«Io per età sono figlio dei 78 giri ma, perbacco, lunga vita al vinile!». Parola di Renzo Arbore, uno dei più grandi appassionati e collezionisti di dischi e dintorni. Il papà dell'Orchestra Italiana, jazzman e showman di razza, è un fanatico del long playing e del 45 giri.
Che cos'è per lei il vinile?
«Il supporto che ha cambiato la storia e ha lanciato la canzone. Prima c'erano l'opera, o la romanza, che occupavano per intero la facciata A e B dei 78 giri. Poi, coi 3 minuti del 45 giri, si è definita la lunghezza della canzone».
Come spiega la rinascita del vinile?
«Il vinile non è mai morto, ma ora ha più successo che mai perché ha un suono più naturale e più umano rispetto al cd. Non ci sono più quei fastidiosi fruscii, il suono è pulitissimo, e con la sua normalità ha surclassato la rivoluzione digitale».
Quali sono in assoluto i dischi più rari sul mercato?
«Beh, i primi che sono usciti sul mercato, il primissimo fu A risa di Bernardo Cantalamessa, che credo sia il primo vinile, uscito nel 1895, e quelli del commendator Rodolfo De Angelis, cantautore futurista (e amico di Marinetti e compagnia) che ha scritto circa 400 canzoni comiche e buffe. Io ne ho alcune, ironiche, graffianti e attualissime come Ma cos'è questa crisi, Quando c'era Mussolini o Sanzionami questo, ricca di doppi sensi. La collezione completa dei dischi di De Angelis la possiede la Discoteca di Stato, di cui sono Presidente, che sta curando anche l'archivio completo della canzone napoletana».
È fondamentale, il lavoro della Discoteca di Stato...
«Sì, sarebbe un paradiso per i collezionisti perché è una raccolta di tesori inestimabili. Pensi che raccoglie i dischi di tutte le canzoni del festival di Sanremo dalla prima edizione... E poi i vecchi dischi hanno un'importanza fondamentale per un altro motivo».
Quale?
«Servono a inserire la canzone italiana nella cultura popolare. Io mi batto perché diventi materia scolastica, accanto alla poesia io vedo i testi di Paoli, Modugno, De André, Battisti. Brani come Bocca di rosa, Nuvolari, le canzoni di Mia Martini. Nessuno, nemmeno il film, ha descritto la tragedia del Titanic come Francesco De Gregori nella sua canzone, e anche questo singolo ormai è un pezzo da collezione. Alcune frasi delle canzoni sono entrate nel linguaggio popolare, come lo scopriremo solo vivendo».
Insomma le canzoni volano alto?
«Ci sono canzonette stagionali e canzoni opere d'arte come quelle di Dalla, Tenco e compagnia che non possono certo essere paragonate a Vamos a la playa. Non lo dico da snob, perché anch'io ho inciso delle canzoncine, ma è un dato di fatto».
Ci vogliono tanti soldi per collezionare il vinile?
«Alcuni album costano diverse migliaia di lire. Mi vengono in mente il primo lp di Domenico Modugno o il primo di Patty Pravo. Sono rare anche canzoni come Una rondine al nido o Ramona. Questi brani sono stati riscoperti soprattutto dai jazzisti. Ricordo Natalino Otto che univa jazz e canzone».
Chi sono i più grandi collezionisti?
«Il grande esperto è Giulio Cesare Ricci, ingegnere del suono, che mi convinse a incidere due long playing ora piuttosto rari: Vinil Arbore e Renzo Arbore Swing. Un altro grande collezionista è il chitarrista e banjoista, nonché anima dei Gufi, Lino Patruno. Lo invidio perché possiede una copia di Livery Stable Blues, il primo disco di jazz, non a caso inciso da un italiano: Nick LaRocca. Anche il successivo Tiger Rag è molto raro e prezioso».
Quali sono stati i suoi primi dischi?
«Naturalmente i dischi di mio padre, quindi anche molta opera e musica classica. Ma lui era anche appassionato di blues e jazz, quindi sono rimasto affascinato da Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald: il loro album insieme in versione originale, ad esempio, è un pezzo prelibato».
Quale futuro c'è per il vinile?
«Beh, lo vedo roseo, è tornato completamente di moda.
Magari non si vendono tanti vinili, ma quelli che vengono stampati vanno tutti esauriti, non rimangono scorte. A Roma poi c'è una discoteca che si chiama Vinile frequentatissima dai ballerini e dagli appassionati di dischi, di jazz e di swing».
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