Finanza sostenibile

Pmi e finanza sostenibile: un connubio inevitabile?

La finanza sostenibile sta scalando sempre di più il mondo delle Pmi: vediamo dove si possono creare sinergie

Le Pmi alla sfida della finanza sostenibile

L'importanza della finanza sostenibile e dei parametri Esg per la valutazione dei rendimenti economici di un'impresa o un settore nel campo, recentemente codificata in campo europeo con la Tassonomia green, è di cruciale importanza anche per le piccole e medie imprese (Pmi), che in un contesto come quello italiano sono una platea fondamentale del settore economico.

In quest'ottica, le Pmi si trovano di fronte a una triplice sfida:

  • la finanza sostenibile del mondo Esg individua una serie di settori cui garantire finanziamenti privilegiati per il combinato disposto tra gli effetti sulla crescita e gli impatti ambientali o sociali positivi, garantendo dunque opportunità di crescita notevoli;
  • al contempo, però, necessita da parte dei riceventi le offerte e gli investimenti un preciso screening sulla loro aderenza ai parametri che impone oneri gestionali molto spesso eccessivi per le Pmi;
  • infine, offre una cultura moderna sul modo di fare impresa e relazionarla col mercato dei capitali che può tanto garantire innovazione quanto scontrarsi con meccanismi consolidati.

Tutti e questi tre punti di attenzione vanno vagliati con attenzione, ma non bisogna sottovalutare come le tecniche della finanza sostenibile e i fondi legati a parametri Esg possono rappresentare un volano di crescita economica e, dunque, di valorizzazione del ruolo sociale del risparmio, come ricordato a ilGiornale.it dall'economista Ugo Biggeri, presidente di Etica Sgr. Le grandi imprese che hanno importanti obblighi di rendicontazione sul fronte Esg hanno già le strutture per consolidare il rapporto tra obblighi normativi, obiettivi strategici, analisi delle decisioni aziendali e pianificazione dell’attività. Per i grandi contractor dei settori, nota Pmi.it, "la vera sfida è coinvolgere le PMI di filiera nel processo di misurazione, trasparenza e comunicazione della sostenibilità, facendo da catalizzatore e guida". La prima possibilità che una grande impresa ha per potenziare in tal senso la sua filiera è trasmettere le migliori pratiche di rendicontazione alle Pmi della sua galassia, garantendole una maggiore capacità di copertura di tali parametri: "Il reporting non finanziario costituisce in questo senso un utile strumento. Coinvolgere la filiera per la richiesta di informazioni porta con sé anche una naturale azione di sensibilizzazione e informazione alle PMI sui temi della sostenibilità".

C'è poi per le Pmi la prospettiva di capire il valore delle filiere legate alla transizione energetica e agli ambiti di interesse della finanza sostenibile per catturarne parte della quota di valore aggiunto da esse generato. Il "padre" della responsabilità sociale d'impresa elevata a filosofia gestionale, John Elkington, negli Anni Novanta coniò l'asse delle tre P: Profit, People e Planet. Tre obiettivi da valorizzare assieme e che nella piccola e media impresa possono coesistere. Il profitto è da intendersi, nota a Il Sole 24 Ore Pier Paolo Baldi, componente Esg del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, come obiettivo di ampio respiro: "La sostenibilità deve essere prima di tutto finanziaria ed economica e le aziende devono sviluppare modelli di business che prediligano la creazione di valore nel lungo termine, contro l’obiettivo di utili a breve". Le Pmi hanno le prospettive di uscire dal circolo vizioso del volere tutto e subito, ponendosi come fautrici di un modello di capitalismo sostenibile in prospettiva. "People" indica il fattore umano, il potenziamento delle capacità della Pmi di evolvere le sue logiche in funzione delle necessità di dipendenti e portatori d'interesse. Planet è, chiaramente, una vocazione alla sostenibilità ma anche all'internazionalizzazione, all'espansione del modello virtuoso in nuovi mercati. Questo perché corollario diretto dell'ingresso della finanza sostenibile nelle Pmi è uno stimolo crescente alla loro inevitabile lievitazione dimensionale, da conseguire attraverso l'ingresso di capitali freschi e la creazione di valore in settori di frontiera.

La Pmi può essere dunque il centro d'interesse di ogni filiera che voglia rafforzare il suo indice di sostenibilità facendolo convivere con l'interesse all'aumento del valore economico. E può anche rappresentare il target, il minimo comune denominatore, per strategie di investimento finanziarie pubbliche e private che vogliano consolidare il connubio tra Esg e crescita. Ne è un esempio la Push Strategy di Sace, lanciata nel 2017 al fine di facilitare l'export delle piccole e medie imprese esportatrici italiane nelle catene di fornitura di grandi corporate estere e che ha interessato investimenti nell'agricoltura per Pmi operanti in Brasile, nel Food&Beverage in Vietnam, nel chimico e nell'industria dei componenti in Cina. O le nuove strategie congiunte di Cassa Depositi e Prestiti e Banco Bpm, dal valore di 300 milioni di euro, che verranno dirette su progetti focalizzati sull'efficientamento energetico delle imprese, sulle iniziative di "green financing", su finanziamenti finalizzati a migliorare la classificazione energetica degli immobili, su investimenti sostenibili che rispettino i criteri imposti dalla tassonomia europea. A cui si aggiungono piani messi in campo da molti big privati del sistema-Paese: Unicredit, Intesa, Mediobanca per fare alcuni nomi. La Pmi è il faro dell'economia italiana. Adattarla al mondo significa anche adattarla al mondo Esg in forma virtuosa.

E se questo può consolidare la crescita del sistema nel suo complesso, si potrà compiere un'opera di modernizzazione importante in un contesto ancora oggi frenato da molte rigidità e dallo scarso connubio tra capitali ed impresa reale.

Commenti