Elezioni Regionali 2023

"Inadatti", "Ci porteranno al collasso". I gufi catastrofisti smentiti alle urne

I risultati del voto smontano la narrazione della sinistra contro un governo autoritario e fascista. È l’opposizione a finire a pezzi

"Inadatti", "Ci porteranno al collasso". I gufi catastrofisti smentiti alle urne

Vincono. Anzi, stravincono con distacchi epici, da ciclismo d’altri tempi. No, l’apocalisse del centrodestra non c’è stata. Rinviata a data da destinarsi, anche se, a leggere profezie e previsioni, pareva una questione di settimane se non di giorni.
La destra autoritaria e pure fascista è un pericolo e andrà fatalmente in cortocircuito con l’Europa, la destra ha una matrice orbaniana che la porterà a sbattere, la destra scasserà i conti e sarà costretta a scappare, la destra è divisa su tutto e si affloscerà su se stessa.
La destra, il centrodestra, la coalizione.
Cento giorni dopo, i proclami di morte sono smentiti. Il futuro è un mistero, naturalmente, ma le analisi della vigilia sono carta straccia.
Ricordate?
Basta andare alla scorsa estate e ai ragionamenti dei vari leader su quel che sarebbe successo. Enrico Letta, ormai ai saluti finali, così vaticinava in un’intervista ad Avvenire: «La destra ci manda in bancarotta. Tutti ricordano il baratto del 2011, con il governo Berlusconi, e Tremonti e Meloni ne erano ministri, costretto a dimettersi perché il Paese era sull’orlo della bancarotta. Dieci anni dopo l’Italia è risanata. Ma loro si ripresentano, pronti per una nuova bancarotta».
In realtà, pur attraversando un periodo difficilissimo, l’Italia dà da segni sorprendenti di vitalità: i fondamentali meglio del previsto, la Borsa in territorio positivo, lo spread sotto controllo. E soprattutto Meloni non è in fuga, come un satrapo sudamericano, ma saldamente al suo posto.
Niente collasso. E nemmeno è in vista un’emergenza democratica, come da comizi ed editoriali letti nei mesi scorsi non si sa quante volte. Arrivano i fascisti, l’Europa è preoccupata e farà muro, la destra è unfit - per citare The Economist - e non può governare.
Ecco i titoli del 16 settembre, Huffington Post. Letta: «Salvini e Meloni inadeguati come premier occidentali. Vogliono imitare Orban. Quello che è successo a Strasburgo», con il voto contrario alla condanna dell’Ungheria, «è incompatibile con la guida di un grande Paese occidentale».
Semaforo rosso. Cammino sbarrato, ancor prima di partire. E invece si sono avviati e la premier ha premuto sul pedale dei consensi che sono aumentati, mentre il Pd è rimasto al palo. L’allarme è rientrato o è in naftalina, in attesa di tempi migliori.
Ed è andata fuori bersaglio pure la freccia che colpiva un altro punto infiammato: attenzione, la destra vuole sconvolgere la democrazia. E si spingerà nella terra proibita in cui non si può sconfinare. Non sono esagerazioni, ma quel che si ascoltava sempre a settembre. Il solito Letta tuonava, questa volta per fermare l’ascia dei barbari pronti a fare a pezzi la Costituzione. Sì, proprio così: «La destra potrebbe raggiungere il 70 per cento dei seggi, con evidente rischio di stravolgimento della democrazia del nostro Paese».
Certo, a settembre si era in piena campagna elettorale, con annessa ansia da prestazione, ma Letta e alcuni dei big, per fortuna non tutti, lanciavano alert su alert, dipingendo gli avversari come un manipolo di sovversivi che avrebbero attentato alle regole della vita civile, mettendosi fuorigioco da soli e condannandosi a tornare nei sottoscala della politica.
I fatti si sono svolti in altro modo: Meloni ha guadagnato prestigio nelle cancellerie, anche se restano i pregiudizi e l’ostilità strisciante di Macron, ma il diluvio non c’è stato e la Costituzione non è stata tagliata a pezzi, come si temeva immaginando scene di bassa macelleria istituzionale.
Niente di tutto questo. Insomma, il governo che sta sempre per cadere per ora resta su. «Sono divisi su tutto», titolava Repubblica a suo tempo, aprendo l’ennesimo fronte, quello delle gelosie, delle rivalità, degli sgambetti fra Berlusconi, Salvini e la Meloni. «La destra può stravincere le elezioni - titolava Domani alla vigilia del voto - ma poi perdere subito il governo».
Con la destra contro il centro, un leader contro l’altro, e tutti contro tutti per conquistare lo scettro. Dunque, un’armata Brancaleone sul punto di sfasciarsi in due o tre o chissà quanti tronconi, come un iceberg fuori controllo.
Almeno per ora, però, il film è un altro: è l’opposizione a correre in ordine sparso, mentre i tre capi del centrodestra salgono insieme sul palco, promettono unità e mietono consensi.


Il tonfo tanto atteso non si è sentito e la fine dell’esecutivo Meloni, data per imminente sin dal debutto, è ancora una pagina bianca sul calendario.

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