
Ma guardali qua. Figurati se mancavano all'appello di lanciare un appello.
A sinistra, in un vuoto di autorevolezza in cui i vecchi politici sono diventati ininfluenti e gli influencer sono ormai i nuovi intellettuali, ecco che per le grandi battaglie di principio si mobilita il mondo dello spettacolo: musica, talk e tv. E così, direttamente sui social della Cgil, cantanti e attori (senza sforzarsi troppo, diciamo il minimo sindacale...) stanno chiamando gli italiani a raccolta: «Andiamo a votare ai referendum dell'8 e 9 giugno sul lavoro e la cittadinanza». Tra i tanti testimonial abbiamo intravisto Noemi, Gaia, Leo Gassmann, Piero Pelù, Ottavia Piccolo, ma anche showgirl come Rula Jebreal o masterchef come Giorgio Locatelli... Tutta gente a proposito del referendum sul lavoro vestita con abiti e scarpe che sul cartellino del prezzo hanno scritto il nostro stipendio, ma che sono stati assemblati in uno scantinato da lavoratori senza diritti.
Il problema, parlando del mondo dello spettacolo, è che un giorno il circo finirà. Ma i clown resteranno.
Comunque. L'aspetto più tenero di tutta la faccenda e che si ripete a ogni attacco di appellite è che almeno i politici, nel momento in cui perdono la battaglia per cui si sono battuti, in qualche modo la pagano: se non in termini di consenso, di credibilità.
Gli artisti, invece, in qualsiasi modo finisca, beh... loro hanno pur sempre combattuto per una battaglia giusta. Senza fastidiosi problemi di consenso e con piacevoli ritorni di visibilità. Gente alla quale piace perdere facile, per vincere sempre.