Jay Powell non può ancora vestire i panni dell'umarèll. Non è ancora tempo da pensionati con la fregola del consiglio non richiesto. C'è ancora del lavoro da fare nel cantiere in cui si lotta contro l'inflazione. I prezzi al consumo negli Usa in gennaio sono scesi sì al 6,4% annuo dal 6,5% del mese prima, ma a un ritmo non soddisfacente e superiore alle attese. Il dato mensile ha inoltre mostrato un aumento dello 0,5% dopo la frenata di dicembre. Wall Street (-1% a un'ora dalla chiusura) non ha gradito. Ieri le aspettative dei mercati sulla traiettoria dei tassi si sono infatti spostate sul lato più hawkish, con il punto oltre il quale i tassi smetteranno di salire alzato fino al 5,23%. In sostanza, gli investitori non escludono la possibilità di una maggiore aggressività da parte della Fed, anche se resta probabile per marzo una stretta limitata a un quarto di punto che porterebbe il costo del denaro al 4,75-5%. L'incognita è quando la banca centrale Usa comincerà a tagliare il costo del denaro. Al momento, nessuno azzarda una data.
Prima di arrivare al traguardo, quel processo disinflazionistico di cui il capo della Fed ha di recente parlato richiede del resto i tempi della maratona, non quelli della corsa rapida. Serve pazienza. E osservare ciò che ti circonda. Lì a Eccles Building hanno l'occhio lungo sull'inflazione dei servizi di base, però depurata da due componenti come gli affitti e l'energia che possono distorcere la percezione su come stanno realmente le cose. Ebbene, qui non è che si vedano poi segnali di arrendevolezza del carovita. A dimostrazione che l'inflazione non è trainata solo dalle voci più volatili, ma si è allargata all'intero paniere. Proprio quel paniere di cui il Bureau of labour statistics ha di recente cambiato l'attribuzione dei pesi delle singole voci. Ad alcuni componenti, come gli affitti, è stata assegnata una ponderazione maggiore, mentre ad altri, tipo il cibo e l'energia, ora hanno un'influenza leggermente inferiore. I ricalcoli del Bls hanno portato a una revisione al rialzo di circa lo 0,1% dei prezzi degli ultimi mesi.
Ciò che pare assodato è che l'istituto di Washington, nonostante gli otto rialzi dei tassi decisi dal marzo dello scorso anno, sta faticando a far ripiegare la testa ai prezzi anche a causa di un mercato del lavoro ancora molto teso, come dimostrano i 517mila nuovi posti di lavoro creati in gennaio, con il tasso di disoccupazione sceso al mimino storico del 3,4%. Di fatto, una crescita salariale ancora robusta genera una forte spesa per i consumi che a sua volta esercita pressioni sui prezzi.
In assenza di mutamenti sostanziali sul fronte dell'occupazione, nei prossimi mesi la Fed ha davanti una sola strada: continuare a irrigidire la politica monetaria. In perfetta sintonia con la Casa Bianca: Joe Biden ha infatti scelto come suo principale consigliere economico la numero due della Fed, Lael Brainard.
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