Smentisce il Fatto Quotidiano, punto su punto. E annuncia azioni legali. Vittorio Sgarbi alza la voce, stavolta per stroncare le accuse che giornale diretto da Marco Travaglio gli aveva rivolto nei giorni scorsi. «È al governo e incassa cachet d'oro: la legge lo vieta», aveva titolato il foglio giustizialista, insinuando che il critico d'arte avesse un conflitto d'interessi tra i propri impegni istituzionali e quelli extra-governativi.
La replica del professore non s'è fatta attendere. «L'attività di conferenziere del sottosegretario alla cultura, così come la presentazione di libri, mostre e iniziative culturali di enti privati o pubblici, non è mai stata in conflitto d'interesse con i suoi compiti istituzionali, che sono quelli è bene ribadirlo della tutela e della conservazione dei beni culturali», ha precisato Sgarbi attraverso una nota del suo avvocato, Giampaolo Cicconi. «Non si capisce affatto, secondo l'arbitraria ricostruzione del Fatto, dove stia il conflitto d'interesse tra il ruolo di sottosegretario e la presentazione di una mostra su Andy Wharol (pagata da privati), una Lectio magistralis su Caravaggio (pagata da privati), la partecipazione a una mostra di artisti contemporanei (anch'essa pagata da privati) o uno spettacolo teatrale su Michelangelo (pagato da un Comune)», ha aggiunto il legale. Nella nota c'è pure una stoccata in stile sgarbiano al quotidiano di Travaglio, che aveva fatto le pulci a Vittorio pure per la sua presenza in giuria a Miss Italia. «Meraviglioso è pensare che vi sia incompatibilità () È uno scherzo? O è inopportuno per ragioni di prostata?». Poi la perentoria annotazione: «in nessuna circostanza» Sgarbi si è trovato in conflitto d'interesse con il suo ruolo istituzionale, tanto è vero che «l'AgCom, con provvedimento del 17 maggio 2023, ha ritenuto insussistente qualsivoglia incompatibilità» ai sensi ai sensi della legge n. 215/2004. Inoltre prosegue la nota - «mai nessun rimborso è stato chiesto dal sottosegretario, né dai collaboratori del suo ufficio per le iniziative di carattere non istituzionale, cosa facilmente riscontrabile dai documenti al ministero».
Secondo Sgarbi e il suo legale, il Fatto non avrebbe cercato gli opportuni riscontri alle notizie riportate e avrebbe invece preferito «amplificare (pur utilizzando il punto interrogativo, espediente retorico che non fa venir meno la
responsabilità per la correità di cui si è resi responsabili) quella che è una calunnia». Per questo motivo il critico d'arte ha annunciato di voler agire in sede civile contro il direttore, l'autore dell'articolo e l'editore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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