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Caso Di Cesare, FdI chiede la radiazione. Ed è guerra dei manifesti alla Sapienza

I collettivi con la docente che ha celebrato la Balzerani. Azione universitaria attacca. Il partito della premier: "Non può insegnare". La Lega: "Si dimetta o va licenziata"

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No, condividere la «rivoluzione» con una brigatista non è conciliabile con l'insegnamento. Anche se quella «solidarietà» voleva essere solo «generazionale». Lo ribadisce con forza il centrodestra, compresa Azione universitaria, movimento vicino a Fdi, che all'Università La Sapienza ha replicato alla solidarietà dei collettivi a Di Cesare. La professoressa e filosofa è stata elevata a icona dagli antagonisti rossi che sui muri dell'Ateneo hanno affisso un manifesto. «Contro la censura di Stato», si legge, «libertà di espressione nelle Università, solidarietà con la professoressa Di Cesare».

Riavvolgiamo il nastro per un attimo, per capire qualche «perché». L'insegnante di Filosofia teoretica, appresa la notizia della morte di Barbara Balzerani, scrive via social un post di commiato per la «compagna Luna». La Sapienza avvia un iter di valutazione al suo interno. Il ministro dell'Università Anna Maria Bernini viene informata. Balzerani è stata una brigatista rossa. Anzi, è stata al vertice delle Br poco prima della parziale sparizione dalle cronache dell'organizzazione. Eppure,

nonostante le condanne, la latitanza, le responsabilità giudiziarie e morali nella storia di questo Paese, c'è chi - Di Cesare per l'appunto - ci tiene ad associare la sua rivoluzione a quella della «Primula rossa», salvo rimuovere il post. Dopo l'avvio della procedura universitaria, spunta il primo fatto a mano. Quello firmato con la stella nera a cinque punte, simbologia anarchica. Scontato il ringraziamento della docente via social, che condisce il tutto con una foto di un manifestino. Au risponde subito ai collettivi. «Di Cesare vergogna, la violenza si combatte, non si commemora», affermano sui muri gli universitari vicini al centrodestra.

La guerra dei manifesti a La Sapienza assume subito valore nazionale. Ma il dibattito che interessa i partiti è soprattutto sul destino cattedratico dell'insegnante. Il deputato di Fdi Fabio Roscani e il presidente nazionale di Au Nicola D'Ambrosio esprimono una posizione chiara: «Non c'è limite alle inquietanti posizioni della docente. Non può e non deve esserci spazio per chi difende il terrorismo armato, ancora meno all'interno delle università, luoghi dove colleghi della professoressa sono stati uccisi a sangue freddo». Sergio Rastrelli, senatore meloniano, domanda la radiazione della professoressa.

Stesso punto di vista di un altro senatore di Fdi, De Priamo. La richiesta di radiazione è arrivata anche sulle pagine dal Giornale. È stato Luca Tarantelli, figlio dell'economista ucciso proprio nel parcheggio della Sapienza dalle Br, a domandare la radiazione della Di Cesare, attraverso un'intervista.

La sinistra, questa volta, in parte stupisce. Angelo Bonelli, leader dei Verdi, definisce «incommentabile» il post della filosofa. «Di Cesare se la vedrà con la rettrice Polimeni ma francamente una docente che insegna all'Università non può scrivere una cosa così». Difficile sostenere qualunque altro argomento. E Bonelli fa eccezione rispetto ai molti silenzi del «campo largo» sulla vicenda. Anche la Lega, col parlamentare Iezzi, ha domandato le dimissioni volontarie della Di Cesare o il licenziamento.

Il centrodestra ha un'idea chiara: chi la pensa così, non può stare in cattedra.

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