Economia

L'ottica, ma non solo: i numeri dell'impero di Leonardo Del Vecchio

Luxottica, impero mondiale dell'ottica, le partecipazioni in Unicredit, Mediobanca e Generali, le sfide aperte per il futuro con Zuckerberg lasciate agli eredi: viaggio nel mondo di Leonardo Del Vecchio

L'impero di Leonardo Del Vecchio: tutti i business del re dell'ottica

Il capitalismo italiano industriale ha, con Leonardo Del Vecchio, perso il suo "imperatore". Morto a 87 anni nella giornata odierna, il fondatore di Luxottica ha costruito, a partire dal piccolo polo di Agordo, una rete imprenditoriale che ha portato il suo gruppo a controllare una quota importante della catena del valore del settore dell'ottica e, negli ultimi anni della sua vita, è stato protagonista del gioco finanziario del sistema-Paese.

Luxottica, il cuore dell'impero

Il cuore dell'impero da cui Del Vecchio ha costruito la sua scalata è naturalmente Luxottica. Fondata nel 1961 nel cuore del polo dell'ottica del bellunese, l'azienda ha completamente rivoluzionato il settore su scala globale. Del Vecchio, scomparso a 87 anni, l'ha accompagnata nell'intero processo di crescita. Nata come contoterzista, che produceva montature per altre ditte, è poi cresciuta fino a diventare una compagnia a forte integrazione verticale.

Luxottica, in altre parole, si è occupata sempre di più dell'intero processo di creazione e assemblaggio del prodotto, fino alla sua commercializzazione. Ma, soprattutto, con la scalata ai grandi marchi (come Ray-Ban) e gli accordi conclusi con i grandi attori della moda, Del Vecchio, nato a Milano e capace di trovare nelle valli venete il suo El Dorado, ha rivoluzionato la percezione di mercato degli occhiali da vista e da sole, trasformandoli in oggetti capaci di una loro valorizzazione identitaria, quasi più accessorio che rimedio ai deficit visivi. La crescita dimensionale completata nel 2017-2019 con la fusione con la francese Essilor, leader mondiale delle lenti, ha completato la crescita nella catena del valore, andata di pari passo con l'ascesa borsistica. Luxottica si quotò nel 1990 a New York, nel 2008 a Piazza Affari e, assieme a Essilor, nel 2019 a Parigi.

EssilorLuxottica, secondo i dati depositati nel bilancio 2021, ha registrato nello scorso esercizio un fatturato di 21,4 miliardi, in crescita del 20% rispetto al 2019 pre-pandemia e del 40% rispetto al 2020 con il contributo del gruppo acquisito GrandVision, mentre i ricavi sono a 17,8 miliardi escludendo tale contributo. Tra i suoi azionisti si segnalano i nomi più importanti del capitalismo globale: BlackRock, ad esempio, ha il 2,58% e Vanguard l'1,85; il 52% del capitale è in mano al mercato ma la quota più importante di tutte, il 31,39%, è in mano a Delfin, la finanziaria di Del Vecchio, che l'uomo a lungo classificatosi tra i più ricchi d'Italia controllava per il 25%, mentre i sei figli detenevano all'ultima rilevazione il 12,5% ciascuno. Secondo i dati più recenti che IlGiornale.it, Del Vecchio tramite il suo impero lascia al momento della morte partecipazioni e controlli in 552 società diverse, molte delle quali (da Omega Glasses a Oakley) legate a Luxottica, ma capaci di espandersi anche oltre.

La diversificazione secondo Del Vecchio

La diversificazione del business di Del Vecchio è iniziata negli Anni Novanta, nel pieno della partita per le privatizzazioni dell'apparato industriale a partecipazione pubblica che vide l'imprenditore dell'ottica alleato ad altri attori di primo piano. In alleanza con i Benetton, Del Vecchio acquistò nel 1995 la Sme (Società Meridionale di Elettricità, un tempo parte gruppo Iri), che nel 1993 aveva avviato i franchising Supermercati Gs e Autogrill. Cinque anni dopo uscì con una netta plusvalenza; la diversificazione è proseguita poi fino ai giorni nostri.

Al 24 giugno, Del Vecchio possedeva in particolar modo il 27,3% della società immobiliare Covivio, operante nel settore degli hotel di lusso, il 13% della compagnia aerea lussemburghese Luxair, e soprattutto importanti partecipazioni nei mondi più importanti del capitalismo finanziario nazionale.

Delfin è azionista per l'1,93% del capitale sociale di Unicredit, seconda banca nazionale dopo Intesa-San Paolo di cui detiene la quinta quota maggiore per dimensioni, ed è protagonista sull'asse Milano-Trieste con Mediobanca e Generali. Al 24 giugno Del Vecchio era il primo azionista individuale in Piazzetta Cuccia (19,4% delle quote) sommando le quote di Delfin e quelle detenute personalmente. In Generali, invece, ove Piazzetta Cuccia col 12,78% del capitale è il primo azionista, Del Vecchio con un investimento complessivo di tre miliardi di euro risultava terzo con il 9,82%, poco dopo Francesco Gaetano Caltagirone (9,95%) e sopra i Benetton, quarti col 4,75%.

Mediobanca-Generali e Zuckerberg: le ultime partite di Del Vecchio

Proprio sull'asse con Caltagirone e Benetton Del Vecchio ha, nelle scorse settimane, combattuto l'ultima battaglia: la sfida per il controllo del consiglio di amministrazione di Generali, persa contro Piazzetta Cuccia che ha messo all'angolo il suo principale azionista difendendo in asse con i fondi internazionali la posizione dell'ad uscente Philippe Donnet.

Del Vecchio, nelle ultime settimane, era impegnato a preparare la battaglia del 2023 per portare la guerra direttamente in Piazzetta Cuccia: l'imprenditore che ha portato la piccola provincia bellunese a essere capitale mondiale dell'ottica aveva in mente di restaurare il "salotto buono" nella nativa Milano, saldando il polo tra Mediobanca e Generali, ovvero tra la prima banca d'affari nazionale e l'unico gruppo privato delle assicurazioni italiane dotato di proiezione internazionale, alla sua predominante posizione nel settore di riferimento. Una sfida rinnovata, quella portata da Del Vecchio e Caltagirone in primis, contro lo stesso scorrere del tempo che ha visto un imprenditore conscio dei meccanismi di funzionamento del mercato globale mettersi, riavvolgendo le lancette di una storia che ha contribuito a scrivere, contro i colossi della finanza globale da lui tollerati come partner ma mai amati fino in fondo. Un obiettivo imponente, forse troppo ambizioso di fronte a un asse Milano-Trieste saldatosi in nome del predominio del mercato sul capitalismo di relazione, stranamente cavalcato nell'ultima fase della sua vita da Del Vecchio che ad esso, durante la sua lunga e rampante carriera, ha sempre opposto logiche più dinamiche.

L'ultima partita, quella di cui Del Vecchio non vedrà la conclusione, era stata però aperta in uno degli ultimi incontri pubblici e riguardava il core business del suo impero, l'ottica: a inizio maggio, infatti, Del Vecchio ha incontrato il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, che giunto a Milano ha voluto compiere due soli incontri di peso: quello con l'imperatore dell'ottica e quello col premier Mario Draghi. Sul campo, l'interesse di Zuckerberg per la tecnologia di EssilorLuxottica nel settore di riferimento, che l'imprenditore di Menlo Park vorrebbe saldare a quella di Facebook per sviluppare un'alleanza in grado di portare avanti, curando tecnologia e design, i dispositivi per la connessione al Metaverso.

Ultima frontiera dell'impero che starà agli eredi di Del Vecchio esplorare.

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