Cancro alla prostata: attenzione a questi sintomi. Come riconoscerli e cure

Diagnosticato all'ex presidente americano Joe Biden una forma aggressiva di cancro alla prostata. Di cosa si tratta, i sintomi, chi è a rischio, la prevenzione e le cure

Cancro alla prostata: attenzione a questi sintomi. Come riconoscerli e cure

A Joe Biden, ex presidente degli Stati Uniti, è stato recentemente diagnosticata una forma particolarmente aggressiva di cancro alla prostata. Nonostante i regolari e approfonditi controlli medici, la malattia si è sviluppata senza essere rilevata.

Quando Biden ha iniziato a manifestare disturbi urinari persistenti, un'ecografia ha rivelato un "piccolo nodulo" sulla prostata. Successivamente questo è stato diagnosticato come un cancro altamente invasivo, con le cellule tumorali che si erano già diffuse alle ossa. Questo caso solleva anche interrogativi, visto che le linee guida consigliano a tutti gli uomini sopra i 50 anni di sottoporsi a esami periodici per monitorare la salute della prostata.

Cosa è il cancro alla prostata

È originato dalle cellule della ghiandola prostatica, che cominciano a crescere in modo incontrollato. La prostata, esclusiva degli uomini, si trova davanti al retto e ha il compito di produrre una parte del liquido seminale rilasciato durante l’eiaculazione. In condizioni normali, è grande all'incirca come una noce, ma con l'avanzare dell’età o a causa di alcune patologie, può ingrossarsi, causando disturbi, soprattutto a livello urinario. Questa ghiandola è particolarmente sensibile agli ormoni, in particolare al testosterone, che ne regolano e influenzano la crescita.

La diffusione

In Italia, il cancro alla prostata è il tumore più comune tra gli uomini, rappresentando il 18,5% di tutte le diagnosi di tumore maschile. Nel 2020, sono stati registrati circa 36.074 nuovi casi a livello nazionale. Nonostante l'alta incidenza, il rischio di esito fatale è relativamente basso, specialmente se la malattia viene diagnosticata e trattata tempestivamente. Tra il 2015 e il 2020, i tassi di mortalità sono diminuiti del 15,6%.

I dati indicano anche un alto tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, con circa il 92% dei pazienti ancora in vita, una percentuale tra le più alte per i tumori, considerando anche l'età media avanzata dei malati. Negli ultimi dieci anni, l'incidenza del cancro alla prostata, ovvero il numero di nuovi casi registrati in un determinato periodo, è aumentata. Questo aumento è stato accompagnato dalla diffusione di esami come il test PSA (antigene prostatico specifico), che, pur non essendo sempre decisivi, hanno contribuito alla diagnosi precoce della malattia.

Chi è a rischio

Uno dei principali fattori di rischio per il cancro alla prostata è l'età: prima dei 40 anni, il rischio di sviluppare la malattia è minimo, ma aumenta significativamente dopo i 50 anni, con circa due tumori su tre diagnosticati in uomini sopra i 65 anni. Un altro aspetto fondamentale è la familiarità: chi ha un parente di primo grado (padre, fratello, ecc.) con una storia di tumore alla prostata ha il doppio delle probabilità di ammalarsi rispetto a chi non ha casi familiari.

Anche alcune mutazioni genetiche, come quelle nei geni BRCA1 e BRCA2 (già coinvolti nei tumori al seno e all'ovaio) o la Sindrome di Lynch (che aumenta il rischio di tumore del colon non poliposico ereditario, HNPCC), possono elevare il rischio di sviluppare il cancro alla prostata. Inoltre, fattori legati allo stile di vita, come una dieta ricca di grassi saturi, obesità e la mancanza di attività fisica, sono sempre più riconosciuti come fattori che contribuiscono allo sviluppo e alla progressione della malattia, soprattutto nei paesi occidentali.

Varie tipologie

La prostata è composta da diversi tipi di cellule, ognuna delle quali può trasformarsi in cellule cancerose. La maggior parte dei tumori prostatici diagnosticati ha origine dalle cellule della ghiandola, e per questo motivo sono classificati come adenocarcinomi (tumori che derivano dalle cellule di una ghiandola). Oltre all'adenocarcinoma, nella prostata possono raramente svilupparsi anche sarcomi, carcinomi a piccole cellule e carcinomi a cellule di transizione.

Tuttavia, le patologie benigne della prostata, che si manifestano più frequentemente dopo i 50 anni, sono molto più comuni dei carcinomi. Queste condizioni talvolta causano sintomi che potrebbero essere confusi con quelli di un tumore. Un esempio è l'iperplasia prostatica benigna, in cui la parte centrale della prostata si ingrossa. Questo aumento di volume comprime l'uretra, il canale che trasporta l'urina dalla vescica all'esterno, creando difficoltà nel flusso urinario.

Sintomi

Nelle fasi iniziali, il cancro alla prostata di solito non provoca sintomi evidenti. Viene spesso diagnosticato durante una visita urologica, che include l’esplorazione rettale e il controllo del PSA tramite un prelievo di sangue. Con la crescita del tumore, possono comparire sintomi urinari, come difficoltà a urinare (specialmente all'inizio), bisogno frequente di urinare, dolore durante la minzione, presenza di sangue nelle urine o nello sperma, e la sensazione di non riuscire a svuotare completamente la vescica.

Tuttavia, molti di questi sintomi possono essere legati a patologie prostatiche benigne, come l'iperplasia. In ogni caso, è importante consultare il medico o uno specialista urologo per determinare se sono necessari esami aggiuntivi per una diagnosi più approfondita.

Prevenzione

Non esiste una prevenzione primaria specifica per il tumore alla prostata, ma ci sono alcune buone abitudini quotidiane che possono ridurre il rischio. È consigliabile aumentare il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e ridurre quello di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta, e di alimenti ricchi di grassi saturi. Inoltre, è importante mantenere un peso sano e praticare regolarmente attività fisica: basta anche solo mezz'ora al giorno, come una camminata a passo sostenuto, per migliorare la salute generale. La prevenzione secondaria prevede di rivolgersi al medico e, se si ha una storia familiare di cancro alla prostata o si manifestano sintomi urinari, sottoporsi annualmente a una visita urologica.

Cura

Oggi esistono diversi trattamenti per il cancro alla prostata, ciascuno con benefici e potenziali effetti collaterali. La scelta della terapia dipende da una valutazione approfondita delle caratteristiche del paziente (età, aspettativa di vita, ecc.) e della malattia (tipo, stadio, livello di rischio), con l'obiettivo di adattare la strategia terapeutica alle esigenze individuali, anche tenendo conto delle preferenze del paziente.

In alcuni casi, soprattutto per i pazienti più anziani o con altre patologie gravi, si può decidere di non intraprendere alcun trattamento immediato, optando per una "vigile attesa" (watchful waiting), che implica monitorare la malattia senza trattamenti fino alla comparsa di sintomi. Per i pazienti con tumore a basso rischio, esiste l'opzione della "sorveglianza attiva", che prevede controlli periodici (PSA, esame rettale, biopsia) per monitorare l'evoluzione della malattia, rinviando il trattamento finché non diventi necessario.

Quando si opta per un trattamento attivo, la chirurgia radicale è spesso la scelta principale. La prostatectomia radicale, che prevede la rimozione totale della prostata e dei linfonodi circostanti, è considerata curativa se il tumore è confinato alla prostata. L'intervento può essere effettuato tramite chirurgia tradizionale o con l'ausilio della robotica, che negli ultimi anni ha mostrato risultati simili a quelli della chirurgia classica. In Italia, l'uso dei robot chirurgici è in espansione e ha dimostrato esiti comparabili a quelli della prostatectomia tradizionale.

Nei tumori in stadio avanzato, la chirurgia da sola non è sempre sufficiente, e si ricorre spesso a trattamenti aggiuntivi come la radioterapia o la terapia ormonale. La radioterapia esterna è efficace nei tumori a basso rischio, con risultati paragonabili a quelli della prostatectomia radicale. Un'altra opzione è la brachiterapia, che implica l'inserimento di "semi" radioattivi direttamente nella prostata, con esiti simili alla radioterapia esterna nei tumori a basso rischio.

Nei casi di tumore metastatico, la chemioterapia non è il trattamento di prima linea, e la terapia ormonale (deprivazione androgenica) è preferita. Questa terapia riduce i livelli di testosterone, che stimola la crescita del cancro, ma può causare effetti collaterali come perdita del desiderio sessuale, impotenza, vampate di calore, aumento di peso, osteoporosi e affaticamento.

Per i pazienti con carcinoma prostatico avanzato resistente alla castrazione, nuove terapie ormonali stanno emergendo come opzioni combinabili con la terapia ormonale tradizionale. Alcuni di questi trattamenti sono in fase di approvazione in Italia. La chemioterapia con docetaxel, una terapia endovenosa, è indicata per i pazienti con metastasi diffuse.

Nel caso di carcinoma prostatico resistente alla castrazione con metastasi ossee, la terapia radiometabolica, che utilizza radiofarmaci come il radio-223, può essere impiegata per distruggere le cellule tumorali nelle ossa. Altre terapie promettenti, come gli inibitori di PARP, sono efficaci in pazienti con mutazioni nei geni BRCA, implicati anche nei tumori al seno e alle ovaie. Inoltre, la nuova terapia radiometabolica con 177Lu-PSMA-617 sta mostrando risultati positivi.

Sebbene l'immunoterapia non abbia ancora raggiunto prove definitive di efficacia, recenti studi suggeriscono che possa diventare una terapia importante in combinazione con altre, specialmente per i pazienti resistenti alle terapie convenzionali. (Fonte Airc)

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