Ultimo viaggio

Manca carburante e i motori si spengono. Così "l'aliante" salvò il Boeing

Una spia indica una carenza di carburante, poi i motori si spengono. La storia del Boeing di Air Canada diventato famoso con il nome di "aliante di Gimli", perché portato a terra usando il volo a vela

Ricostruzione dell'atterraggio dell'Air Canada 143 (Screen Kevin Gaming via YouTube)
Ricostruzione dell'atterraggio dell'Air Canada 143 (Screen Kevin Gaming via YouTube)

Nella cabina di pilotaggio un allarme annunciò lo spegnimento di un motore e i piloti ripassarono le procedure per l’atterraggio d’emergenza. Ma poco dopo anche il secondo motore si guastò: era finito il carburante. Un errore di calcolo e una falla della comunicazione avrebbero potuto essere la causa di un disastro aereo. Ma le conoscenze dei piloti evitarono il peggio e il volo Air Canada 143 planò con entrambi i motori fuori uso sulla pista di un vecchio aeroporto trasformato in circuito automobilistico. Salvi tutti i 61 passeggeri del velivolo e gli 8 membri dell’equipaggio. È ciò che successe il 23 luglio 1983 all’aereo che passò alla storia come Gimli Glider, l’aliante di Gimli.

Il nuovo Boeing della flotta

Il 143 di Air Canada era un volo passeggeri della linea nazionale canadese. Si trattava di un nuovissimo Boeing 767-233 che, come riportato da Aviation Safety Network, aveva effettuato il suo primo volo solo cinque mesi prima dell’incidente, nel marzo del 1983. L’aereo portava il numero di costruzione 47 e, immatricolato C-Gaun, gli era stato assegnato il numero 604 della flotta di Air Canada. Alle spalle aveva appena 150 ore di volo.

Il giorno prima dell’incidente, il 22 giugno 1983, era stato effettuato un controllo di routine sull’aereo: in quell’occasione, come spiega il Rapporto finale sull'incidente, i tre indicatori della quantità di carburante erano stati trovati vuoti. "Questi indicatori - si legge nel rapporto - sono gestiti da un processore digitale dell'indicatore del carburante che ha due canali. L'uno o l'altro dei canali è normalmente sufficiente per garantire un funzionamento soddisfacente del processore per fornire un'indicazione del carburante sugli indicatori nell'abitacolo". Il tecnico aveva scoperto che il problema era facilmente risolvibile disattivando l’interruttore del canale 2, di modo che il primo canale prendesse il sopravvento, permettendo di ottenere in cabina l’indicazione del carburante. Dopo aver contrassegnato l’interruttore come non funzionante, il tecnico aveva annotato il problema sul diario di bordo.

Così il Boeing 767 affrontò il volo successivo, lasciando Edmonton la mattina del 23 luglio e arrivando a Montreal, passando per Ottawa, quello stesso giorno. All’atterraggio il capitano incontrò Robert ‘Bob’ Pearson, che avrebbe pilotato l'aereo nella tratta del ritorno, e lo mise al corrente di un problema relativo all’impianto di alimentazione. Nulla di cui preoccuparsi: il C-Gaun aveva viaggiato senza nessun tipo di problema.

E quella stessa sera, il nuovissimo aereo della flotta di Air Canada partì da Montreal per effettuare la tratta opposta, il volo Ac 143. Destinazione: Edmonton via Ottawa. Al comando c’era il capitano Pearson, affiancato da primo ufficiale Maurice Quintal. E nella prima parte del volo, nessun imprevisto turbò i piloti o i passeggeri, tanto che l’aereo ripartì in tutta serenità, seguendo la rotta per Edmonton. A bordo 61 passeggeri e 8 membri dell’equipaggio (2 piloti e 6 assistenti di volo).

L'incidente

Air Canada 143

Partito da Ottawa, il volo procedette senza particolari problemi per la prima parte della rotta verso Edmonton. I primi segnali di difficoltà comparvero poco dopo le ore 20, quando l’aereo si trovava sopra Red Lake, nell’Ontario, a circa metà strada dalla destinazione. A quell’ora, ripercorre il report, "gli strumenti nell’abitacolo segnalavano la bassa pressione della pompa di carburante sinistra", quella che porta il carburante dai serbatoi al motore sinistro. Era il primo allarme. Date le difficoltà mostrate dall’aereo, il pilota decise di deviare il volo verso Winnipeg, che distava 120 miglia (poco più di 190 chilometri), e iniziò a scendere di quota.

Poco dopo un’altra spia luminosa segnalò una perdita di pressione della pompa del serbatoio destro del carburante. E pochi minuti più tardi una serie di allarmi indicò guasti al motore sinistro e destro. In quel momento l’aereo si trovava a 35.000 piedi e a 65 miglia (104 chilometri) di distanza da Winnipeg, con entrambi i motori fuori uso. Senza l’alimentazione per generare l’elettricità sul volo ci fu un blackout e tutti gli indicatori elettronici nella cabina di pilotaggio si spensero, lasciando la possibilità di utilizzare solamente gli strumenti di riserva, "costituiti da una bussola magnetica, un orizzonte artificiale, un indicatore di velocità e un altimetro". Senza propulsione governare l’aereo sarebbe impensabile, se non ci fosse un dispositivo di emergenza, la Rat, una sorta di turbina, che entra in funzione per permettere ai servizi essenziali di rimanere operativi, ma riuscire a manovrare un aereo del genere senza la propulsione è un’impresa quasi impossibile.

In queste condizioni pilota e primo ufficiale capiscono che non c'è abbastanza tempo per arrivare a Winnipeg. Ma più vicino, a poche miglia di distanza, c’è anche l’aeroporto di Gimli (Manitoba), una base militare in disuso dal 1971. Il caso volle che il primo ufficiale del volo si fosse addestrato proprio lì, dove, però, nel 1983 non c'era più né la torre di controllo, né i dispositivi per le emergenze. Ma i due piloti non ebbero scelta. Così, spiega il Rapporto finale sull’incidente, "alle 20.32 Central Daylight Time, in consultazione con il controllo del traffico aereo, il capitano Pearson ha reindirizzato l'aereo verso Gimli". Nel frattempo, in cabina, gli assistenti di volo avevano avvisato i passeggeri perché si preparassero all’atterraggio di emergenza.

L'aliante di Gimli

Senza alimentazione i piloti non avevano a disposizione gli strumenti necessari per controllare la velocità di crociera e nemmeno quella di discesa. Ma non avrebbero avuto una seconda possibilità: "Quando l’aereo avrebbe raggiunto l’inizio della pista - spiega il Rapporto - avrebbe dovuto volare abbastanza basso e abbastanza lentamente da atterrare entro la lunghezza della pista".

A pochi chilometri da Gimli però gli ufficiali si resero conto che l’aereo procedeva troppo velocemente ed era ancora troppo in alto per poter atterrare. "Che fare a quel punto? - raccontò il primo ufficiale nella trasmissione Indagini ad alta quota - Ne parliamo e ci restano due possibilità. La prima era di effettuare una virata a 360 gradi perdendo la quota in eccesso, ma avremmo impiegato circa tre minuti e stavamo già scendendo al ritmo di 700 metri al minuto". Non c’era abbastanza tempo per una manovra del genere: l’aereo rischiava di schiantarsi al suolo.

Non rimase quindi che un’alternativa: effettuare una scivolata ad ala, cioè uno slittamento laterale. La manovra consiste nel posizionare l’aereo lateralmente rispetto alla corrente d’aria, così da fargli perdere altezza e velocità, per poi raddrizzarlo di fronte alla pista e atterrare. Si tratta di un metodo utilizzato spesso dai piloti di aliante e il capitano Pearson è un esperto del volo a vela.

Ma quando si avvicinarono alla pista gli ufficiali notarono che non solo Gimli era un aeroporto in disuso, ma era stato riconvertito in un autodromo, e proprio quel fine settimana era stato invaso da camper e go-kart per festeggiare il Family Day. "Appena oltre la pista utilizzata per le corse", quella su cui sarebbe dovuto atterrare l’aereo, "i piloti di drag racing e le loro famiglie si erano stanziati in tende e roulotte per il fine settimana". Sentire l’aereo avvicinarsi era impossibile perché, data l’assenza della propulsione, il suo passaggio era diventato silenzioso.

Il Boeing 767 planò sulla pista, urtò il guardrail, che era stato aggiunto al centro nel corso della riconversione ad autodromo, e il pilota iniziò a frenare. Mentre perdevano quota, il primo ufficiale aveva abbassato i carrelli, che scesero sotto la forza del loro peso, ma quello anteriore non si bloccò. Grazie a questo intoppo, quando l’aereo planò, rallentò più velocemente, a causa dell’attrito causato dal contatto tra il muso del velivolo e l’asfalto della pista. "Questo - spiegò poi il Rapporto - ha evitato il disastro per le persone all'estremità della pista. Fortunatamente, l'aereo si è fermato prima di raggiungerli".

A bordo passeggeri ed equipaggio erano salvi e vennero subito fatti evacuare in sicurezza, grazie agli scivoli delle uscite di emergenza. Un principio di incendio venne sedato anche grazie all’intervento delle persone presenti sulla pista, che intervennero con i loro estintori. I piloti del volo 143 di Air Canada avevano portato in salvo tutti i 61 passeggeri a bordo dell’aereo, effettuando una manovra mai vista prima e portata a termine con un successo inaspettato. Quello che sembrava un disastro annunciato si trasformò in una stupefacente operazione di salvataggio.

Un errore di calcolo

Air Canada 143

Una storia a lieto fine, che aveva sollevato una serie di dubbi che dovevano essere risolti, per la sicurezza degli altri voli. Cosa era andato storto quel giorno? Perché i motori si erano spenti all’improvviso? Gli investigatori giunti sul posto scoprirono che entrambi i serbatoi erano completamente vuoti: estrassero meno di 65 litri, contro una capacità di quasi 90mila. Dopo aver escluso perdite nei serbatoi, il team giunse a un’inevitabile conclusione, contenuta già nel Resoconto intermedio di gestione, datato 21 giugno 1984: il Boeing 767 era decollato con carburante insufficiente per affrontare il viaggio e con gli indicatori del carburante non operativi.

Le indagini ricostruirono i fatti che portarono il C-Gaun a viaggiare senza carburante. Dato il malfunzionamento degli indicatori, il carico di carburante avrebbe dovuto essere confermato tramite l’uso del dripstick, un metodo di misurazione manuale. Usando questo tipo di misurazione è fondamentale eseguire l’esatta conversione da centimetri a litri e poi da litri a chilogrammi. La prima conversione risultava facilmente calcolabile, perché l’aereo era dotato di strumenti che fornivano di per sé un mezzo per calcolare i litri partendo dai centimetri. Più complesso invece il calcolo dei chilogrammi, perché era necessario applicare un fattore di conversione.

Per calcolare il carburante necessario per il volo AC 143 venne usato il fattore 1,77, che corrisponde, però, alla cifra utilizzata per convertire i litri in libbre, mentre il fattore per il passaggio ai chilogrammi è pari a 0,8. Così venne fatto un rifornimento pari a circa la metà di quanto necessario, ma ritenuto una quantità sufficiente a causa della confusione di conversione tra libbre e chili. Un errore di calcolo che ha determinato l’inesatto carico di carburante a bordo, causando lo spegnimento dei motori.

Ma come si è arrivati a questo errore di calcolo? Innanzi tutto, bisogna tener presente che il Boeing 767 era il primo aereo della flotta di Air Canada dove i calcoli del peso venivano effettuati in chilogrammi anziché in libbre. Un tipo di misurazione del tutto nuova. Inoltre le moderne strumentazioni avevano eliminato la figura dell’ingegnere di bordo, solitamente incaricato di svolgere questo tipo di calcolo, per cui i piloti non erano abituati. "Per determinare la quantità di carburante da caricare sull'aeromobile, era necessario sottrarre l'importo che era già a bordo dal totale richiesto per volare a Edmonton secondo al piano di volo - spiega il Report finale sull’incidente - La cifra risultante avrebbe dovuto essere in chilogrammi […] Era in libbre, ma tutte le persone coinvolte credevano che fosse in chilogrammi".

Secondo il rapporto però quel giorno ci fu anche una carenza di comunicazione chiara tra le varie persone coinvolte. Inoltre il primo pilota a volare con il Boeing 767 ebbe l’impressione che l’aereo fosse arrivato dalla tratta precedente con lo stesso guasto agli indicatori di carburante e non avesse avuto il minimo problema. In realtà la criticità venne scoperta solamente il 22 giugno, il giorno prima dell’incidente. "Questo malinteso è importante alla luce di una conversazione che il capitano Weir ha avuto con il capitano Pearson quando l'aereo è arrivato a Montreal il 23 luglio", che fece pensare al pilota del volo 143 che l’aereo avesse già affrontato un viaggio con un simile problema.

Dopo l’incidente l’aliante di Grimli è stato riparato e ha continuato a volare fino al 2008, quando effettuò il suo ultimo viaggio. Quello del 23 luglio 1983 fu un volo miracoloso, che non finì in tragedia solo grazie alla capacità del capitano Pearson nel volo a vela e alle intuizioni del primo ufficiale.

I due professionisti fecero planare il grande aereo verso un atterraggio sicuro, permettendogli di portare in salvo tutte le persone a bordo.

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