La tragedia del Mottarone

Il calvario di Eitan: dopo la tragedia una seconda vita in Italia

Il 23 maggio dello scorso anno la funivia del Mottarone cedeva causando la morte della famiglia di Eitan, unico superstite della strage. Da quel momento il bambino, conteso tra due famiglie, non ha avuto pace

Il calvario di Eitan: dopo la tragedia una seconda vita in Italia

Ad un anno dalla tragedia del Mottarone, dove morirono 14 persone tra cui la famiglia di Eitan Biran, unico superstite e simbolo di questa sciagura, il piccolo potrà avere finalmente giustizia. Il bambino, infatti, dopo aver perso entrambi i genitori, ha dovuto subire un'infinita diatriba, fatta di litigi e minacce, tra i parenti materni e quelli paterni per contendersi l'affido del piccolo. Da qualche tempo, però, sembra che il bambino abbia ricominciato a vivere la sua età cercando di dimenticare tutto ciò che ha passato.

Il 23 maggio del 2021 la funivia 3 che percorre Stresa-Alpino-Mottarone precipita nel vuoto a pochi metri dall'ultima stazione, lasciando senza vita i corpi di 14 persone sparpagliati nel bosco. L'unico sopravvissuto è Eitan, un bambino di 5 anni, figlio maggiore di una giovane coppia israeliana che viveva da anni a Pavia. Il padre gli salva la vita: con il suo corpo ammortizza il colpo proteggendolo dalla caduta. Da quel momento, però, il bambino perde non solo i genitori ma con loro anche il diritto ad una vita tranquilla.

Il rapimento del piccolo

Dopo la tragedia, infatti, il nonno materno ne rivendica l'affido, nonostante il parere contrario dei parenti paterni e dopo varie liti l'uomo rapisce il bambino dalla casa della sorella del papà, Aya, portandolo in Israele. Gli zii materni di Eitan reclamano l'adozione del bambino e il suo trasferimento affinché possa essere educato con i principi ebraici. "Eitan è tenuto in ostaggio in Italia da una famiglia che non gli era vicina in alcun modo. Il suo diritto è che dovrebbe avere una casa dove i suoi genitori volevano che crescesse; come ebreo in una scuola ebraica, e non in una scuola cattolica in Italia. È tenuto prigioniero", sostengono gli zii Gali e Ron Perry. Tra le due famiglie inizia una battaglia dentro e fuori l'aula del tribunale.

Quando Eitan viene portato in Israele dal nonno stava seguendo un percorso di riabilitazione, con il supporto degli psicologi, che lo seguono fin da quando è stato ricoverato in ospedale. La paura più grossa, in quel momento, è che tutto il lavoro venga perso e che il bambino, già molto fragile, possa traumatizzarsi maggiormente. Per questo motivo il nonno viene accusato di sequestro di persona e sottoposto agli arresti domiciliari. Con lui viene indagata anche la moglie, Etty Peleg, considerata la "mente" del sequestro del nipote. Gli zii paterni chiedono a gran voce un aiuto da parte dello Stato italiano, sostenendo che "la famiglia Peleg trattiene Eitan come i soldati dell'esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas - dichiara Or Nirko (marito di Aya Biran, la zia tutrice legale del bambino conteso) -. La famiglia Peleg si rifiuta di dire dove il bambino si trova. Lo nascondono in una specie di buco".

Sono giorni di estrema sofferenza, di telecamere puntate verso questa assurda battaglia in cui l'unica vittima è un bambino a cui è crollato il mondo addosso e con esso ogni speranza nel futuro.

La svolta del caso

Ad ottobre 2021, a cinque mesi di distanza dal terribile incidente, il giudice del tribunale della famiglia di Tel Aviv decide che Eitan deve tornare a casa della zia in Italia. "Il tribunale non ha accolto la tesi del nonno che Israele è il luogo normale di vita del minore né la tesi che abbia due luoghi di abitazione", dichiara il giudice nella sentenza con cui accoglie il ricorso della zia affidataria, imponendo il rientro immediato in Italia del bambino.

La faida familiare, però, continua feroce, combattuta a colpi di ripicche, minacce e fango gettato dai parenti materni su quelli paterni e viceversa. La zia Aya, infatti, dopo la decisione del tribunale, vola a Tel Aviv e riprende con sé il nipote tagliando ogni rapporto con la famiglia della madre del piccolo. "Eitan è a Tel Aviv ma la zia non lo fa vedere ai nonni - spiegano i legali dei parenti che denunciano la donna - La nonna ha fatto denuncia alla polizia israeliana, che sta avviando le ricerche del bambino. I nonni si sono anche rivolti al Tribunale di Tel Aviv".

Alla fine Eitan torna in Italia e nonostante i suoi pochi anni di vita è come se ne avesse vissute più di una. A dicembre il volo decollato da Tel Aviv atterra all'aeroporto di Orio al Serio (Bergamo). Da quel momento il piccolo torna a vivere con la zia paterna, anche se seguito da una terza persona che gli fa da tutore. "È necessario nell'interesse del minore che la funzione di tutore venga svolta da una figura terza, estranea all'aspra conflittualità che si è aperta tra i rami familiari nonostante l'esplicito richiamo alla collaborazione da parte del giudice tutelare", così cita il provvedimento del tribunale.

Ancora oggi però, dopo un anno della tragedia, la controversia tra le due famiglie è aperta."Eitan è con noi nei nostri cuori e nei nostri pensieri. Continueremo a lottare per lui perché cresca in Israele, la sua casa naturale, casa della sua famiglia, luogo di sepoltura dei suoi genitori e del fratellino", con queste parole, il portavoce israeliano del nonno di Eitan, Gadi Solomon, ha fatto sapere che la famiglia materna non si è ancora arresa.

In mezzo a tutta questa vicenda, all'interno della quale le battaglie legali per fare giustizia alle vittime del Mottarone sono ancora in corso, e dopo che lo Stato ha spento i riflettori alla vicenda, l'unico che ha davvero diritto di dimenticare rimane solo il piccolo Eitan.

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