Politica economica

Auto elettriche, servono 1.000 miliardi

Secondo Promotor è la somma necessaria per sostituire l'intero parco vetture in Italia

Auto elettriche, servono 1.000 miliardi

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Mille miliardi per sostituire ed elettrificare il parco auto circolante italiano la cui età media è intorno a 12 anni. L'ultima, delle numerose stime (spesso in aperto contrasto) a proposito della «via elettrica» tracciata e imposta dall'Ue, arriva da Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor. L'esperto di automotive ne ha parlato a Trento, al Festival dell'Economia, ricordando come «la motorizzazione di massa decolla quando sul mercato c'è un'auto che costa quanto il salario medio annuo di un operaio, oggi al netto di 15mila euro».

Le soluzioni non sono una novità: abbassare i prezzi dei veicoli, aumentare le retribuzioni, impegnarsi in una campagna di incentivi con stanziamenti maggiori.

Secondo Quagliano, «il mercato dell'auto europeo sopravviverà alla transizione elettrica, ma l'Ue resta l'unica a vietare i motori a combustione, che continueranno a esistere nel resto del mondo». È infatti realistico «che dal 2035 non si vendano più auto a benzina e Diesel», ma è pure possibile che ci siano altri motori a combustione: già, infatti, esiste la deroga per i carburanti sintetici e l'Italia ha chiesto quella per i biocarburanti». Diesel e benzina, comunque, dovranno essere venduti anche dopo il 2035 a beneficio delle vetture immatricolate precedentemente, che potranno circolare ancora.

Sul futuro dell'industria automotive europea, minacciata tra l'altro dall'invasione avviata e senza ostacoli dei big cinesi (auto di qualità soprattutto elettrificate e a costi competitivi), una soluzione, stando così le cose, arriva dai Paesi nel resto del mondo che non proibiranno i motori endotermici e, quindi, pronti a beneficiare dell'offerta dei produttori europei.

Allarmato, soprattutto in chiave Cina, è Franco Bernabé. Sempre dal Festival dell'Economia di Trento, l'attuale presidente di Acciaierie d'Italia, si è soffermato sugli aspetti che il mainstream tende a mettere in secondo piano.

«L'auto elettrica - ha ricordato - è alimentata da energia elettrica che non sempre è verde. Oggi l'energia arriva soprattutto da carbone, gas e nucleare. E in più ci sono i problemi a monte: produzione di cobalto e nichel, altamente inquinante; e poi, a valle, lo smaltimento delle batterie. Bisogna valutare dall'inizio alla fine la produzione di auto elettriche». Il tutto in uno scenario attuale che vede «le auto con un footprint carbonico dell'8% rispetto al totale, il trasporto pesante al 9% e gli altri, aereo e marittimo, al 7-8%».

Sulla Cina, in continua espansione, Bernabé è andato sul concreto: «Pechino ha il 60% del parco installato di auto elettriche, produce i pezzi e poi li porta dove serve montarli. I suoi player diventeranno quelli che hanno il predominio: significa dover affrontare un processo di riconversione di cui io non vedo spazi a livello occupazionale». Da quanto è emerso, sembra prevalere la tesi espressa di recente da Benedetto Vigna, ad di Ferrari, secondo cui, come storicamente provato, «per portare a termine una transizione occorrono decenni e non pochi anni come nella visione Ue».

Un accenno alla stretta Euro 7 sulle emissioni, bocciata da Italia e Francia, lo ha fatto, sempre a Trento, il ministro Adolfo Urso: «Un progetto irrealizzabile».

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