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Depressione, combatterla ripristinando il ritmo cerebrale

Gli scienziati hanno scoperto che esiste una connessione tra una regione cerebrale, quella del bulbo olfattivo, e la depressione

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In Italia interessa il 10-15% della popolazione, in particolar modo il sesso femminile. Stiamo parlando della depressione, ovvero una patologia psichiatrica caratterizzata dalla presenza costante di umore triste e vuoto. Ad esso si associa una sintomatologia cognitiva e fisica anche marcata. Le manifestazioni cognitive includono le problematiche di memoria e di concentrazione, la scarsa autostima e la presenza di sensi di colpa immotivati. Sono sintomi fisici la tachicardia, la nausea, la sudorazione, l'algia addominale, i dolori muscolari e articolari.

Il termine depressione è generico. Da un punto di vista medico si distinguono diverse tipologie:

  • Disturbo depressivo maggiore;
  • Disturbo distimico;
  • Disturbo bipolare;
  • Disturbo depressivo post partum.

La gentilezza fa bene alla salute psicofisica. Infatti gli scienziati della Ohio State University hanno scoperto che le persone affette da depressione constatano un miglioramento della sintomatologia quando compiono buone azioni nei confronti del prossimo. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

Le cause della depressione

Sono tre i fattori che incidono sull'insorgenza della depressione:

  • Fattori biologici: spesso il disturbo è l'esito di alterazioni a carico degli ormoni, del sistema immunitario e dei neurotrasmettitori, in particolare della serotonina;
  • Fattori genetici: i familiari di primo grado di individui affetti dalla malattia hanno una probabilità di soffrire della stessa da due a quattro volte maggiore rispetto alle persone sane;
  • Fattori sociali e psicologici: alcune situazioni come i lutti, le separazioni, i conflitti familiari, i cambiamenti di lavoro, di città e di amicizie possono spianare la strada alla malattia.

Gli scienziati della Johns Hopkins Medicine hanno scoperto una particolare cellula immunitaria intestinale che influisce sul microbiota intestinale. Quest'ultimo, a sua volta, può interagire con le funzioni cerebrali legate a disturbi indotti dallo stress come la depressione. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

La depressione e il ritmo cerebrale

I ricercatori della NYU Grossman School of Medicine e dell'Università di Szeged (Ungheria) hanno scoperto che il ripristino di determinati segnali in una regione del cervello che elabora gli odori contrasta la depressione. Lo studio, pubblicato su Neuron, focalizza l'attenzione sui neuroni che emettono segnali elettrici per trasmettere informazioni. Negli ultimi anni si è giunti alla conclusione che una comunicazione efficace tra le aree cerebrali è possibile se i neuroni alternano periodi di silenzio a periodi di attività.

Uno di questi ritmi, noto come "gamma", si ripete circa 30 volte o più in un secondo ed è un importante modello di temporizzazione per la codifica di informazioni complesse, incluse ipoteticamente anche le emozioni. Sebbene le cause rimangano ancora sconosciute, è stato notato che la depressione provoca dei cambiamenti nelle oscillazioni del ritmo gamma. Inoltre la malattia sembra agire sulle regioni del cervello che gestiscono l'olfatto e che sono altresì legate alle emozioni. Tali zone includono il bulbo olfattivo adiacente alla cavità nasale che si pensa sia una fonte e un conduttore di oscillazioni gamma a livello cerebrale.

Lo studio

Secondo una precedente teoria la depressione non sorge a livello del bulbo olfattivo ma prende l'avvio a partire dai cambiamenti dei suoi modelli gamma in uscita verso altri bersagli cerebrali. La rimozione del bulbo olfattivo rappresenta un modello animale vecchio per lo studio della patologia, ma tale strategia provoca danni strutturali che possono impedire agli scienziati di comprendere i meccanismi del disturbo.

Per ovviare a tale inconveniente, il team ha progettato un metodo reversibile a partire da un singolo filamento ingegnerizzato di DNA incapsulato in un virus innocuo. Questo, nel momento in cui è stato iniettato nei neuroni dei bulbi olfattivi dei topi, ha innescato la costruzione di determinati recettori proteici sulle superfici delle cellule.

Ciò ha consentito agli studiosi di iniettare ai roditori un farmaco che, benchè si sia diffuso in tutto il corpo, ha solo spento i neuroni nel bulbo olfattivo. In tal modo è stato possibile interrompere in maniera selettiva e reversibile la comunicazione tra le regioni cerebrali associate al bulbo olfattivo. La soppressione cronica dei segnali olfattivi e del ritmo gamma ha "cancellato" i sintomi depressivi non solo durante l'intervento, ma anche nei giorni seguenti. La scoperta fa ben sperare.

Ora sono necessari ulteriori approfondimenti.

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