Economia

Da Stellantis 2,5 miliardi sulla Gigafactory in Italia

Pronto l'investimento per Termoli, stretta finale sulla quota del governo. E si riparla di incentivi

Da Stellantis 2,5 miliardi sulla Gigafactory in Italia

Ammonterebbe a 2,5 miliardi l'investimento di Stellantis per la realizzazione, a Termoli (Campobasso), della terza Gigafactory europea. Secondo indiscrezioni, inoltre, i colloqui tra gli emissari dell'ad Carlos Tavares e il governo sarebbero a un punto decisivo. Si tratta, infatti, su peso ed entità del contributo governativo. Nei giorni scorsi lo stesso Tavares ha visitato l'impiano molisano, senza però far trapelare novità concrete sulla Gigafactory, allarmando così i sindacati. A gettare acqua sul fuoco è così intervenuto Xavier Chéreau, capo globale delle risorse umane di Stellantis, che dalle pagine de La Stampa, quotidiano edito da Gedi (Exor), ha affermato che «l'Italia rappresenta un pilastro fondamentale per la strategia del gruppo», che «dei 300 accordi siglati nel mondo, 90 riguardano l'Italia» e, su Termoli, che «la Gigafactory è una grande opportunità di competitività e sviluppo per il Paese». A proposito degli alti costi di produzione nella Penisola, aspetto rimarcato da Tavares, «penso - ha spiegato Chéreau - che il problema stia nell'organizzazione del lavoro».

Tutti temi sui quali il presidente di Stellantis, John Elkann, e il premier Mario Draghi avrebbero discusso nel recente incontro proprio per sciogliere gli ultimi nodi (l'entità dell'intervento del governo) prima della firma dell'accordo sulla Gigafactory. Coinvolti, ovviamente, sono i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Daniele Franco (Finanze). A loro spetta anche il compito di accelerare il varo di piano nazionale dedicato all'automotive in funzione della transizione energetica in corso: iniziative concrete in vista degli anni in cui la svolta green dovrebbe assumere più forza, cioè dal 2024 in avanti. «L'importante - dice una fonte - è che passi la linea del provvedimento unico e omnicomprensivo».

Da parte sua, Ferdinando Uliano (Fim-Cisl) ricorda come, vista la volontà di Stellantis di arrivare, entro il 2030, al 70% di elettrico nelle produzioni per l'Europa e al 40% per gli Usa, «c'è l'urgenza di trovare garanzie per le prospettive future di oltre 7mila lavoratori in Italia del gruppo che operano sui motori tradizionali, numero che si raddoppia con l'indotto».

Una fonte, intanto, riferisce di nuovi incentivi che, chiuso il capitolo Quirinale, potrebbero prendere forma. «Ma oltre a favorire il mercato delle auto a zero e bassissime emissioni, è necessario creare le condizioni strutturali per svecchiare il parco circolante. E 300-400 milioni l'anno non bastano sicuramente a risolvere il problema».

Il governo è anche chiamato da Anfia (filiera italiana automotive) a intervenire con più forza contro il caro energia.

«È un paradosso - dice Roberto Vavassori, delegato per l'Energia - che a risultare avvantaggiati dalla situazione sono Paesi, anche europei, nostri concorrenti, che non hanno la stessa dipendenza dal gas dell'Italia, che paga, quindi, il suo essere più virtuosa come impatto ambientale».

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