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Alexa a pagamento? La novità di Amazon: cosa cambia

Per monetizzare Alexa, Amazon prevede di introdurre funzionalità avanzate disponibili a chi pagherà un abbonamento. I test sono già entrati nel vivo ma i problemi sono molti e vanno ricercati alle origini dell’assistente personale

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Amazon sta studiando funzionalità avanzate per il proprio assistente intelligente Alexa. La notizia sarebbe bella se non fosse che tali capacità verranno messe a disposizione di chi è disposto a pagare per usarle. Un’idea che appare balzana per diversi motivi, non ultimo quelli di tipo pratico.

Dal punto di vista prettamente aziendale, Alexa appare essere in crisi, tant’è che Amazon si è a lungo interrogata sul destino del proprio assistente intelligente, cercando persino di scaricare le responsabilità sugli utenti che, secondo l’azienda fondata da Jeff Bezos, non saprebbero farne uso.

Un’analisi certamente corretta che però ha una genesi un po’ più complessa.

L’abbonamento per usare Alexa

Amazon ha già coinvolto alcune migliaia di utenti per testare Alexa Plus, il servizio a pagamento che dovrebbe migliorare le prestazioni dell’assistente intelligente. Tuttavia, i problemi non mancano e per capirlo occorre fare un passo indietro.

Oggi Alexa ha un’utilità pratica se associata a dispositivi intelligenti. Accendere e spegnere le luci, impostare il riscaldamento, ascoltare musica o le news possono sembrare vezzi per pigri (e, forse, in parte lo sono) ma assumono un senso laddove soddisfano un reale bisogno come, per esempio, dare supporto a chi ha problemi di deambulazione. Casi limite e rari rispetto alla base utenti totale, certo, ma di indubbia utilità.

Quando è confrontata con domande più generiche e che esulano dal mero controllo di dispositivi, Alexa è persino snervante, tra domande non comprese e risposte non allineate alle richieste. Quando riesce a rispondere agli utenti lo fa consultando il web, cosa limitante in un momento storico in cui le Intelligenze artificiali generative riescono a fare molto meglio.

Così Amazon vuole fare un passo avanti sulla scorta dei progressi compiuti da ChatGPT, Copilot o Perplexity e offrire agli utenti un’esperienza più avvolgente e dinamica sia nel cercare informazioni sia nella gestione dei dispositivi connessi, permettendo di creare scenari da attivare al presentarsi di circostanze specifiche.

Per esempio, Alexa potrebbe spegnere le luci quando l’illuminazione naturale della stanza lo permette oppure disattivare un elettrodomestico potenzialmente pericoloso quando in casa non c’è nessuno o ci sono dei minori senza adulti.

Tuttavia, i test non stanno dando risultati positivi. I dipendenti Amazon che stanno lavorando al progetto Alexa Plus sono confrontati con problemi rilevanti, tant’è che l’assistente digitale fornirebbe risposte ampollose e imprecise. Sono gli stessi dipendenti a chiedere ad Amazon di ritardare l’entrata in commercio di Alexa Plus, convinti che pochi utenti sarebbero disposti a pagare per un servizio di bassa qualità.

L’annosa faccenda del linguaggio naturale

Le Intelligenze artificiali generative sono interfacce tra l’uomo e la macchina capaci di comprendere il linguaggio naturale. In altre parole, “capiscono” ciò che l’utente sta dicendo loro e si comportano di conseguenza.

Allo stato attuale Alexa è fallace e un uso più performante è possibile quasi esclusivamente utilizzando le Skill, ossia piccole applicazioni create dagli utenti per soddisfare una propria necessità (anche ludica). Creare una Skill non è cosa complicato ma non è cosa da tutti e, in ogni caso, toglie quell’immediatezza che le Intelligente artificiali generative invece garantiscono.

Scaricare sugli utenti la macchinosità delle logiche di Alexa è un atteggiamento poco propizio: è vero che gli utenti ne fanno un uso limitato, è anche vero che farne un uso più evoluto non è spontaneo e immediato.

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