Cultura e Spettacoli

Il calcio ai tempi di Diego: Minà racconta Maradona

Viaggio nella vita e nelle imprese sportive del più grande giocatore di tutti i tempi

Il calcio ai tempi di Diego: Minà racconta Maradona

Maradona: ‘Non sarò mai un uomo comune’. Il calcio ai tempi di Diego”, di Gianni Minà, Minimum Fax, pagine 187.

La vera arte è sottrazione, non aggiunta. Questo è ciò che viene in mente dopo aver letto il libro di Gianni Minà su Diego Armando Maradona. Nella sterminata bibliografia sul Pibe de Oro prodotta sin qui e ancora da prodursi, il lavoro di Minà spicca perché raggiunge un equilibrio coinvolgente tra narrazione giornalistica e impatto emotivo. Minà ha conosciuto e compreso appieno i due sportivi più importanti del Novecento, coloro che hanno influenzato l’opinione pubblica mondiale come nessun altro sportivo ha fatto: il pugile Cassius Clay Muhammad Ali (1942- 2016) e appunto Diego Armando Maradona (1960-2020). In che senso l’arte è sottrazione e non aggiunta? Nel senso che Gianni Minà partiva da una sterminata memoria personale di aneddoti, racconti e retroscena su Maradona per una lunga e consolidata frequentazione personale (la sua ultima intervista al Diez è del 2013). Ma nelle pagine del libro si trova appena una traccia di tutto questo, come se fosse una spezia a insaporire il piatto. Perché come ingrediente portante Minà offre al lettore la contestualizzazione del calcio che vide Maradona sul tetto d’Italia e del mondo, soprattutto durante la seconda metà degli anni Ottanta.

Un calcio che già si stava trasformando in una spettacolare industria, in un ingranaggio per spremere fino all’ultimo i campioni, in un moloch divoratore bisognoso quasi quotidianamente di nuovi personaggi da adorare o da dannare, in un’incubatrice permanente di nuovi modelli di business. Da questo punto di vista per Minà due sono gli eventi focali della parabola del Maradona calciatore: la finale mondiale in Italia persa contro la Germania a causa di un rigore inesistente dopo aver eliminato la predestinata Italia in semifinale (8 luglio 1990) e la cacciata di Maradona dal mondiale americano, mano nella mano con un’infermiera in tuta bianca, perché un controllo antidoping rilevò nel suo sangue tracce di efedrina, sostanza contenuta in un medicinale che Diego aveva assunto per curarsi una bronchite (25 giugno 1994). Furono gli eventi che consacrarono Maradona come eroe “contro” dello sport contemporaneo, un divo anti-sistema. Poi un altro filone del libro riguarda il Maradona politico. Le sue prese di posizione sull’Argentina dei generali, sui desaparecidos vittime della dittatura militare, sulla geopolitica dell’America Latina, sul rapporto con Cuba e con Fidel Castro. Prese di posizione complesse e a volte contraddittorie, figlie anche della concezione latinoamericana del pueblo, del popolo, ma sempre ragionamenti pubblici e di cui Maradona si è assunto per intero la responsabilità. Come del resto ha fatto nel rapporto di tossicodipendenza da cocaina che ha rovinato unicamente se stesso, come calciatore e come uomo. Molto interessanti le pagine del rapporto tra Maradona e Napoli.

Il 5 luglio 1984 l’allunaggio del Pibe de Oro allo stadio San Paolo avrebbe cambiato per sempre la percezione del popolo napoletano non solo nei confronti della dimensione calcistica, ma anche nei confronti della propria stessa identità collettiva. Un amore totale, soffocante, da cui Maradona non riuscì a liberarsi anche per scelta dell’allora presidente della SSC Napoli Corrado Ferlaino, che si rifiutò di cederlo all’estero. Ultima considerazione è lo spazio che giustamente viene dato nel libro all’incredibile saliscendi a cui Maradona ha sottoposto la sua intera esistenza di uomo e di calciatore: discese ardite e impetuose risalite, l’altare la polvere e poi di nuovo l’altare, addii malinconici e trionfali ritorni in campo, vittorie clamorose e sconfitte rovinose. Un’eterna araba fenice che ha conquistato i Sud del mondo e le periferie sociali come la natìa Villa Fiorito. Diego Armando Maradona è stato protagonista da calciatore di 3 Mondiali (1986, 1990, 1994), di uno da allenatore (2010), di altri due da spettatore e testimonial (2014 e 2018). Ha fatto vincere una squadra, il Napoli, che prima di lui non aveva mai conosciuto e nemmeno immaginato simili trionfi nazionali e internazionali. Ha denunciato le distorsioni della società dei consumi e dello spettacolo, si pensi alle sue dichiarazioni dopo la tragica morte del ciclista Marco ‘Pirata’ Pantani, il 14 febbraio 2004. Per raccontare un personaggio così complesso e straordinario c’era bisogno di uno dei più importanti giornalisti italiani, testimone diretto del suo percorso: ecco perché l’accoppiata Gianni Minà - Diego Armando Maradona rende questo libro imperdibile. Ha scritto il grande Eduardo Galeano: “Giocò, vinse, pisciò, fu sconfitto”. Ma in mezzo, ci permettiamo di aggiungere, ci sono moltissime altre cose da raccontare e da ricordare.

E per le quali si parlerà di Maradona anche tra cent’anni.

Il calcio ai tempi di Diego

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