Politica economica

Frena l'inflazione Usa ma c'è il nodo del lavoro. Oggi la stretta della Fed

Prezzi +7,1%, le Borse accelerano. Biden: "Salari saliti più dei prezzi, serve tempo"

Frena l'inflazione Usa ma c'è il nodo del lavoro. Oggi la stretta della Fed

Si fa presto dire addio, a veder già i titoli di coda scorrere sugli schermi. E infatti il «goodbye inflation» è stato ieri a Wall Street una hit virale durato quanto la vita di un moscerino. Giusto il tempo di uno scatto in avanti non appena è arrivata la notizia del raffreddamento superiore alle attese in novembre dei prezzi al consumo, saliti dello 0,1% mensile e scesi, su base annua, al 7,1% dal precedente 7,3%. Merito dell'andazzo deflazionistico dei costi energetici (-1,6%) e di quello delle auto usate (-2,9%) che ha diluito la spinte a salire che ancora provengono dal settore dei servizi e in particolare dagli affitti. I rincari dei prezzi delle pigioni dovrebbero essere un elemento di preoccupazione, poiché, a differenza di quelli del carrello della spesa, una volta preso l'ascensore tendono a mantenersi elevati e a non scendere.

Ma forse non è stato questo il motivo del cambio di umore della Borsa Usa (Dow Jones invariato a un'ora dalla chiusura, Nasdaq da +3 a +0,3%, mentre Milano ha guadagnato l'1,37% e l'EuroStoxx600 l'1,14%). Con l'inflazione ai minimi da un anno, oggi la Federal Reserve deciderà di limitare a mezzo punto il rialzo dei tassi. Tutto piuttosto scontato, a differenza di ciò che potrebbe accadere domani in casa Bce, dove un giro di vite da tre quarti di punto non è da escludere. Il focus è se nei mesi a venire Jerome Powell, capo di Eccles Building, eviterà di usare il pugno di ferro. Le aspettative sono ora orientate verso una stretta complessiva non superiore ai 100 punti base che comprime al di sotto del 5% le stime sul cosiddetto pivot, cioè il livello terminale degli irrigidimenti monetari. Ma questa speranza dovrà però essere corroborata dai «dot plot», i «pallini» che graficamente indicheranno l'evoluzione del costo del denaro nel 2023 secondo i vari membri del Fomc. Qualche sorpresa sgradita potrebbe arrivare proprio da lì. La cautela è quindi d'obbligo.

Anche perché proprio Powell ha di recente sottolineato come un elemento importante nel determinare le future mosse di politica monetaria sarà l'analisi dell'inflazione dei servizi. E questo versante, dove i prezzi sono cresciuti del 7,3%, preoccupa «Jay». Inoltre, c'è un fenomeno che disturba i falchi della banca centrale: è l'andamento del mercato del lavoro, ancora resiliente (a parte il comparto hi-tech, il cui peso specifico sull'occupazione è marginale) malgrado più di un indicatore macro abbia già segnalato una contrazione del ciclo economico. E un motivo c'è. A indicarlo, seppur del tutto involontariamente, è stato ieri il presidente della Casa Bianca, Joe Biden: «Negli ultimi mesi i salari sono saliti più dei prezzi: ci vorrà del tempo per far calare l'inflazione a livelli normali, ma quello che è chiaro è che il piano economico sta funzionando». In realtà, qualcosa non funziona, visto che la dinamica salariale è connessa a una penuria di manodopera. Chi vuole assumere, deve offrire più della concorrenza. Così, l'impressione è che la Fed non abbandonerà la postura rigida prima di aver visto crescere il tasso di disoccupazione.

Anche se ciò dovesse costare all'America una recessione severa.

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