Vedere un'opera su uno schermo o dal vero, come si sa, è tutta un'altra cosa. Un museo chiuso non può essere sostituito come si deve da una visita virtuale, che somiglia un po', esagerando, a un bacio dato su Skype. Le opere che l'artista francese JR (pseudonimo di Jean René) ha realizzato nelle varie città del mondo (quelle sì, le ho viste su Internet), mi hanno colpito, alcune mi hanno meravigliato, altre ancora mi hanno addirittura commosso, come la grandissima fotografia del bimbo che si affaccia sopra il muro che divide il Messico dalla California, disturbante per alcuni e lodevole per altri.
Adesso una sua opera è approdata nella città dove sono nato, Firenze, per questo sono uscito di casa per andare a «incontrarla» di persona. Sono arrivato da piazza Santa Trinita, ho imboccato via Tornabuoni, ho voltato via Strozzi, e quando sono arrivato davanti alla facciata di Palazzo Strozzi, eccola innalzarsi davanti a me La ferita (il titolo dell'opera), un squarcio alto trenta metri dal quale non sgorga sangue, ma anzi permette allo sguardo di penetrare dentro l'arte fiorentina attraverso alcuni dei sui simboli: in basso l'atrio dello stesso Palazzo Strozzi, più in alto, due dei dipinti più famosi del mondo, la Venere e la Primavera, fanno da sfondo al Ratto delle Sabine della Loggia dei Lanzi, e in cima vediamo una scala che si arrampica fino agli scaffali di una biblioteca, santuario della conoscenza. Il trionfo dell'arte guidata da una visione, da un'idea.
JR mette in scena opere di grandi proporzioni che non potrebbe realizzare e installare da solo: non più la maestria del grande pittore geloso dei propri segreti, la conoscenza dei colori, la magia della pennellata, ma un «concetto» realizzato con la tecnica della fotografia, quella stessa fotografia che a metà del XIX secolo aveva rubato alla pittura la sua funzione di rappresentazione della realtà, costringendo i pittori a trovare un nuovo senso alla loro arte dando così origine all'Impressionismo. La fotografia ha poi cercato altre vie da percorrere, altri «modi» per oltrepassare la propria capacità di catturare la realtà, e una delle strade l'ha imboccata JR, che adopera fotografie di volti, moltitudini di facce, anamorfosi, montaggi sempre di grandi dimensioni, sempre fuori dai luoghi chiusi, sempre alla portata dello sguardo di tutti, opere legati a un luogo preciso, spesso effimere.
Le sue opere suscitano volutamente forti emozioni e anche riflessioni. Arte di strada, hanno detto. Si potrebbe aggiungere, il superamento del concetto di museo. Opere del genere, appunto, dentro la sala di un museo perderebbero il loro senso. L'opera te la trovi davanti voltando l'angolo di una strada. Sono rimasto una mezz'ora davanti a quella «spaccatura», curioso di osservare le reazioni dei passanti Un ragazzo da solo che guarda e riguarda il grande montaggio fotografico Marito e moglie che si fermano a fotografare l'opera, ognuno con il proprio smartphone Una vecchietta che getta appena un'occhiata e passa oltre, quasi non avesse visto nulla che non abbia già visto Dei ragazzini che esplorano La ferita con gli occhi, divertiti e incuriositi da qualcosa che non avevano mai visto e che non si aspettavano di vedere Tre amiche non più giovanissime che sorridono, forse prendendo in giro l'artista Ma va bene così: chi si espone (e chi espone) lo fa a proprio rischio, con il coraggio di suscitare frasi come: «Ma che roba è questa?».
Non di rado è capitato che un'artista sia stato poco apprezzato nella sua epoca (anche se non è il caso di JR), e il tempo lo ha fatto poi diventare una pietra miliare lungo la strada dell'Arte. Di certo JR non può lasciare indifferenti, può essere sorprendente, spiazzante, ironico, commovente, un po' folle, onirico, irriverente, amaro e molte altre cose. E lui, come persona, è pure simpatico. Quando dicono in sua presenza che è il più grande artista vivente, muove le mani e dice «Ma no!» (anche se certamente gli fa piacere).
Ma torniamo alla sua opera fiorentina: nella Ferita non ci sono volti umani, così consueti nelle opere di JR, forse è per questo che a me comunica un senso di solitudine, di isolamento, assai in sintonia, purtroppo, con questo doloroso periodo in cui ci evitiamo, cambiamo marciapiede quando incontriamo uno sconosciuto, non ci tocchiamo, non ci abbracciamo, non ci avviciniamo a nessuno Una vera e propria «frantumazione» delle relazioni umane, del tutto simile si è detto ormai molte volte - alla peste raccontata dal Boccaccio. La ferita una parola che riassume quello che sta accadendo. Ferita sanitaria, ferita sentimentale, ferita economica, ferita sociale, ferita culturale Palazzo Strozzi si porta addosso quello squarcio, che riguarda Firenze, la Toscana, l'Italia, l'Europa, il mondo intero. Si potrebbe quasi dire, con un po' di sincera retorica, che con l'opera di JR la Culla del Rinascimento è diventata la Ferita del mondo, un mondo che sta lottando contro un virus, un nemico subdolo che può renderti un inconsapevole e incolpevole «untore», un diffusore di malattia, un pericolo per chi ti sta più vicino.
Spero che dopo la sconfitta del «nemico», quando questi mesi terribili, con il loro carico di sofferenza, di afflizione e di smarrimento saranno alle spalle, JR torni ancora una volta a Firenze per realizzare una nuova opera che faccia riflettere su quello che abbiamo attraversato. Ecco, adesso ho capito chi è JR uno scultore della fotografia.
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