Storia d'assalto

Lo strano "campo di prigionia" diviso tra nemici

Durante il Secondo conflitto mondiale, piloti tedeschi e britannici che avevano appena terminato di misurarsi in combattimento nei cieli di Francia e Inghilterra si ritrovarono prigionieri nella stessa isola neutrale: così l'Irlanda li tenne al sicuro dalla "guerra totale"

Uno "strano" campo di prigionia da dividere col nemico

Dicembre 1940, cieli del canale di San Giorgio. Quando la battaglia d’Inghilterra è appena terminata e la battaglia dell’Atlantico già si combatte senza tregua, un biposto da addestramento britannico, il meno noto Miles Master, è diretto senza piani di volo sull’Isola di Man: a metà tra Regno Unito e Irlanda. L’equipaggio, peccando di fiducia nella buona sorte, era certo di trovare la destinazione pilotando a vista, ma il maltempo li portò fuori rotta. Perduto e a corto di carburante, l’equipaggio del monoplano dal vistoso ventre giallo tentò un atterraggio di fortuna non appena vide terra. Non poteva immaginare d’essere nell’Eire: l’allora neutrale Repubblica d’Irlanda. Non poteva immaginare, salvo per miracolo, che avrebbe passato il resto della guerra “impacchettato” nel Curragh Camp o “K-Lines”: il più strano campo di prigionia della guerra. Dove piloti tedeschi e inglesi che si erano misurati in battaglia, adesso trascorrevano le proprie giornate fianco a fianco col nemico.

Che si trattasse di “Fews” (come chiamava Wiston Churchill i piloti inglesi nel 1940) o di “Jerries” (come venivano chiamati i tedeschi dagli Alleati), per l’Irlanda che aveva scelto di restare neutrale mentre il mondo si confrontava nella guerra totale, non faceva nessuna differenza. Per gli accordi di non belligeranza ratificati con il governo di Londra e Berlino, essi dovevano essere trattenuti per impedire che potessero tornare nei rispettivi paesi e di ricongiungersi ai loro commilitoni per proseguire nello sforzo bellico contro l’avversario. Questa la decisione del primo ministro Éamon de Valera ha fatto di tutto per mantenere quella neutralità aveva assicurato di trattenere in un campo di prigionia di Curragh, che originariamente destinato ai militanti dell’IRA (famigerato Irish Republican Army) dopo averlo suddiviso in 3 sezioni. Così, Tra il 1940 e il 1943, circa 40 militari britannici e 200 tedeschi furono internati nel campo K-lines. Si trattava principalmente equipaggi e uomini di sottomarini, superstiti di unità coinvolte in combattimento nell’Atlantico, e come suddetto, piloti costretti ad atterraggi di fortuna sulla prima “isola” in vista.

Lo "strano" campo

Da principio il campo di Curragh era un normale campo di detenzione affatto diverso dallo Stalag III fedelmente riprodotto nel capolavoro cinematografico La grande fuga. Un campo fatto di baracche di legno allineate, circondate da muri di reti metalliche e filo spinato, sorvegliato da torrette di guardia su cui montavano sentinelle armate. Inizialmente l'unica differenza - o per meglio dire “peculiarità” del campo “K-Lines” - era la separazione tra i settori che dovevano “ospitare” i militari Alleati dagli avversari dell’Asse e la presenza di due pub dove i prigionieri potevano gestire autonomamente le loro scorte alcoliche tentando di trascorrere il tempo privo di pensieri, in attesa che la guerra terminasse. Altra peculiarità, resa nota solo in seguito, era la carica di proiettili a salve nei fucili delle sentinelle che doveva sorvegliare inglesi e tedeschi. Il complesso occupato dalle forze tedesche era noto come campo "G", mentre quello occupato dalle forze alleate, noto come campo “B”.

Per l'ufficiale in comando, colonnello delle forze di difesa locali irlandesi (Ldf) Thomas McNally, gli internati dovevano essere considerati come tutti i prigionieri di guerra: "Questi prigionieri secondo me sono il tipo che considera un dovere effettuare la fuga alla prima opportunità disponibile", aveva dichiarato in principio. Ma gli uomini detenuti nei campi B e G non erano tecnicamente prigionieri di guerra, bensì andavano considerati come "ospiti dello Stato" - contro la loro volontà, ovviamente - che aveva solo l'obbligo di impedire loro di tornare in guerra. Per questo le condizioni della loro detenzione si fecero via via sempre meno restrittive e le libertà più estese, al punto da garantire ai questi Pow (prisoner of war, ndr) una vita quasi normale - sebbene il loro destino li avesse condotti al limite dello straordinario.

È abbastanza singolare infatti il caso di un bombardiere della RAF con equipaggio canadese, che, dopo essere scampato ad un atterraggio d'emergenza, aveva cercato ristoro in una locanda isolata dei pressi di Curragh. Secondo il racconto, il pub era uno di quelli messi a disposizione dei prigionieri tedeschi in libera uscita. Così non appena entrati, un ufficiale della Luftwaffe li apostrofò dicendo loro di andarsene "nel loro pub!". Si rifereva a quello destinato agli Alleati. I canadesi rimasero a lungo perplessi, prima di essere presi in custodia e capire in che assurda situazione si fossero ritrovati.

Senza via di fuga

Inizialmente, almeno nelle prime battute del conflitto, i piloti inglesi che si trovavano costretti ad atterrare venivano rispediti in Inghilterra senza troppe cerimonie. Ma quando il 20 agosto del 1940 un pattugliatore quadrimotore tedesco Fw 200 "Condor" si schiantò nel sud dell'Irlanda mentre era in missione sull'Atlantico e i sei membri dell'equipaggio vennero fatti prigionieri, per mantenere lo stato di completata neutralità il governo di Dublino si trovò "costretto" a trattenere anche i piloti alleati. Una sola eccezione erano gli americani, che invece venivano rimpatriati in ragione di differenti accordi ratificati con Washington. Il primo prigioniero britannico, arrivato su di un caccia Hurricane dopo essersi lanciato all'inseguimento di un bombardiere tedesco uscito di formazione, fu catturato il 29 di settembre.

La fuga non era una buona opzione né per gli internati tedeschi né per i loro avversari britannici. I primi, nella migliore delle ipotesi, avrebbero dovuto puntare a raggiungere la Francia, il Paese occupato dalle forze dell'Asse più vicino all'Irlanda. Ma sarebbe stato molto difficile, e avrebbe previsto il transito vicino il Regno Unito. Il tutto con scarsissime probabilità di successo. Per i piloti inglesi la pianificazione di una fuga era sicuramente più semplice. Oltre a padroneggiare la lingua, avrebbero dovuto viaggiare con mezzi di fortuna solo per qualche centinaio di miglia verso il confine con l'Irlanda del Nord. Ma una volta giunti nell'Ulster clandestinamente, sarebbero potuti cadere in mano ai nazionalisti che notoriamente non nutrivano molta simpatia per i soldati di Sua Maestà. Per queste ragioni, venne registrato un solo tentativo d'evasione, nonostante venne creato un "comitato di fuga" (l'Escape club) come in ogni altro campo di prigionia.

Attendere da "gentiluomini" la fine della guerra

Nessuno si sentì disonorato nell'essere stato fatto prigioniero da un Paese non belligerante che aveva ratificato accordi con il proprio governo. Agli "ospiti", sia tedeschi che inglesi, fu concesso di partecipare a funzioni religiose, di possedere delle radio per tenersi aggiornati sullo svolgimento del conflitto, di andare ai pub di Curragh e dalle cittadine di Kildare, Newbridge e Killcullen. Cittadine dove potevano recarsi prendendo in prestito delle biciclette, a patto di siglare, di volta in volta, una sorta di accordo tramite lasciapassare che recava il seguente testo: "Prometto di rientrare nel complesso alle ore X e, durante la mia assenza, di non prendere parte ad alcuna attività connessa alla guerra o lesiva degli interessi dello Stato irlandese”.

Col passare del tempo le concessioni agli "ospiti forzati" iniziarono a contemplare svaghi sempre maggiori: ad esempio l'accesso a cinema e hotel, dove i prigionieri poterono trascorrere anche l'intera notte. Il tutto, ovviamente, sempre in abiti civili prontamente forniti dai rispettivi governi per non dare nell'occhio. Battute di pesca, partite di golf, cacce alla volpe diventarono la norma. Si tennero addirittura un incontro di boxe e una partita di calcio tra Alleati e Asse. Da annotare lo strabiliante risultato che vide la Germania vincitrice almeno sul campo di pallone con 8 goal a 2.

Quando nel 1943 la vittoria della guerra da parte degli Alleati iniziò ad apparire sempre più evidente, tutti gli aviatori britannici vennero trasferiti in un altro campo per essere liberati in segreto. Al termine del conflitto anche i prigionieri tedeschi furono rilasciati, ma diversi di loro rimasero in Irlanda, sposandosi e mettendo su famiglia e imprese. Questa storia, a lungo celata dal governo irlandese e completamente dimenticata da chi ne era al corrente, tornò alla luce per caso, grazie al racconto di un tassista che aveva servito come guardia nel campo di Curragh; la "strana" prigione irlandese che tenne quei piloti nemici al sicuro dalla guerra totale.

Il romanziere John Clive ne trasse un libro dal titolo Ali spezzate.

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