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5 G, l'ex grillina Mirella Liuzzi nominata consulente di Huawei

La grillina Mirella Liuzzi, ex sottosegretaria al ministero dello Sviluppo Economico con delega alle telecomunicazione nel Conte-bis, è stata assunta da Huawei, il colosso cinese che si occupa del 5 G

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Consulente strategica per i progetti di marketing e di comunicazione per l’Europa. Questo, secondo quanto rivela l'HuffPost, è l'incarico per il quale l'ex deputata M5S, Mirella Liuzzi è stata assunta da Huawei.

Liuzzi, 39 anni, originaria della provincia di Matera, ha alle spalle due legislature come deputata ma ha concluso l'esperienza politica in Parlamento. Tra il 2013 e il 2018 è stata membro della commissione di Vigilanza Rai e segretaria della commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni. Nel biennio 2019-2021, poi, è stata anche sottosegretaria al ministero dello Sviluppo Economico con delega alle telecomunicazione nel secondo governo Conte quando il grillini Stefano Patuanelli era titolare del Mise.

Al ministero prese il posto di Michele Geraci, il grillino teorico della Nuova via della Seta, il piano attraverso cui la Cina intende creare una nuova rotta commerciale con l'Europa attraverso vari investimenti nei settori del trasporto, dell'energia e delle telecomunicazioni. Fu Geraci, ricorda l'HuffPost, a negoziare il memorandum da cui l'Italia, per volontà del governo Meloni, è definitivamente uscita nel dicembre scorso. Nel frattempo resta viva la competizione tra Stati Uniti e Cina nel cruciale settore delle comunicazioni. Gli Usa temono che la propria sicurezza nazionale sia in pericolo a causa dei cyberattacchi, visto e considerato che Huawei, in quanto fornitore per il 5G, potrebbe passare i dati in suo possesso al governo cinese. Una preoccupazione che è stata espressa anche dalla Commissione europea nel 2020.

Nel corso del suo mandato da sottosegretaria Liuzzi adottava una linea politica sul 5G contraria alle indicazioni della Commissione Ue e degli Usa e, quindi, non prevedeva l’esclusione preventiva di Huawei dall’elenco dei possibili fornitori. Secondo Liuzzi l’Italia doveva dar seguito “ai nuovi driver di sviluppo assicurando, al contempo, i più elevati standard di sicurezza cibernetica, senza tener fuori dalla porta nessuno in via preventiva. Proprio per questo - affermava in un’intervista al Sole 24 Ore-Radiocor -ci siamo dotati di una struttura normativa avanzata e all’avanguardia in Europa, la disciplina del golden power italiano, strumento voluto dal governo per far fronte a questi rischi e che dovrà orientare le nostre azioni”. A usare il golden power contro Huawei, però, non fu il governo Conte-bis, ma quello guidato da Mario Draghi che, il 28 settembre 2022, quando il Consiglio dei ministri deliberò l’esercizio dei poteri speciali per il Piano Annuale 5G di Tim e Vodafone. Quel provvedimento prevedeva “una progressiva uscita di scena del fornitore cinese Huawei, in considerazione di potenziali rischi per la cybersicurezza”.

Come ha avuto modo di spiegare l'ex segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, il piano cinese della Belt and Road Initiative (BRI) pone molti rischi. "Dall'Africa all'Indo-Pacifico fino all'Europa, il PCC ha utilizzato questo programma sia per espandere i mercati esteri per le aziende cinesi sia come mezzo per attirare le nazioni e in particolare le loro élite nell'orbita geopolitica di Pechino", ha scritto proprio sul Giornale Pompeo. Accordi che, spesso, sono a favore esclusivo di Pechino e stretti con la promessa di massici investimenti.

In realtà, però, la Belt and Road Initiative, secondo Pompeo si è rivelata solo come una serie di "trappole del debito, costruzioni pericolosamente imperfette e promesse non mantenute".

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