Cronache

Caso David Rossi, la Orlandi: "Viviamo in un sistema malato alla radice"

"Ormai che le cose non siano andate come i pm hanno sostenuto finora è lampante a tutti". Carolina Orlandi, figlia di David Rossi, torna a dire la sua sulla misteriosa morte dell'ex capo Comunicazione di Mps

Caso David Rossi, la Orlandi: "Viviamo in un sistema malato alla radice" Esclusiva

Le risultanze di due nuove perizie hanno spinto i familiari di David Rossi a chiedere, come in realtà avviene da sempre, la riapertura del caso. Carolina Orlandi (che aveva già avuto modo di dire la sua sull'attività degli inquirenti anche con un'altra intervista rilasciata al Giornale.it) parla di un "sottobosco" che "rende quei pochi potenzialmente ricattabili", in un "sistema" che sarebbe "malato". Quanto mostrato da Le Iene, del resto, suggerirebbe conclusioni sconvolgenti rispetto a quanto sentenziatp sino a questo momento sulla morte dell'ex capo Comunicazione dell'Mps.

Alla luce delle perizie, sembra si possa riaprire il caso. Avete chiesto nuove indagini.

"Ormai che le cose non siano andate come i pm hanno sostenuto finora è lampante a tutti. Adesso è il momento che vengano fatte delle indagini serie sul chi ha voluto che David perdesse la vita e soprattutto perché".

Nel caso aveste ragione, le indagini fatte si rivelerebbero fallaci. Come e se lo giustifica.

"Viviamo in un sistema malato alla radice, che vede il potere e l’interesse di pochi decidere sul destino di molti sulla base, spesso, delle opportunità personali. Il sottobosco che esiste in questo Paese, così come a Siena in piccolo, rende quei pochi potenzialmente ricattabili o condizionati dagli interessi personali più di quelli della comunità e della a tutela del bene collettivo".

Quanto e come ha influito il lavoro della commissione d’inchiesta parlamentare?

"L’istituzione della commissione d’inchiesta che, ricordo, è stata votata all’unanimità dal Parlamento, è stato un messaggio forte. Il fatto che sia dovuta intervenire una commissione parlamentare significa che chi avrebbe dovuto fare il proprio lavoro, non l’ha fatto bene. In un sistema Giustizia che funziona, non sarebbe necessario un intervento come questo. La commissione ha lavorato da subito sodo per acquisire audizioni di persone mia sentite in passato, che hanno dovuto sostenere delle domande che finora, incomprensibilmente, non erano mai state fatte. A breve arriveranno i risultati della maxi perizia che la commissione ha fortemente voluto, esami e rilievi mai fatti prima".

Il sistema Giustizia necessita di cambiamenti profondi. Quali e come secondo lei?

"Finché la categoria dei magistrati sarà esente da ogni responsabilità, delle quali invece ogni altro cittadino e professionista deve rispondere, i pubblici ministeri saranno liberi, se vogliono, di poter agire in maniera superficiale o condizionata, senza che questo possa avere delle conseguenze. Mia madre, insieme al giornalista Davide Vecchi, in passato ha subìto un processo per violazione della privacy del tutto infondato (erano state pubblicate le famose mail di David in cui annunciava di voler parlare con i magistrati due giorni prima di morire). Il giudice durante l’assoluzione in sentenza ha aggiunto che quel processo non si sarebbe mai dovuto celebrare perché non ce n’erano proprio gli estremi. Risultato? Tanti soldi, tante preoccupazioni e tante energie del tutto sprecate. Questo apre anche un altro tema: in questo Paese chi non ha soldi per sostenere le spese legali, e finisce nel mirino di una procura, rischia comunque grosso. Se poi l’imputato si rivela innocente, amen. Nessuno paga al posto suo. Se noi oggi siamo arrivate a dei grandi risultati lo dobbiamo anche a uno staff di legali che porta avanti questa battaglia gratuitamente. In caso contrario non avremmo avuto le possibilità per far emergere la verità. E questo è tema importante, di cui si parla troppo poco".

Il caso David Rossi rischia di entrare nella storia dei “misteri italiani” oppure no. Da cosa dipende sul piano concreto?

"La morte di David è già uno dei misteri italiani. E questo perché abbiamo raccontato la sua storia in lungo e in largo, perché era importante fissarla nella memoria collettiva affinché della sua scomparsa non restasse un trafiletto su un giornale che riportava il suo suicidio. Ciò che hanno fatto a David non poteva passare inosservato, per questo è importante rendere prima di tutto viva la sua memoria e soprattutto rendergli giustizia, visto che lui non ha più la possibilità di poterla perseguire.

L’epilogo di questo caso non è ancora stato scritto e spero che la storia di David possa diventare una delle grandi ingiustizie italiane, non più un mistero all’italiana condannato a rimanere tale".

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