Cultura e Spettacoli

La favola del lupo che rubava i cuori. E insegna coraggio ed ecologia

Da una delle più importanti studiose dei lupi, la zoologa Mia Canestrini, arriva una splendida favola onirica: “Custode di cuori - L’amicizia tra un ragazzo e un lupo nero” (Electa Junior), dai contorni bui e intimi, che insegna il coraggio e l'ecologia

La favola del lupo che rubava i cuori. Così Mia Canestrini insegna il coraggio e l'ecologia

Un ragazzino e un lupo, una storia dal sapore antico ma prepotentemente attuale, che mescola paura e coraggio, resilienza ed ecologia. Nasce da chi con i lupi ha da sempre avuto un rapporto speciale. Mia Canestrini zoologa e una delle maggiori esperte di cani e lupi, e del loro rapporto con gli uomini. Dopo la precedente pubblicazioni La ragazza dei Lupi, (Piemme) torna ora con un romanzo: Custode di cuori -L’amicizia tra un ragazzo e un lupo nero (Electa Junior). Una sorta di favola onirica che racconta l’incontro notturno di un ragazzino di dieci anni, Rusco, che scappa di casa portandosi dietro un sacco della spazzatura e si ritrova, insieme alle sue mille voci interiori, a percorrere le vie di una città disabitata. Un lupo nero, simbolo del confine tra luce e oscurità, appare di colpo sotto il bagliore di un lampione e gli ruba il cuore, costringendo il bambino a inseguirlo. Un gesto apparentemente spaventoso, che darà il via a una serie di incontri con altri animali notturni alla scoperta di un vero e proprio ecosistema fatto di cemento, dove gli animali selvatici hanno cominciato a vivere. Proprio come succede nelle nostre città. Ma il lupo, questo animale circondato spesso da storie spaventose, è in realtà un mezzo per condurre Rusco ad una nuova leggerezza e consapevolezza, perché come racconta Mia: "Solo i bambini sanno che non c’è nulla di pauroso nel rapporto e nell’amicizia con gli animali".

Lei non ha scelto di raccontare la sua esperienza di grande studiosa dei lupi, ma la storia di un bambino. Perché ?

“Ho pensato fosse più utile agli altri. Scrivi perché ami farlo, ma c'è anche una parte di te che pensa a come il tuo racconto possa diventare utile per i lettori. Quindi indaghi attraverso una tua storia personale trasformandola però in qualcosa di più comprensibile, facendola in questo modo diventare anche la storia degli altri”.

Il racconto parla dell’avventura notturna di un bambino di 10 anni con un lupo. È lei quel bambino?

“Non sono io, nel libro non c’è nulla della mia storia, è qualcosa di più intimo. Ho iniziato a pensare a quale esperienza poteva vivere un bambino uscendo di casa di notte e scoprendo che la città è popolata da tanti animali che non conosce. Poi ho cominciato a chiedermi: perché un bambino dovrebbe uscire di casa in piena notte? Da lì è venuta fuori la storia di Rusco che ha 10 anni e un cuore molto pesante. Leggendo si intuisce che c’è un papà che se n’è andato. Uscendo di casa si imbatte subito in un lupo nero che gli ruba il cuore. Questo furto in realtà è un trucco dell’animale per spingere il bambino a seguirlo e a ricominciare a vivere, anche attraverso mille avventure un po’ spaventose”.

All’interno della storia c’è una parte che racconta degli animali che arrivano a popolare le città. Riportando all'attualità, mi vengono in mente i cinghiali a Roma. Lei dice che è importante costruire le città a misura d’uomo e di animali. Crede però sia possibile?

“Più che possibile è necessario, perché gli animali hanno trovato un nuovo ecosistema e risorse per sopravvivere nelle nostre città. Quindi non possiamo pensare che i cinghiali o altri animali selvatici pascolino vicino al Duomo di Milano. Bisogna ripensare a spazi pubblici con il verde, perché si sta creando un paradosso, quello che alcune città hanno più biodiversità delle campagne circostanti, dove gli animali non trovano più sostentamento”.

Da cosa è nata questa sua passione per i lupi?

“In realtà da una grande passione per il cane, un animale che abbiamo sempre avuto in famiglia. Quando avevo 9 anni ho poi scoperto che discendeva dal lupo. Un animale se vogliamo, più iconico. Da lì ho cominciato ad amarlo”.

Perché secondo lei il lupo ha sempre avuto, soprattutto in passato, un'accezione negativa. Ad iniziare dalle favole, fino ai modi di dire.

“C’è stata proprio un'epoca storica in cui veniva considerato un animale totemico, tutto fuorché un elemento negativo del paesaggio. È stato l'avvento del cristianesimo e delle religioni monoteiste che hanno avuto la necessità di trovare nella natura degli elementi che simboleggiassero il bene o il male. Il lupo in qualità di predatore, si prestava molto a questo gioco narrativo. Però non c'era la volontà di demonizzare l'animale per portarlo all'estinzione, almeno in un primo momento, ma solo la necessità di raccontare una storia con quello che c'era”.

Mia Canestrini

Da bambina che approccio aveva con il lupo? Amava quelli delle favole o la spaventavano?

“Era più un aspetto curioso. Anche se ero piccola sapevo che in futuro avrei fatto la zoologa. La mia era proprio una curiosità morbosa, che avevo per tutti gli animali anche per il lupo, che all’epoca era un animale rarissimo in Italia, quasi una chimera. Non avevo alcuna paura, passavo le mie giornate a "perdermi" nei boschi. Era la mia dimensione naturale”.

Immagino non sia stata molto d’accordo con la favola di Cappuccetto Rosso.

“Mi infastidiva molto quel racconto. Lo trovavo surreale. Come poteva un animale travestirsi? Poi la parte del cacciatore che le apriva la pancia, pensavo a tutto il sangue che sarebbe uscito. Forse ero una bimba un po’ sui generis”.

Al contrario mi sembra che fosse molto centrata. Una bambina che si addentra nei boschi e non ha paura, non è qualcosa di così comune.

“Sono stata fortunata. Mio padre è originario di un paesino dell’appennino dove fin da piccolissima facevo delle escursioni. Andavamo a cavallo, passeggiavamo, vivevamo tutte le piccole avventure che si fanno in montagna. Passavo praticamente tutte le estati lì, insieme a un amichetto. Quando avevo 8 anni ero già in grando di passeggiare da sola per i boschi, in quei territori che conoscevo bene. A volta tornavo a casa solo la sera”

La sua è proprio una grande dedizione, ho letto che ha passato dai 27 ai 36 anni a Montecagnano che è un paesino di soli 40 abitanti. Solitamente quella è un'età dove si è molto sociali.

“Non ho cercato la socialità in mezzo alla natura, l’ho proprio evitata. Sono stata una ragazza normalissima, ma il mio sogno era fare la zoologa e lavorare nei Parchi Nazionali. Questi proprio per definizione, si trovano in zone isolate, remote, lontano dai grandi centri abitati. Era così grande la gioia di fare quel lavoro, che non mi importava niente di dove mi trovassi”.

Custode di cuori -L’amicizia tra un ragazzo e un lupo nero

Se la ricorda la prima volta che ha incontrato un lupo?

“Avevo 25 anni in una zona a cinque minuti di macchina da Bologna. C’era un branco di lupi con cuccioli, che si era stabilito su una collina vastissima. Un mio amico, che all’epoca già li studiava, mi accompagnò ad osservarli, anche se da lontano con il binocolo. È stata una cosa incredibile, era il 2008 e all'epoca non c'erano, come ora, tanti filmati di lupi, quindi è stata un'esperienza abbastanza iniziatica”.

E invece la prima volta che lo ha toccato?

“È stato con un lupo che avevano avvelenato, quindi era un animale sedato. È stata una sensazione molto particolare, perché è vero che a colpo d'occhio può ricordare un cane o un cane lupo, ma in realtà è un animale completamente diverso. Il pelo e anche l'odoro è diverso. Ti dà proprio l'idea di selvaticità e anche di incontrollabilità. È proprio un animale che non puoi controllare”.

Quale è stata la cosa più importante che le hanno insegnato i lupi?

“La resilienza, che è una parola un po' abusata, però è la verità. Sono animali che hanno una forza veramente straordinaria. Sembrano morti eppure si rialzano sulle loro zampe e ricominciano a camminare. Stanno sul punto di non farcela e poi ricominciano la loro vita.

Questo è un grande insegnamento”.

Custode di cuori

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