefani e Ferdinando Imposimato, il 33enne sparò accidentalmente ad Annalisa dopo aver ingaggiato un colluttazione con Stefano Poli, amico della ragazza. Fatto sta che, l'11 maggio del 2009, la Corte d'Appello di Firenze condannò Orul a 27 anni di reclusione per l'omicidio.

La risoluzione del caso fu tutt'altro che agevole. Un "errore" del Dna, nella fase preliminare delle indagini, fece finire sul banco degli imputati persone rivelatesi poi completamente estranee ai fatti.

"Nel caso della Vicentini l’errore è stato possibile perché sono stati esaminati pochissimi parametri (genetici, ndr). Questi corrispondevano alla persona che inizialmente fu accusata, perché costui ha questi marcatori in comune con Orul Andrei, e quindi l’identificazione è stata imprecisa. Se si fosse ottenuto un profilo come quelli attuali, non ci sarebbe stato questo errore", spiega alla nostra redazione la biologa forense e genetista Marina Baldi.

Al netto della condanna comminata a Orul e dei fatti valutati nei tre gradi di giudizio, restano ancora dei punti oscuri nella vicenda. Il "biondino col codino" ha sempre dichiarato di non aver sparato volontariamente ad Annalisa. Ma allora cosa accadde sul serio in quel boschetto? Per venire a capo della storia bisogna fermarsi in quello spiazzo dove si consumò la tragedia.

Chi è Annalisa Vicentini

Quello che sappiamo di Annalisa è raccontato "a sprazzi" dai cronisti dei quotidiani locali che all'epoca si occuparono della vicenda. Una foto acquisita dall'Ansa, e diffusa nei giorni successivi al delitto, immortala la 24enne in una giornata al mare: è alta, ha gli occhi verdi e i capelli castani. Bellissima. Poi ci sono le voci di corridoio, mai confermate, quelle che raccontano di una ragazza "dall'animo inquieto", amante dei viaggi e degli animali: curiosa del mondo. Da tempo frequentava Stefano Poli, poligrafico di 39 anni, sposato e con due figli. Pare che tra i due ci fosse una tenera amicizia al punto che, al tempo, si chiacchierò di una relazione semi-clandestina. Ma poco importa. Il punto è che si ritrovarono insieme, quel maledetto giorno di agosto, nella pineta della Chioma. Stefano era alla guida della sua Mercedes, Annalisa gli sedeva accanto.

L'aggressione mortale

Tutto inizia e finisce in una piazzola di sosta tra la fitta vegetazione di un boschetto vicino al mare. Secondo la ricostruzione agli atti del fascicolo per omicidio volontario, Annalisa e Stefano si erano appartati in auto quando "un biondino col codino", di imprecisata nazionalità straniera, avrebbe sorpreso la coppia armato con una pistola Makarov calibro 9. Un tentativo di rapina al quale Stefano si sarebbe ribellato ingaggiando una colluttazione con l'aggressore che, di tutta risposta, avrebbe esploso due colpi contro Annalisa ferendola a morte. A quel punto, lo straniero si sarebbe dato alla fuga tra la boscaglia. "Alle 11.30 di mattina eravamo appartati in auto, è sbucato quel tipo armato, - racconta Stefano ai carabinieri intervenuti sul posto (La Repubblica - 20 agosto 2002) - voleva il denaro e gli oggetti preziosi, mi sono ribellato, lui ha sparato ad Annalisa, l' ho disarmato e ho esploso colpi in aria per metterlo in fuga". L'arma viene ritrovata, con anche un bossolo, a bordo della Mercedes.

La caccia "al biondino col codino"

Una ragazza morta in un agguato per tentata rapina e una semiautomatica con silenziatore. È quanto resta di una tragedia consumatasi in una manciata di minuti. Il killer non ha lasciato tracce sulla scena del crimine ma Stefano Poli, unico testimone del delitto, ha ben impressa nella memoria la fisionomia dell'aggressore. È lui a fornire l'identikit del "biondino col codino", uno straniero, "forse slavo". Comincia così la caccia all'uomo. Gli inquirenti azzardano le ipotesi più disparate nel tentativo di dare un nome all'assassino di Annalisa: forse un "rapinatore delle coppiette" o magari un habitué del crimine a mano armata. Nella fase preliminare delle investigazioni, vengono attenzionate diverse persone, alcune delle quali ritenute "gravemente indiziate". Ma a un anno dal delitto le indagini sono ancora in alto mare: chi è il misterioso biondino?

"È lui l'assassino": il clamoroso "errore" del Dna

Gli inquirenti hanno a disposizione pochissimi elementi per venire a capo della verità, tra questi le tracce del Dna che l'assassino ha lasciato sui vestiti di Stefano Poli e sulla Makarov calibro 9. Nel febbraio del 2003, Peter Neil Hamkin, un barista britannico di 23 anni, finisce nel registro degli indagati. Il match genetico ha dato riscontro positivo: "profilo compatibile al 99,9%". Il ragazzo, arrestato a Litherland (Liverpool), giura e spergiura in lacrime davanti alla Magistrates Court di Bow Street di non essere mai stato in Italia. Nel dubbio, i giudici del tribunale londinese ordinano una controprova del Dna concedendo a Hamkin la libertà su cauzione. Un mese dopo, nel marzo del 2003, arriva un clamoroso colpo di scena: non è il barista l'assassino di Annalisa. Il 23enne viene prosciolto con formula piena. "The killer is not the bartender", titolano i tabloid inglesi all'indomani della notizia.

"Per poter ottenere un profilo che sia veramente dirimente bisogna esaminare un certo numero di loci, cioè di regioni iper-variabili del Dna - spiega alla nostra redazione la biologa forense e genetista Marina Baldi - Oggi se ne analizzano 23 e con questo numero si riesce a identificare in maniera specifica una persona. Alcune banche dati, come ad esempio quella inglese, utilizzano un numero di parametri molto ridotti perché all’inizio, quando sono state costituite, ce ne erano pochi. Nel caso della Vicentini l’errore è stato possibile proprio perché sono stati esaminati pochissimi parametri. Questi corrispondevano alla persona che inizialmente fu accusata, perché costui ha questi marcatori in comune con Orul Andrei, e quindi l’identificazione è stata imprecisa. Se si fosse ottenuto un profilo come quelli attuali, non ci sarebbe stato questo errore".

La cattura del (vero) "biondino"

La svolta nel caso arriva tre anni dopo il proscioglimento di Hamkin. Stavolta, le indagini imboccano la pista definitiva rintracciando nel profilo di uno straniero "alto, magro e coi capelli biondi raccolti in un codino" l'assassino di Annalisa. Si tratta di Andrei Orul, 33 anni. L'uomo viene estradato dalla Germania dove sta scontando una pena per il reato di immigrazione clandestina e condotto in Italia. Il "biondino" ammette di esser stato in Italia nell'estate del 2002 e di aver ingaggiato una colluttazione con Stefano Poli nella pineta di Chioma ma di non aver avuto alcuna intenzione di sparare. Ma per i giudici della procura di Livorno si tratta di un omicidio volontario: Orul incassa la condanna a 30 anni di carcere.

"La pistola era di Poli"

Durante il processo d'Appello, i legali del 33enne, l'avvocato Eraldo Stefani e Ferdinando Imposimato, chiedono la derubricazione dell'omicidio da volontario a colposo. Secondo la difesa, Orul non avrebbe sparato volontariamente a Annalisa, ma i colpi sarebbero partiti accidentalmente dalla Makarov durante la colluttazione fra l’imputato e Poli. Ma c'è dell'altro. Il "biondino" sostiene che l'arma appartenga all'amico della vittima: "La Pistola ce l'aveva Stefano Poli - spiega Orul davanti ai giudici della Corte d'Appello di Firenze, così come riporta l'edizione de Il Tirreno datata 11 maggio 2009 - Non ero lì per fare una rapina, non sapevo neanche che qualcuno fosse morto". A detta dei legali Stefani e Imposimato, il loro assistito avrebbe strappato l'arma dalle mani di Stefano approfittando di un momento di distrazione di questi. Una ricostruzione che i giudici fiorentini respingono completamente, accogliendo invece l'esito della perizia balistica effettuata dalla procura livornese e le risultanze tecniche dei Ris. Al netto di tutte le attenuanti del caso, Andrei Orul viene condannato in via definitiva a 27 anni di reclusione.

"Orul Andrei è stato identificato perché ha commesso un altro reato in un paese in cui la banca dati utilizzava più parametri.

La comparazione del suo profilo con la banca dati ha dato quindi esito positivo ed è stato quindi identificato - conclude la dottoressa Marina Baldi - Si tratta comunque di una vicenda molto complessa e molto articolata sulla quale ci sono molti dubbi riguardanti la reale colpevolezza di questo ragazzo".

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