Scena del crimine

Il killer rimesso in libertà che tornò a uccidere le donne

Maurizio Minghella confessò 5 omicidi commessi nel 1978: dopo un periodo in carcere andò in semilibertà e uccise altre donne

Il killer rimesso in libertà che tornò a uccidere le donne

Maurizio Minghella colpevole per il tribunale, innocente per altri. La sua è la storia di un serial killer tornato a uccidere: lo dice la giustizia italiana che gli ha comminato l’ergastolo. Nella storia della cronaca nera italiana in fondo ci sono storie insolite. E alcune di esse spingono il cittadino a porsi delle domande relative alle logiche della giustizia. Una è quella fondamentale: tutti possono essere riabilitati, anche i killer?

Si sono verificati casi in cui gli assassini, dopo l’episodio criminoso, non hanno colpito più. Erika De Nardo, Anna Maria Botticelli, Franco Percoco detto il Mostro di Bari sono tre esempi di persone che hanno compiuto un delitto, anche plurimo o particolarmente efferato, ma che da persone libere non hanno più commesso crimini. Lo stesso non si può dire invece di Angelo Izzo, tornato a colpire in stato di semilibertà - era in carcere per il massacro del Circeo - uccidendo una donna e sua figlia.

“La riabilitazione non è sempre possibile - spiega la criminologa Ludovica Mancini che ha profilato Minghella - ma a mio avviso è difficilissimo capire nell’immediato quando lo è. Concedere la semilibertà a Minghella credo sia stato all’epoca una necessità: il Tribunale di Sorveglianza si pronuncia infatti su basi oggettive e Minghella era un detenuto modello, per cui diede una prognosi favorevole sulla di lui risocializzazione. Col senno di poi la situazione fu diversa infatti la desistenza del Minghella in carcere era forzata in quanto si trovava in un istituto carcerario maschile, in cui l’istinto alla libidine non era presente, essendo lui eterosessuale. Era come se in carcere si fosse assopita la sua follia omicidiaria”.

Un serial killer con una storia pregressa

Spesso i primi segnali di pericolo relativi ai serial killer vengono rinvenuti nell’infanzia e nella giovinezza. Nel tempo sono state formulate diverse teorie, più o meno attendibili, ma comunque di sovente gli assassini hanno storie pregresse che giocano un ruolo significativo nella loro formazione.

Minghella rientra in questa casistica. Classe 1958, originario di Genova, a 6 anni la madre divorzia e intreccia una relazione con un compagno violento, che picchia sia lei sia i suoi 5 figli: il giovane Minghella disse di aver sognato spesso di strangolarlo. Perde un fratello in giovane età per un incidente stradale.

Per il resto gli insuccessi scolastici sono notevoli, picchia i compagni di scuola, mentre al servizio di leva viene riformato per un presunto disturbo psichico. “Dopo aver frequentato la prima elementare in una scuola pubblica ed essere stato bocciato, frequentò la prima classe in un istituto speciale per bambini con problemi d’apprendimento - racconta la dottoressa Mancini - Ciononostante non riuscì a superare la prima elementare. Potremmo definirlo un semicolto. Lui scrisse diverse lettere in carcere, sgrammaticate, in stampatello, in cui non utilizzava minimamente le doppie”.

Dopo gli studi fa lavoretti saltuari, frequenta la discoteca - per cui si merita il soprannome di “Travoltino della val Polcevera” - e ruba alcune utilitarie. È questo il suo retroterra prima dell’esplosione della violenza.

I primi omicidi

Minghella nel 1978

L’esplosione arriva nel 1978, quando Minghella viene accusato dell’omicidio di 4 donne e una ragazzina. Si tratta della prostituta Anna Pagano (20 anni), Giuseppina Jerardi (24 anni), Tina Alba (14 anni), la commessa Maria Strambelli (21 anni) e Wanda Scerra (19 anni). Tutti hanno le mestruazioni al momento della morte.

Per alcuni depistaggi sembrerebbe impegnarsi più che per altri, sebbene con esiti grotteschi. Per Alba, per esempio, simula un suicidio, ma le violenze sul suo corpo dicono subito agli inquirenti che si è trattato di omicidio. Sul corpo di Pagano scrive invece “Brigate Rose”, cercando di attribuire una matrice terroristica, come riporta il Corriere della Sera.

"Minghella aveva una parafilia, ovvero la menofilia - dice Mancini - che consiste in una forte eccitazione nei confronti delle donne durante il periodo mestruale e per Minghella era una vera ossessione. La parafilia non necessariamente è legata a un comportamento criminoso, però può assurgere in alcuni soggetti a disturbo parafiliaco, in altre parole diventa una vera e propria dipendenza e questo può determinare tratti patologici e disturbi della personalità”.

Minghella viene arrestato per la prima volta nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1978. Confessa gli omicidi, la sua ossessione per il sangue mestruale, viene sottoposto a perizia calligrafica e vengono trovati degli oggetti a lui appartenuti sulle scene del crimine: un paio di occhiali per Alba, una penna per sodomizzare la vittima per Pagano.

“Se prendiamo come riferimento le categorie elaborate dall’Fbi - chiarisce la criminologa - Minghella rientra tra i serial killer disorganizzati a sfondo sessuale. Un serial killer disorganizzato commette reati non premeditati, non pianificati e le vittime sono per lo più sconosciute. Non c’è interazione tra carnefice e vittima, e quest’ultima viene completamente depersonalizzata. Il corpo spesso viene lasciato dov’è commesso il delitto, non c’è ordine sulla scena del crimine e spesso vengono lasciate tracce biologiche. I crimini di Minghella furono a sfondo sessuale perché la sua follia omicidiaria avveniva successivamente ad atti sessuali che compiva sulle vittime”.

Nel 1981 Minghella viene condannato all’ergastolo, ma una volta in carcere inizia ad affermare di essere innocente. Nel 1995 gli viene concessa la semilibertà: fa il falegname e fa il suo ingresso in una cooperativa del Gruppo Abele di don Gallo.

Gli omicidi successivi

Minghella ricercato dopo la fuga

Ma anche in semilibertà Minghella non è riabilitato, torna a uccidere. Nel 1997 viene accusato per gli omicidi di alcune prostitute, Loredana Maccario (53 anni) e Fatima H’Didou (27 anni). E poi nel 1998 Floreta Islami (29 anni), nel 1999 Gina Guido (67 anni) e infine nel 2001 Tina Motoc (20 anni).

Ma in alcune delle scene del crimine a lui ascritte avrebbe commesso numerose “sviste”, lasciando impronte, sperma e più in generale tracce di Dna. Per gli inquirenti è facilissimo risalire a lui, che viene arrestato il 7 marzo 2001. A casa sua vengono rinvenute diverse prove ritenute schiaccianti, tra cui il cellulare di Motoc: l’assassino l’aveva regalato alla compagna per San Valentino.

“Uccideva le donne come categoria perché serial killer a sfondo sessuale e la categoria che andava a ricercare era femminile perché Minghella è appunto eterosessuale - precisa Mancini - Ci si può chiedere perché proprio le prostitute ma bisogna precisare che per quanto riguarda gli omicidi commessi nel 1978, tra le donne da lui uccise solo una era una prostituta mentre le altre erano persone che conosceva per il suo tessuto sociale o che incontrava nelle discoteche".

Poi tutto cambia. "Nella seconda fase, invece, uccise solo prostitute ma parliamo degli omicidi commessi in stato di semilibertà. In questi omicidi, a mio avviso, la scelta delle prostitute fu pensata, infatti, non solo avrebbe implicato una maggiore difficoltà per gli inquirenti di individuarlo ma aveva, inoltre, poco tempo a disposizione, per cui riusciva a commettere gli omicidi allontanandosi dalla cooperativa, dicendo di stare poco bene e facendo leva sulla fiducia dei colleghi e cercando donne che erano disponibili nell'immediato ad avere rapporti sessuali con lui tramite pagamento”.

Tuttavia non viene condannato per tutti questi omicidi, ma solo per alcuni. In un caso il procuratore riesce a incriminarlo risalendo ai disegni della carta assorbente intrisa delle sue tracce biologiche. “Non venne condannato per tutti i presunti crimini, ma solo per quelli per cui c’erano delle prove”, conclude la criminologa.

L’ultima condanna

Una volta in carcere alle Vallette prima e a Biella poi, Minghella tenta la fuga: la prima volta dalla lavanderia dell’istituto penitenziario e poi simulando un infarto. In quest’ultimo caso l’evasione riesce, ma l’uomo viene catturato dalle forze dell’ordine la sera stessa, come racconta Repubblica. Viene condannato all’ergastolo, nonostante le numerose testimonianze del mondo del volontariato in sua difesa, e oggi e in carcere a Pavia in regime di 41 bis.

C’è chi ritiene o ha ritenuto sempre che Minghella sia del tutto innocente. Don Andrea Gallo ha affermato, come riportato dal Corriere: “La verità l’ho letta negli occhi di Maurizio: lui non ha ucciso.

Lo so, perché abbiamo pregato insieme”.

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