
Dal 2022 ad oggi, la tensione globale non ha fatto altro che aumentare. Prima la guerra in Ucraina, poi in Israele e ora vi solo le avvisaglie di un possibile conflitto tra India e Pakistan. A questi, si aggiunge la possibilità che la Cina decida di attaccare Taiwan. Le decadi di pace tra potenze seguite al crollo del Muro di Berlino sono definitivamente finite e, esattamente come durante la Guerra Fredda, è tornato a bussare il pericolo di un escalation nucleare.
Attualmente, i Paesi che possiedono l’atomica sono nove: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. In più, vi sono testate Usa dislocate in Italia (nelle basi di Aviano e Ghedi), Germania, Turchia, Belgio e Olanda. Sul nostro territorio, Washington ha posizionato 40 bombe a caduta B61 che, come spiegato dal segretario nazionale dell’Unione scienziati per il disarmo e docente di Fisica all’università di Pisa Francesco Forti, citato dal Corriere della Sera, “possono essere attivate con chiave singola, cioè possono essere lanciate solo da aerei Usa, o a doppia chiave cioè che caricati su aerei italiani”. In più, sono da poco arrivate le nuove testate che possono essere montate sugli F35.
Queste bombe sono parte dello scudo nucleare della Nato gestito da Washington. Ma se l’Alleanza dovesse subire dei cambiamenti, con lo sfilamento degli Usa tante volte minacciato dal presidente Donald Trump, anche l’architettura della deterrenza nucleare dovrebbe essere ripensata. La Francia potrebbe cercare di riempire il vuoto lasciato dall’alleato oltreoceano, un tentativo che darebbe il via ad una corsa al riarmo. “Oggi la maggior parte delle testate francesi sono montante su sottomarini: non sono cioè armi intercontinentali. Parigi ha poche basi di lancio terrestri e il suo arsenale attuale ha una funzione soprattutto di deterrenza”, ha spiegato Forti. “Se dovesse allargarsi a difesa dell’Europa il riarmo verso armi più aggressive sarebbe inevitabile”.
Antonio Missiroli, senior advisor di Ispi e docente alla John Hopkins University, ha anche sottolineato lo spostamento delle armi tattiche in Bielorussia annunciato da Mosca potrebbe spingere l’Eliseo, sempre nell’ipotesi di un’uscita degli Usa dalla Nato, a dislocare le proprie in Polonia. E vi sarebbe anche da considerare “l’idea lanciata dal tedesco Merz di sviluppare una strategia di deterrenza anche con Londra e Parigi”. L’esperto ha anche spostato lo sguardo lontano dall’Europa, alla Cina che ha accelerato lo sviluppo del proprio arsenale e non è vincolata da nessun trattato internazionale.
E a spingere sempre di più il mondo verso il punto di non ritorno fa la sua parte anche la retorica usata dalle varie cancellerie. “Prendiamo il caso della crisi di Cuba del 1962: sia Kennedy che Krusciov erano politici avveduti e nonostante la tensione altissima arrivarono a un accordo. Oggi i politici non sono così”, ha osservato Forti. “Sembra che i nostri leader cerchino di aumentare la tensione non di diminuirla. Vogliono esportare la logica dei dazi nella sfera nucleare? C’è la fine del mondo dietro l’angolo”.
A tutto questo, si devono aggiungere anche gli sviluppi della tecnologia bellica, con l’entrata in campo dei missili ipersonici. Come sottolineato da Missiroli, se prima poteva passare più di un’ora dall’allarme di una testata in volo al possibile impatto, ora si parla di qualche minuto.
Nessun margine per valutare la situazione o una possibile risposta. E per questo le strategie di difesa devono essere completamente rivoluzionate, probabilmente verso una direzione più aggressiva che potrebbe aprire la strada ad errori dalle conseguenze catastrofiche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.