Nuova manovra per tentare di bloccare l'operazione Tim-Kkr e quindi riscrivere il destino della rete. Ieri sul tavolo della società di tlc è giunta una proposta alternativa alla cessione dell'infrastruttura al fondo americano da parte di Merlyn Partners, in rappresentanza di un gruppo di soci con quote inferiori al 3%. Sotto il profilo industriale, l'idea è creare una rete nazionale unica, inclusa quindi Open Fiber, sotto il controllo di Cdp. Sarebbero, invece, cedute la parte consumer e Tim Brasil.
A firmare la lunga lettera è il fondatore di Merlyn, Alessandro Barnaba, ma anche una vecchia conoscenza di Tim: Stefano Siragusa. L'ex direttore generale del gruppo, uscito dalla società nell'estate dello scorso anno, è la mente che ha redatto un piano industriale totalmente alternativo a quello dell'ad Pietro Labriola. Di cui «TimValue», così è chiamato il veicolo di Merlyn, chiede la rimozione «e di intraprendere tutte le azioni necessarie per cooptare» Siragusa nel cda e «nominarlo nuovo ceo di Tim».
Il progetto si prefigge di mantenere la rete «in mani italiane per promuovere l'innovazione, la digitalizzazione del nostro Paese e garantire l'esecuzione del Pnrr». Non solo il piano alternativo, secondo i suoi proponenti, «crea valore per tutti gli azionisti» e una volta attuato riporterebbe il prezzo delle azioni a 1 euro, consentendo di reintrodurre la distribuzione del dividendo. Il piano, al quale sembra abbia lavorato anche Roberto Sambuco (advisor del fondo Macquarie), conclude annunciando che il fondo Merlyn è pronto a salire «leggermente al di sopra» del 5% di Tim. Va precisato, tuttavia, che fonti di mercato sostengono che il pacchetto del 3% sia costituito essenzialmente con derivati.
Ieri in Borsa Tim ha chiuso invariato a 24 centesimi, per nulla turbato dalla novità, sulla quale la Consob avrebbe comunque già acceso un faro. E in serata si è appreso che allo scopo di rendere problematico il voto del cda sul foto Kkr, Vivendi potrebbe dare la propria disponibilità ad appoggiare la proposta di Merlyn.
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