Cultura e Spettacoli

L'esordio di TESTO e le nuove forme di scrittura

Il ruolo dei social network, delle librerie indipendenti e delle nuove forme di scrittura: intervista a Luca Briasco, direttore editoriale di minum fax e ospite di TESTO

L'esordio di TESTO e le nuove forme di scrittura

TESTO [Come si diventa un libro] è il nuovo progetto dedicato al mondo dell’editoria contemporanea, ideato da Todo Modo e organizzato a Firenze da Stazione Leopolda e Pitti Immagine. Tra i tanti ospiti presenti all'evento spicca il nome di Luca Briasco, già editor di narrativa straniera per Einaudi Stile libero, adesso direttore editoriale di minimum fax e dal 2018 traduttore italiano di Stephen King. Il programma di presentazioni ed incontri della rassegna è stato messo a punto da un team di curatori che rivestono il ruolo di "capistazione". E Briasco, che abbiamo intervistato, è uno di questi.

Quali sono gli elementi di originalità che caratterizzano TESTO?

Abbiamo cercato di creare una formula che da una parte permettesse a ogni editore presente di valorizzare il proprio catalogo come meglio credeva, e dall'altra di mantenere un'originalità di impostazione. Ovvero introdurre un elemento di riflessione su come si fanno i libri, ma anche su chi sono le figure che si muovono in questo mondo. A mio avviso siamo riusciti a far passare il concetto. Del resto è necessario introdurre elementi di originalità, perché altrimenti c'è il rischio di creare un semplice effetto moltiplicatore.

Un aspetto sul quale punta molto TESTO è l'elevata interazione tra il mondo editoriale e il lettore/visitatore. Quanto è importante una simile relazione?

In una parola: è fondamentale. Le fiere, di per sé, sono occasioni che consentono agli editori di incontrare i lettori. Dovrebbe essere così per tutti gli editori. Anche per quelli che possono avere difficoltà nel farsi vedere o nel far vedere il proprio catalogo in libreria, perché ricordiamo che non tutti hanno la stessa potenza distributiva. In questa fiera tutti gli editori, più o meno grandi, hanno lo stesso spazio espositivo. La trovo una cosa molto democratica e corretta, che non solo va a beneficio del comparto, ma che salvaguarda anche la diversità dei titoli. Devo dire che, nel momento in cui sono stato coinvolto, questo criterio mi ha subito colpito.

Lei è uno dei “capistazione”, in particolare della fermata Manoscritto. Quali sono i temi che ha analizzato?

Ci sono due aspetti chiave, uno dei quali è lo scouting, e cioè dove si vanno a trovare i libri. Oggi sempre più i libri si "costruiscono". Ho fatto un incontro sul rapporto tra social e letteratura, e proprio i social network sono stati una delle nuovi fonti dalle quali attingere. Sia chiaro: raramente si attinge a un libro già fatto. Di solito si attinge a un'idea, a un linguaggio o a un modo di approcciare le cose. L'altro tema riguarda invece tutto il lavoro svolto sul manoscritto. Il libro, infatti, non arriva all'autore così come arriva all'editore. Ci sono una serie di figure professionali che ci lavorano sopra per portare il suo contenuto a un certo livello qualitativo.

Social network e librerie indipendenti

Secondo lei con l'avvento di nuove forme comunicative – pensiamo ai social network - il panorama editoriale è migliorato o peggiorato?

Di per sé non è né migliorato né peggiorato. Prendiamo, appunto, i social. Che cosa sono? Un luogo dove la gente può scrivere. Davanti a una nuova forma scritta, che per altro raggiunge un numero così elevato di persone, bisogna capire, senza pregiudizi, che cosa questa forma può produrre. E produce una realtà molto variegata, visto che da qui sono usciti autori oggi considerati scrittori a tutti gli effetti.

Quanto sono importanti e che ruolo svolgono le librerie indipendenti?

Sono assolutamente indispensabili. Non ne possiamo fare a meno, tanto più per il discorso di diversità che abbiamo toccato poco fa. Io sono attualmente direttore editoriale di minimum fax: senza librerie indipendenti, non dico che questa casa editrice non potrebbe esistere, ma non sarebbe la realtà che conosciamo. La vera valorizzazione, quindi, passa attraverso librerie indipendenti. Molte di loro, tra l'altro, intrattengono un rapporto organico e di fiducia con gli editori.

Com'è cambiato negli ultimi anni il mercato editoriale italiano?

Dal mio punto di vista i numeri parlano chiaro. Parlano di una realtà che si è progressivamente italianizzata. Ormai una buona parte dei bestseller è italiana. Il besteller straniero è un evento abbastanza infrequente, e quando capita coinvolge sempre un autore affermato da tempo. Per dire, adesso possiamo citare il caso di Isabel Allende, autrice che però è una presenza costante. Al contrario, nomi nuovi stranieri che scalano le classifiche se ne vedono pochi. Attenzione però, perché la possibilità esiste sempre. Le faccio un esempio: a distanza di 5 anni dalla pubblicazione "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara (Sellerio) – lo conosco bene perché l'ho tradotto - è ancora nella top ten della classifica dei libri stranieri. Stiamo parlando di un libro di 1.100 pagine: chi lo avrebbe mai immaginato? Diciamo che gli autori non arrivano a questo livello grazie a particolari tattiche o manovre di marketing. Più semplicemente, ci riescono perché il loro libro tocca i lettori in corde che nessuno poteva e può prevedere.

Vede, i lettori sono molto più intelligenti, strutturati e consapevoli di quanto non sostengano certi intellettuali.

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