Economia

La botta sulla benzina: ecco che cosa rischiamo

Coldiretti e Codacons continuano a lanciare l'allarme: "L'85% dei trasporti commerciali avviene per strada". Oltre all'impennata dei prezzi di benzina e gasolio, salgono anche i costi di alcuni beni di consumo

La botta sulla benzina: cosa rischiamo

Non si arresta la corsa dei prezzi del carburante, che continuano inesorabilmente a salire: stando alle ultime rilevazioni del Mise, infatti, la media nazionale della benzina sarebbe ormai arrivata a 1,649 euro al litro, mentre il gasolio ad 1,507 euro al litro. Una spesa non da poco che non riguarda soltanto gli automobilisti, ma anche i consumatori, dato che ciò andrà ad incidere sul costo dei beni di consumo.

L'aumento dei prezzi

Si tratta di una situazione che impensierisce Coldiretti, che lancia ancora una volta l'allarme: "In un Paese come l'Italia dove 1'85% dei trasporti commerciali avviene per strada il record dei prezzi dei carburanti ha un effetto valanga sulla spesa con un aumento dei costi di trasporto oltre che di quelli energetici", è quanto dichiara l'associazione, come riportato da Il Tempo. E ancora: "L'aumento è destinato a contagiare l'intera economia perché se salgono i prezzi del carburante si riduce il potere di acquisto degli italiani che hanno meno risorse da destinare ai consumi. Gli effetti si fanno sentire dalla spesa quotidiana alle vacanze con l'aumento dei costi per i trasferimenti per l'esodo estivo". A gonfiarsi a causa dell'aumento del carburante, il costo di alimenti freschi come frutta e verdura, formaggi e carne.

Preoccupazione anche da parte del Codacons, che pensa alle famiglie: "Una corsa senza sosta che determina una stangata in continuo aumento, e che raggiunge 295 euro annui a famiglia, solo per i maggiori costi di rifornimento".

Lo stallo dell'Opec

Dal mese di gennaio 2021, i prezzi del carburante non hanno fatto altro che salire, aumentando del 14%. Complice anche lo stallo di Opec+ (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) nei confronti di Emirati Arabi e Arabia Saudita. Al momento, infatti, non si è ancora trovato un accordo su eventuali aumenti di produzione, mentre l'Eia (Agenzia internazionale per l'energia) ritiene che il deficit dell'offerta possa addirittura crescere entro la fine dell'anno, provocando un'ulteriore impennata dei prezzi del petrolio. Questa situazione di impasse si è indubbiamente presentata nel momento peggiore, soprattutto perché l'aumento dei costi potrebbe far salire l'inflazione, portandola ad un livello tale da mettere a repentaglio la crescita di tutti i Paesi.

Secondo Claudio Spinaci, presidente della Unem (Unione energie per la mobilità), a far impennare i prezzi del petrolio sono "l'aumento del greggio per 3,7 miliardi e la ripresa dei consumi per altri 1,2 miliardi".

La richiesta su mercato

Per soddisfare la domanda mondiale di energia nel 2021 è prevista una richiesta di petrolio pari al 30%. Si attesta invece al 26% la domanda di carbone, ed al 23% quella di gas naturale. E la richiesta su mercato continua a salire.

"La vera sfida è quella di riuscire a gestire la transizione verso altre fonti evitando contraccolpi pericolosi", ha spiegato a LiberoQuotidiano Claudio Spinaci. "Chi considera gli idrocarburi fossili superati e ritiene che non vi sia più la necessità di investire in questo settore, come sembra suggerire il recente rapporto Net Zero by 2050 dell'Agenzia internazionale per l'energia, non considera il rischio che ciò deflagri in una pesante crisi energetica. Si tratta di un rischio reale come dimostrano anche i recenti aumenti dei prezzi del greggio, tornati sui massimi da 7 anni, che possono trasformarsi in un serio ostacolo sulla via della ripresa".

Attenzione, dunque, alla lotta portata avanti per sostenere il famoso Green deal europeo.

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