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"Nessuno aprì le porte". L'incendio e i 300 morti dopo l'atterraggio

Nell'agosto 1980 un Lockheed L-1011 Tristar della compagnia aerea Saudia chiede di poter effettuare un atterraggio d'emergenza a Riad per la presenza di fumo nella stiva: l'aereo esplode senza lasciare scampo ai passeggeri

"Nessuno aprì le porte". L'incendio e i 300 morti dopo l'atterraggio

Il 19 agosto 1980 un volo operato dalla compagnia aerea saudita Saudi Arabian Airlines (nota come Saudia) decolla dall'aeroporto Internazionale Jinnah, in Pakistan, con direzione Gedda, Arabia Saudita. L’aereo, su cui volano complessivamente 301 persone, effettua uno stop intermedio nella capitale saudita, Riad, prima di dirigersi verso Gedda. Ma, appena decollato da Riad, il velivolo prenderà fuoco, provocando il decesso di tutte le persone presenti a bordo.

La dinamica dell’incidente

Karachi, Pakistan, 20 agosto 1980. Alle 18.32 dall’aeroporto internazionale Jinnah decolla un Lockheed L-1011 Tristar con direzione finale Gedda, Arabia Saudita. Alle 19.06 il volo Saudia 163 fa uno scalo intermedio di due ore a Riad e riparte. Ma dopo soli 7 minuti di volo i piloti ricevono un avviso di fumo nella stiva e si attivano per verificare cosa sta accadendo. Bradley Curtis, l’ingegnere di volo, torna in cabina di pilotaggio affermando che nella stiva c’è davvero del fumo.

A questo punto il comandante, Mohammed Ali Khowyter, decide di tornare indietro e di atterrare a Riad, ma un nuovo problema si aggiunge ad aggravare la situazione. Una delle manette, quella del motore numero due, si inceppa a causa del fuoco che ha bruciato il cavo operativo. I piloti quindi decidono di spegnere il motore e avvertono l’aeroporto di Riad della necessità di dover effettuare un atterraggio d’emergenza.

Una volta atterrati, i piloti comunicano che stanno per iniziare a spegnere i motori e a procedere con l’evacuazione dei passeggeri. Ma i motori sulle ali resteranno in funzione per altri 3 minuti e 5 secondi, per cui i soccorsi non possono avvicinarsi al velivolo. Cosa sta accadendo sul volo 163 e perché i passeggeri non vengono fatti sbarcare?

Dall’esterno si vedono chiaramente le fiamme ardere all’interno del velivolo, e non ci sarà più nessuna comunicazione con la cabina di pilotaggio. Ventitré minuti dopo lo spegnimento dei motori i servizi d’emergenza aprono la porta sul lato destro dell’aereo e si trovano di fronte uno scenario catastrofico. Tutti i passeggeri sono stipati, privi di vita, nella parte anteriore del velivolo, in un chiaro tentativo di sfuggire alle fiamme propagatesi nella parte posteriore. Tre minuti dopo l'apertura delle porte, il Lockheed esplode, dando appena il tempo ai soccorritori di uscire e mettersi in salvo.

Le indagini e i cambiamenti nelle procedure

L'inchiesta aperta dalle autorità saudite non chiarì come mai i membri dell'equipaggio non aprirono le porte una volta atterrato l'aereo, ma si presume che questi, come i passeggeri, fossero privi di conoscenza a causa del fumo presente nel velivolo, proveniente dalla sezione C3 della stiva, dove si innescò l'incendio. Le indagini stabilirono, grazie alle autopsie effettuate su alcuni dei passeggeri, che le vittime morirono per le inalazioni di fumo e non per le ustioni provocate dalle fiamme.

Vennero inoltre rinvenuti i resti di due stufe a butano sull'aereo, cosa che fece sospettare che un assistente di volo o un passeggero utilizzò il gas di una delle stufe per scaldare l'acqua per il tè, scatenando l'incendio a bordo. Ma l'ipotesi rimase tale e non fu mai confermata.

Dopo la tragedia del volo della compagnia saudita, vennero apportare delle modifiche sui Lockheed. Venne rimosso l'isolamento sopra la parte posteriore della stiva e aggiunta una struttura in vetro laminato come rinforzo. Inoltre il National Transportation Safety Board decise di dotare i velivoli di estintori alometanici invece di quelli tradizionali. Importanti cambiamenti vennero introdotti anche nell'equipaggio.

Venne rilevata infatti una scarsa comunicazione tra i piloti e l'equipaggio, cosa che avrebbe portato a compiere una serie di errori. Furono evidenziate delle "distanze di potere" tra superiori e sottoposti, tali per cui le decisioni prese dall'alto raramente venivano contestate. Questo fenomeno avveniva soprattutto in certi tipi di culture, come nel caso del volo Saudia 163, dove il primo ufficiale potrebbe non aver messo in discussione i provvedimenti adottati dal comandante. "Nelle culture con distanze di potere molto elevate", si legge nel rapporto conclusivo, "i giovani non mettono in discussione i superiori, e i leader possono essere autocratici".

A oggi il disastro accaduto al volo Saudia 163 resta uno degli incidenti aerei con la più grave perdita di vite umane nella storia dell'aviazione civile.

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