Economia

Unicredit-Mps, non è ancora finita

Bene i titoli in Borsa sulle voci di un estremo tentativo. La Fabi: "Intesa possibile"

Unicredit-Mps, non è ancora finita

La partita tra Unicredit e il Tesoro su Mps (di cui il Mef ha in mano il 64% del capitale) potrebbe non essere definitivamente chiusa, nonostante la rottura formale ufficializzata domenica sera. Lo spera la Fabi, lo sussurrano voci di corridoio, mentre i broker tornano a considerare ipotesi di nozze. E lo si vede in Borsa dove i titoli coinvolti hanno ripreso quota: Unicredit ha chiuso la seduta a 11,5 euro in rialzo dell'1,4%, Mps ha riconquistato gli 1,06 euro (+1,4%), alla vigilia di quello che, almeno in teoria, si preannuncia un altro Natale di fuoco per portare in sicurezza Rocca Salimbeni e calendarizzare l'uscita dello Stato prevista entro fine anno dagli accordi sottoscritti con la Commissione Europea. Intanto ieri da Bruxelles, con cui Roma sta trattando per ottenere più tempo per risolvere il caso senese, sono arrivate due risposte sibilline: da un lato si sottolinea la «responsabilità degli Stati membri a rispettare gli impegni» e il fatto che «l'Italia debba essere all'altezza degli impegni presi», in un momento delicato visto l'avvio del Pnrr, dall'altro si ricorda che «il termine (per la privatizzazione ndr) non è ancora scaduto». Insomma, una soluzione si può e si deve trovare.

La proroga e l'inevitabile iniezione di capitale potrebbe poi implicare la condivisione degli oneri per gli obbligazionisti, nonostante Roma voglia a tutti costi evitare una simile eventualità con una operazione di mercato. Non sarebbe indolore neppure l'intervento della Bce che, chiamata a pronunciarsi sul piano «stand alone» di Monte Paschi, potrebbe chiedere un rafforzamento di capitale molto più corposo di quello finora preventivato (anche 5 miliardi rispetto ai 2,5 miliardi previsti) e, come teme Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, una drastica «cura dimagrante dei dipendenti di Mps». Per questo Sileoni, intervenendo su Radio Rai Uno, punta a una ripresa delle trattative che superi, con un accordo politico, la frattura. «Credo che si cerchi di prendere tempo: le parti dovranno incontrarsi perché secondo me ci sono le condizioni per poter arrivare, in qualche modo, a un accordo».

Unicredit da sempre è stata considerata la partner ideale per Mps. E la stessa Rocca Salimbeni continua a rappresentare per la banca guidata da Andrea Orcel la strada più facilmente percorribile per quel salto dimensionale che farebbe riagganciare al gruppo le posizioni rispetto alla rivale Intesa Sanpaolo, ponendo magari le basi, a Roma, per discutere dell'acquisizione della preda più ambita: il Banco Bpm.

Nel frattempo, i due ad rivolgono parole di apprezzamento sull'operazione nelle rispettive lettere ai dipendenti. Guido Bastianini, a capo della banca toscana, ha parlato di «entusiasmo sulle ipotesi di lavoro che presentavano aspetti di rilievo». Per Orcel invece si tratta di «un'occasione per creare valore aggiunto per Unicredit».

Maggiori dettagli potrebbero emergere nei prossimi giorni: il 28 ottobre Unicredit presenta la trimestrale, il 4 novembre è la volta di Mps, mentre l'8 novembre Bastianini e Orcel sono convocati in audizione presso la Commissione bicamerale.

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