Sarà un duello all'ultimo sangue quello che si terrà a Trieste il 29 aprile per il rinnovo del cda di Generali tra l'attuale ad Philippe Donnet, sostenuto dalla lista del cda voluta da Mediobanca (17,2% dei diritti di voto), e il responsabile dell'Europa centrale e orientale Luciano Cirinà, candidato alla guida del Leone da Francesco Gaetano Caltagirone (ufficialmente all'8%). Nessun colpo è escluso tra ricorsi e veleni incrociati. Ma, nonostante i milioni già spesi per predisporre le armi, la battaglia per conquistare Generali resta aperta. Ago dell bilancia i fondi che complessivamente controllano il 35,11% del big delle polizze che ha 710 miliardi di asset in gestione.
Tutto sta quindi a capire da che parte si schiereranno gli investitori istituzionali: tra Mediobanca, storicamente legata a doppio filo con il Leone (la partecipazione in Generali vale da sola la metà della capitalizzazione di Piazzetta Cuccia) e Caltagirone che gode dell'appoggio di Leonardo Del Vecchio (6,6%) e di Fondazione Crt (all'1,7%). E, soprattutto, quali sono gli aspetti su cui i fondi assegneranno punti ai due contendenti: rendimenti, prospettive di crescita o tematiche Esg? Nel frattempo, Piazza Affari si prepara al rush finale di un duello divenuto ancora più avvincente da quando Caltagirone ha scelto come propri campioni Claudio Costamagna, ex Goldman Sachs, e appunto Cirinà per battersi con Donnet. Manager dall'esperienza ultratrentennale in Generali e per giunta triestino di nascita, Cirinà ha concorso con l'ad del Leone anche nel preparare l'ultimo piano industriale presentato a dicembre.
Donnet, ex dirigente Axa sbarcato a Trieste nel 2013 come numero uno di Generali Italia, parte dai sei anni alla guida del Leone in cui ha gestito il turnaround aziendale e raggiunto i target promessi. Cirinà è invece in Generali dal 1989 e dal 2013 guida le attività della compagnia assicurativa nell'Europa centrale e orientale, una delle aree più redditizie (vale circa il 15% del risultato operativo del gruppo).
La capacità di garantire un elevato rendimento appare l'arma principale di Donnet verso i fondi, per cui risulta fondamentale assicurarsi una retribuzione del capitale investito interessante e prevedibile nel tempo. Il manager italo-francese da marzo 2016 ha staccato un assegno di quasi 9 miliardi agli azionisti di Generali (comprese le cedole sul 2021 distribuite a maggio) e tra il 2022-2024 ha promesso tra i 5,2 e i 5,6 miliardi di dividendi cumulativi. Anche Cirinà probabilmente si giocherà la carta della retribuzione degli azionisti e potrebbe poi spingere sulla valorizzazione dell'asset management, del business immobiliare oltreché di Banca Generali; tutte attività con multipli più elevati rispetto al business assicurativo. Differenze maggiori tra le due strategie, potrebbero però emergere nel lungo termine: toccherà ai fondi scegliere se proseguire con la crescita graduale, ponderata e poggiata su esborsi sotto controllo finora gestita da Donnet o invece completare il grande salto dimensionale del Leone, come hanno già ventilato Caltagirone e Del Vecchio
In ultimo, gli istituzionali drovanno scegliere tra un piano già analizzato nei dettagli e un progetto nuovo, con tempi di
riflessione più stretti. Il piano del tandem Caltagirone-Cirinà dovrebbe infatti essere presentato venerdì. Il duello è insomma tra chi ha sparato per primo e chi avrà l'ultima parola che potrebbe «silenziare» l'avversario.
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