Qatargate

"Le dissero di dichiararsi colpevole". L'avvocato di Eva Kaili contro i giudici

L'avvocato di Eva Kaili lancia una nuova accusa alla magistratura belga: "Le hanno proposto di dichiararsi colpevole per essere scarcerata e poter riabbraciare sua figlia"

"Le dissero di dichiararsi colpevole". L'avvocato di Eva Kaili contro i giudici

L’avvocato di Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo coinvolta nell’inchiesta ribattezzata Qatargate, non è disposto a scendere a compromessi con la magistratura belga. Dopo la denuncia di presunte "torture medievali” a danno della sua cliente, dopo aver posto l’attenzione sui metodi del magistrato “sceriffo” Michel Claise, oggi arriva un’ultima e pesante accusa. “Dal primo momento hanno proposto ad Eva Kaili di dichiararsi colpevole per essere scarcerata e così poter finalmente riabbracciare sua figlia”. Un do ut des che, se confermato, non avrebbe nulla che vedere con i principi dello stato di diritto.

Il legale accusa la procura di Bruxelles

L’eurodeputata greca del Pasok, il partito socialista ellenico, si è sempre professata innocente. È dello stesso avviso il legale, che da qualche giorno sta imbastendo una strategia difensiva a suon di accuse rivolte alla magistratura belga. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, l’avvocato di Eva Kaili, Michalis Dimitrakopoulos, avrebbe lanciato un’ultima offensiva: “Hanno proposto ad Eva Kaili di dichiararsi colpevole per essere scarcerata e così poter riabbracciare sua figlia”. Non è la prima volta che l’avvocato denuncia le pressioni della magistratura sulla figlia di appena due anni per ottenere in cambio un’ammissione dalla madre. “Nonostante il fatto che stare lontana dalla sua bambina sia la più grande tortura psicologica, lei non ha accettato di confessare qualcosa che non ha fatto”. Secondo il legale, l’ex vicepresidente dell’Eurocamera “non vuole che sua figlia erediti lo stigma di una madre che è stata una donna politica corrotta, perché non è vero”.

L’avvocato rimanda al mittente ogni tipo di accusa: “Eva Kaili ha dato battaglia nella Camera di Consiglio pronunciando con dignità parole chiare e fornendo argomenti concreti per essere rimessa in libertà”. Se da un lato è opportuno denunciare le presunte interferenze politiche nel Parlamento europeo e verificare i fenomeni di corruzione, dall’altro bisogna essere intransigenti sui metodi, veri o presunti, della magistratura belga. Al momento, sia ben chiaro, siamo solo al rimpallo di accuse. Ma se il modus operandi degli inquirenti volto ad estorcere informazioni dagli eurodeputati dovesse realmente superare i limiti dello stato di diritto, come viene denunciato dal legale di Eva Kaili, il danno sarebbe doppio.

"Eva Kaili torturata come nel Medioevo"

E questa non è che l’ultima di una serie di accuse lanciate dall’avvocato greco. Giovedì scorso i giudici della Camera di Consiglio di Bruxelles hanno confermato la misura cautela per Eva Kaili, che dovrà restare nel carcere di Haren, nella periferia nord-orientale di Bruxelles, dove si trova dal 9 dicembre scorso con l’accusa di corruzione.

Uscendo dall’aula Michalis Dimitrakopoulos aveva parlato di “torture medievali” a danno della sua cliente. “Per sedici ore è stata in una cella della polizia, non in prigione, e al freddo”. Lo scenario si fa via via più inquietante: “La luce è stata accesa in continuazione, non ha potuto dormire. Era indisposta, con un abbondante sanguinamento, senza potersi lavare”. “Questa è tortura”, il grido d’allarme dell’avvocato.

Il "no comment" della Commisione europea

Nei giorni scorsi è arrivata la risposta, o meglio, la non risposta della Commissione europea sulle accuse di tortura mosse dai legali della politica greca. “La Commissione europea non può prendere posizione sui singoli casi” ha evidenziato il portavoce dell’esecutivo Ue, Eric Mamer, rispondendo a una domanda dei giornalisti. Il portavoce Ue responsabile per la Giustizia, Christian Wigand, ha provato a spezzare il “no comment” della Commissione e ha aggiunto: “È sempre importante garantire condizioni di detenzione in linea con i diritti fondamentali dell’Ue”.

Il legale dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo vuole andare fino in fondo e preannuncia un ricorso alla Corte suprema: “La prossima settimana faremo un ricorso alla Corte suprema. Quando qualcuno viene arrestato è immediatamente protetto dalla legge.

Mi chiedo se sia stato così anche a Bruxelles?”.

Commenti