C'è una netta differenza tra chi, abbattendo le statue, rimuovendo le lapidi e i monumenti vorrebbe cancellare la storia e chi, fedele ai valori e principi democratici, ritiene giusto che la storia debba essere studiata e ricordata. È perciò corretto, in occasione della fondazione del Partito comunista italiano avvenuta un secolo fa a Livorno, organizzare eventi, iniziative editoriali, convegni e conferenze.
Ben altra cosa è trasformare il ricordo di un partito che prende il nome da un'ideologia come quella comunista, in una celebrazione dal carattere agiografico pagata con fondi pubblici, esattamente quello che avverrà nel corso dell'anno.
Come testimonia il decreto attuativo firmato dal ministro per le Politiche giovanili e lo Sport Vincenzo Spadafora, «i progetti per le iniziative culturali e celebrative del centenario della fondazione del Partito comunista italiano» saranno finanziate con «euro 200.000 per ciascuno degli esercizi finanziari 2020 e 2021». Quattrocentomila euro di fondi pubblici dedicati «all'approfondimento delle attuali conoscenze sugli eventi e le motivazioni storico, sociali e culturali, che portarono alla fondazione del Partito comunista italiano».
Se è già discutibile il fatto che, in un momento difficile per il nostro Paese come quello attuale, venga stanziata una cifra vicina al mezzo milione di euro per finanziare un evento tutt'altro che condiviso da tutti gli italiani, colpisce che ad occuparsi della selezioni dei progetti sia il ministero per le Politiche giovanili e lo Sport a cui fa capo la «struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale».
Ciò significa de facto equiparare la nascita del Pci a celebrazioni come la «commemorazione del centenario della Prima guerra mondiale», il «settantesimo anniversario della Repubblica e dei diritti elettorali delle donne», oppure alle residue attività per la «ricorrenza del Centocinquantenario dell'Unità d'Italia». Con la grande differenza che la nascita della Repubblica e l'Unità d'Italia sono eventi appartenenti al sentire comune di tutti gli italiani, mentre la celebrazione del Pci è condivisa solo da una parte dei cittadini (e il suo ricordo è costellato da episodi bui). Inoltre, alla luce del ministero designato, occorre vigilare affinché non avvenga un indottrinamento politico nei confronti delle giovani generazioni. È lecito perciò domandarsi se la fondazione del Partito comunista debba rientrare tra gli «anniversari di interesse nazionale», avverrà lo stesso per i cent'anni del Partito liberale italiano, che ricorrono nel 2022? Nel momento in cui si decide di finanziare il ricordo di un partito è necessario, per ovvie ragioni di pluralità, che siano stanziate risorse per tutti i centenari, oppure c'è una formazione politica che è primus inter pares? Domande la cui risposta, alla luce dei fatti, appare scontata. D'altro canto, come spiega l'onorevole Paolo Trancassini, molto attivo nel vigilare su questa vicenda: «L'utilizzo di fondi pubblici dimostra arroganza e spregiudicatezza. Arroganza da parte di chi ha avanzato questa proposta per una celebrazione di parte. Spregiudicatezza rispetto a quanto avviene nel resto d'Europa dove l'Ue ha equiparato i crimini del nazismo a quelli del comunismo».
A giudicare anche dall'iniziativa promossa da Poste Italiane con il francobollo celebrativo
per il Pci (mentre nel centenario del Partito popolare fondato da Don Sturzo nel 1919 non era stato emesso), non tutte le celebrazioni politiche sono uguali, anzi ce n'è una, di colore rosso, che è più uguale delle altre.
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