Interni

Il prezzo della vittoria

Il Friuli-Venezia Giulia resta nelle mani di Massimiliano Fedriga, governatore leghista che non ama i colpi di teatro

Il prezzo della vittoria

Il Friuli-Venezia Giulia resta nelle mani di Massimiliano Fedriga, governatore leghista che non ama i colpi di teatro. È solido e concreto, come quei portieri con il senso della posizione che si tuffano solo quando è necessario. La sua lista supera il 17 per cento e cammina di pari passo con i voti della Lega. Il centrodestra incassa un'altra vittoria. È una stagione di governo, in un panorama dove gli avversari politici sembrano ancora smarriti. Non si vede l'effetto Schlein e i post grillini di Conte non raggiungono il tre per cento. Il partito di Calenda e Renzi si è preso una pausa. Non si sa se sarà lunga.

L'opposizione è in crisi. Il governo è forte. Questo però non rende più facili le cose. Il consenso è un frutto capriccioso e non bisogna mai accarezzarlo troppo. Quando meno te lo aspetti ti potrebbe tradire. Il consenso ti chiama a un senso di responsabilità sempre più profondo, soprattutto quando i tuoi avversari sono dispersi. È qui che si inserisce la questione Pnrr. Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Lega, ha evocato un passo indietro, che più di qualcuno ha interpretato come una resa: «Forse è il caso di rinunciare a una parte dei fondi a debito». Quello di Molinari è un discorso più ampio, ma viene visto come un segno di scetticismo «salviniano» sui fondi europei. Troppo insidiosi, troppo difficili da mettere a terra. Il governo fa sapere che non c'è alcuna intenzione di gettare la spugna.

La realtà è che il Pnrr non ammette alibi. Non ci sono santi o ragioni. Va realizzato. È vero che l'Europa non ti regala nulla. La guerra è pioggia acida su una ferita fresca. L'inflazione rende ogni progetto più costoso, con un aumento delle materie prime del 35 per cento. La burocrazia italiana è spesso un buco nero che strozza tutto e gli amministratori hanno così paura dell'abuso di ufficio da finire spesso nella bolgia degli ignavi. L'impresa è difficile ma nessun governo può permettersi di perderla. Non è una questione di consenso, di voti. Non ti pesa nel breve alle elezioni. È una sconfitta che prima o poi si paga, nel futuro, come una cambiale scaduta, come un fallimento che sfregia l'autorevolezza, l'affidabilità. Non puoi dire: ci si pensa domani, tanto c'è tempo, tanto gli elettori si preoccupano di altro. Ecco, allora, l'avversario politico di questa maggioranza. È il Pnrr. È la corsa contro il tempo per renderlo reale. Il tempo è l'opposizione inesorabile di qualsiasi governo. Non lo sorprendi, non lo batti, non lo inganni e non ci sono compromessi. Se provi a ignorarlo, ti chiede il conto nei momenti peggiori. Il segreto è giocare d'anticipo, non rincorrerlo, per non ritrovarti a un passo dalla cancrena. L'impressione è che l'affanno sia cominciato subito, con gli «stati generali» estivi del Conte bis. Next Generation. Il piano ti spinge a immaginare un futuro. Ti impone tappe, obblighi, scadenze, riforme legislative e poi progetti da rendere reali, cantieri che costruiscono opere. L'Italia di solito tende a smarrirsi nelle carte.

Solo che questa volta ci giochiamo veramente la faccia.

Commenti