Cronache

"Ci sparano addosso e ci indagano". L'ira dei poliziotti dopo l'inseguimento

I malviventi avevano aperto il fuoco contro il posto di blocco della polizia. La denuncia del Sap: "Ci sparano addosso e ci dobbiamo difendere per aver fatto il nostro dovere"

"Ci sparano addosso e ci indagano". L'ira dei poliziotti dopo l'inseguimento

Qualche giorno fa, una pattuglia della polizia è stata coinvolta in uno scontro a fuoco con un gruppo di rapinatori a Cesinali, tra Foggia e Avellino. L'intero tratto autostradale è stato disseminato di posti di blocco per tentare di fermarli ma al momento dell'altolà, dalla vettura dei malviventi sono stati esplosi alcuni colpi di pistola, ai quali i poliziotti hanno risposto. Uno dei colpi ha raggiunto uno dei rapinatori, uccidendolo. I complici hanno abbandonato il suo corpo e si sono dispersi nelle campagne, per poi essere catturati.

Ebbene, gli uomini della squadra mobile di Foggia e delle volanti di Avellino che sono stati coinvolti in quella sparatoria e che hanno rischiato la vita sotto i colpi di pistola dei malviventi sono stati iscritti nel registro degli indagati. Questa è la denuncia del Sap, che mediante il suo segretario generale, Stefano Paoloni, esprime tutta la sua indignazione: "È assurdo e inconcepibile che dopo aver rischiato la vita, i colleghi si trovino oggi indagati per 'atto dovuto'. Catapultati ad affrontare un momento ancora più difficile dal punto di vista professionale. Nel momento in cui sussistono 'Cause di giustificazione del reato' non è accettabile essere esposti ad un processo penale e solo per aver compiuto il proprio dovere".

Parole cariche di amarezza quelle di Paoloni, che nella sua nota sottolinea le implicazioni pratiche di questa iscrizione del registro degli indagati per gli agenti, anche se per atto dovuto, costretti ad assumere (e pagare) un avvocato per essere difesi e un perito. Il paradosso è evidente: gli agenti della polizia hanno bisogno di un legale difensore per aver svolto il lavoro per il quale sono stati assunti. Ma non solo, perché come prevede il regolamento, durante tutta l'indagine la carriera degli agenti resta bloccata, quindi senza possibilità di avanzamento e di premi, "e come noto, i tempi della giustizia sono molto lunghi".

La procedura appare nettamente sbilanciata contro chi rischia ogni giorno la sua vita e di certo non preme quel grilletto a cuor leggero quando si trova costretto dai fatti ad aprire il fuoco. Tutto questo porta a delle considerazioni importanti, che fanno emergere lo stato d'animo in cui si trovano a operare le forze dell'ordine: "I colleghi oggi non temono di rischiare la loro incolumità fisica, ma temono di più di essere sottoposti a procedimento penale, perché oltre ad essere esposti alla gogna mediatica, verranno coinvolti direttamente con il loro patrimonio personale a dover dimostrare di avere agito nella legalità, giustificando il loro operato".

Le parole di Paoloni aprono a doverose riflessioni da parte di chi di dovere: "Ci sparano addosso e ci dobbiamo difendere per aver fatto il nostro dovere, e ci tocca pagare anche l'avvocato".

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