Scena del crimine

"Nada? Vi dico la verità sulle indagini e gli audio choc"

Il delitto di Nada Cella sembrerebbe a un passo dalla soluzione. Fondamentale, oltre all'esito del test genetico su alcune tracce di Dna, anche gli audio della supertestimone. "Chi sa qualcosa, parli", dice a ilGiornale.it l'avvocato Sabrina Franzone

"Nada Cella? Vi dico la verità sulle indagini e gli audio choc"

A 25 anni dal delitto il killer senza volto di Nada Cella potrebbe avere le ore contate. Su spinta della criminologa Antonella Pesce Delfino che, spulciando nei vecchi faldoni dell'inchiesta ha rilevato alcune anomalie nella vicenda, lo scorso maggio la Procura di Genova ha deciso di riaprire il fascicolo d'indagine per omicidio aggravato. C'è un nome nella lista degli indagati: è quello di Anna Lucia Cecere, un'ex insegnante di 53enne, su cui ora si concentra l'attenzione degli inquirenti.

In attesa che l'esito delle investigazioni tecnico-scientifiche chiarisca gli irrisolti del cold case, tra cui anche l'identità genetica di alcune tracce ematiche e biologiche repertate sulla scena del crimine, sono stati diffusi gli audio di una presunta supertestimone che sembrerebbe aver visto l'assassino di Nada in fuga da via Marsala a Chiavari, teatro dell'aggressione fatale, il giorno del delitto. La verità è vicina? "Mi auguro che chi ha visto o ritiene di aver sapere qualcosa ora si faccia avanti, anche scegliendo di mantenere l'anonimato", dichiara a ilGiornale.it l'avvocato Sabrina Franzone, rappresentante legale di Silvana Smaniotto, la mamma di Nada.

Dottoressa Franzone, ci sono novità?

"Purtroppo non ci sono novità. Siamo in attesa sia dell'esito del Dna che di eventuali risvolti nelle indagini".

Un caso che si riapre dopo 25 anni. Ritiene possano esserci persone, non coinvolte nel delitto, a conoscenza dei fatti?

"Trovo impensabile che nessuno sappia qualcosa. La signora che si sente nel 'famoso audio' mi pare di capire che non fosse stata l'unica a vedere il presunto killer di Nada. Dal modo in cui racconta sembra che ci fossero altre persone presenti, che abbiano visto la stessa cosa che ha visto lei. Anzi manifesta addirittura fastidio per il fatto che 'le altre' non parlino".

E perché questi presunti testimoni - "le altre" - avrebbero taciuto?

"A parte le persone direttamente coinvolte, penso che molti sottovalutino l'importanza di alcuni dettagli, delle piccole cose che sanno o di cui sono venuti a conoscenza da altri. Magari credono di non poter dare un grande contributo. E invece non è così. Ma devo dire che la sovraesposizione mediatica delle ultime settimane ha smosso qualcosa".

Si è ipotizzato che la donna della telefonata fosse una suora. Ritiene che sia un'ipotesi fondata?

"Non penso. Ho parlato con le persone di Chiavari e tutte mi hanno confermato che le suore non parlano in dialetto. E poi usa il termine 'ragazze' per riferirsi alle persone che erano con lei, non le chiama 'sorelle'".

Tra le varie telefonate che effettua la supertestimone ce n'è anche una alla curia. Può essere un dettaglio rilevante?

"Il fatto che telefoni alla curia suggerisce che quelle cinque donne facessero parte di un ambiente di lavoro. L'espressione 'le ragazze' mi fa pensare a un contesto di volontariato. Mi vengono in mente, ad esempio, le educatrici di un tempo, le famose 'signorine'".

A un certo punto la donna utilizza l'espressione "l'è ne ita cun santu". Può dirci cosa significa?

"Un cultore della lingua genovese ci ha spiegato che 'andare col santo', nella forma dialettale, vuol dire 'aver fatto qualcosa di grave'. Peraltro è un'espressione molto rara. Per questo ma anche dal tono di voce quella donna dà l'idea di essere una persona molto anziana".

La trasmissione "Quarto Grado" è riuscita a sapere che, al tempo, era stata isolata una macchia di sangue a pochi metri dal luogo della tragedia.

"Sì. Questa macchia di sangue pare che fosse molto più in là rispetto all'ingresso del palazzo di Soracco. Dal momento che l'ambulanza si era fermata proprio sotto il portone dell'edificio dove si era consumato il delitto, escludo che lo avesse perso Nada mentre veniva caricata sull'ambulanza. E peraltro sembra che quella traccia di sangue fosse proprio nell'esatto punto in cui la signora della telefonata dice di aver visto il presunto killer".

Che idea si è fatta della nuova indagata Annalucia Cecere?

"Come se fosse stata una sorta di 'meteora': nessuno l'ha vista, nessuno la conosce".

Ritiene possa aver avuto a che fare con l'omicidio di Nada?

"Non posso sapere se sia colpevole o meno, questo lo stabilirà la magistratura. Certo è che quando il caso è stato riaperto, nel 2011, tutte le protagoniste femminili di questa vicenda sono state sottoposte al test del Dna tranne la Cecere che peraltro era stata indagata negli anni addietro. E devo dire che questo dettaglio è emerso grazie al lavoro certosino della criminologa Antonella Pesce Delfino. È stata lei, quando ha recuperato il fascicolo per via della tesi che stava preparando, a notare alcune 'stranezze'. Le stesse che poi hanno consentito di riaprire il caso".

Ci sono molte "stranezze" in questa vicenda. Come, ad esempio, che Nada fosse andata in ufficio di sabato mattina. Secondo lei, può esserci un nesso col delitto?

"Potrebbe ma è un'ipotesi come tante altre, non possiamo averne la certezza. Del resto non si spiega perché Nada sia andata in ufficio quel sabato mattina. Peraltro pare avesse incontrato una parente alla quale avrebbe riferito che si stava recando in un'agenzia di viaggi. Ma sembrerebbe che, in realtà, non ci sia mai andata. Di sicuro non a Chiavari".

Nella borsa di Nada c'era il libretto del lavoro. Come mai lo aveva con sé?

"Anche questo dettaglio non è mai stato chiarito. Sembrerebbe che lo abbia dato Soracco agli inquirenti e che poi gli stessi, quando hanno restituito gli effetti personali di Nada alla famiglia, abbiano infilato nella borsa anche il libretto del lavoro della ragazza".

Pare che Nada volesse cambiare occupazione. Lo conferma?

"Sì, Nada era molto insofferente per quel lavoro. Qualche volta la madre ha provato a chiederle il motivo ma lei non lo ha mai spiegato. Era una ragazza molto discreta e riservata, protettiva nei confronti della famiglia".

Che idea si è fatta di Soracco?

"Probabilmente sa più di quanto ha raccontato sinora. Ma anche questo lo chiarirà la magistratura".

Secondo lei, sono stati commessi degli errori durante le prime indagini?

"Sicuramente, al tempo, non si disponeva né della strumentazione tecnica né della conoscenza che abbiamo oggi della scena del crimine. Poi, nel caso specifico di Nada, credo sia mancata la collaborazione tra la polizia e i carabinieri che conducevano indagini in parallelo".

Però il "famoso audio" risale all'estate del delitto. Perché non è mai stato preso in considerazione?

"Al tempo la 'fonte confidenziale' non era ritenuta rilevante. E invece credo che nel caso di Nada avrebbe fatto la differenza".

Adesso la verità sembrerebbe vicina.

"Ci speriamo tutti. La magistratura, i consulenti tecnici e tutti quelli che lavorano a questa inchiesta ci stanno mettendo il cuore oltre all'impegno. Si è mobilitata una grande macchina, c'è molta collaborazione tra le parti".

Cosa manca per la svolta definitiva?

"Oltre all'esito del test genetico, mi auguro che chi ha visto o ritiene di aver sapere qualcosa ora si faccia avanti, anche scegliendo di mantenere l'anonimato.

Se saltasse fuori il nome dell'assassino sarebbe un riscatto per la magistratura ma soprattutto per la mamma di Nadia che da 25 anni attende verità e giustizia per sua figlia".

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