Si vive in un clima da Anni di Piombo

Quale colpa ha Ginevra? L'essere figlia di. Figlia di Meloni, colpevole di non pensarla alla stessa maniera in cui la pensa questo professore

Si vive in un clima da Anni di Piombo
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Gentile Direttore Feltri,
sono una docente delle scuole medie, mamma e da poco anche nonna di una bimba stupenda, che si chiama proprio Ginevra, e mi dico turbata dal pubblico augurio di morte che un mio collega, indegno di insegnare, ha rivolto alla figlia della premier Meloni. Persone di questa tipologia, che esprimono violenza e intolleranza, non hanno nulla da trasmettere ai nostri ragazzi. Bene che sia stato rimosso. E come lui tanti altri colleghi dovrebbero essere allontanati dalla scuola: il nostro compito non è addestrare i fanciulli mediante l'ideologia ma aiutarli a riflettere con la loro testa, rispettando innanzitutto il pensiero altrui.

Giovanna Esposito

Cara Giovanna,
non è la prima volta che membri del personale docente, i quali sono liberi di esprimere le loro opinioni e questo sia chiaro, rivolgono insulti gravi o auguri di morte alla premier Giorgia Meloni. E trovo che sia un fatto raccapricciante proprio perché, come tu sottolinei, la funzione fondamentale della scuola non è quella di imprimere concetti, formule, date e numeri, ma quella di educare al pensiero critico, ovvero alla libertà di pensiero e di parola, la quale implica innanzitutto, perché si realizzi, la capacità di accettare il punto di vista altrui pur non condividendolo. Questo professore è un fallimento vivente. Ha fallito come educatore, ha fallito come genitore, ha fallito come uomo e ha fallito come cittadino nel momento in cui, preda di un odio incontenibile, ha pubblicato su un social network un post in cui augurava alla figlia di Giorgia Meloni di subire il femminicidio, nello specifico, di essere assassinata mediante lapidazione, di essere presa a sassate. Qualcosa che non si può sperare per nessuno, ma tanto più non si può auspicare che una bimba patisca una atrocità simile. Quale colpa ha Ginevra? L'essere figlia di. Figlia di Meloni, colpevole di non pensarla alla stessa maniera in cui la pensa questo professore che, in virtù proprio delle sue opinioni, si considera «giusto» e vuole la morte per chi egli ritiene «sbagliato». Immagino che quest'uomo si definisca anche «antifascista», nonostante adoperi metodi squadristi. Non ho dubbio altresì che si dica «femminista», eppure il femminicidio lo incoraggia se la vittima è stata partorita da una donna che a lui non piace. Sono allo stesso modo certo che questo tizio si proclami «pacifista», tuttavia estrinseca pubblicamente livore e rabbia ed esorta all'odio ideologico e alla violenza attraverso la rete. E, in fondo, questo non è altro che il ritratto del progressista medio, quello che scende in strada per marciare contro il fascismo che non c'è se non dentro se stesso, quello che giustifica la ferocia se diretta contro quelli che vede come antagonisti politici, quello che «è bene appendere un fascista a testa in giù», quello che prova dispiacere per i bambini di Gaza ma che fa (o confida che venga fatto) della piccola Ginevra bersaglio di atti orribili, di acredine virtuale e di bullismo sul web, quello che crede di essere moralmente superiore a quanti non ne sposano le idee e, non in grado di accogliere idee avverse alle proprie, vuole annientare queste e pure chi ne è portatore.

Ammetto di essere preoccupato perché noto che la violenza della sinistra continua a crescere insieme al suo spirito innato di intolleranza. Forse sembro esagerato, ma ho già detto che avverto un clima da Anni di Piombo. Più la sinistra perde terreno politico e presa sugli elettori più ricorre con scioltezza e frequenza alla forza bruta, alla sopraffazione, all'accanimento rancoroso, come se per i sedicenti democratici l'unico modo per battere gli antagonisti sia quello di abbatterli.

E ciò che trovo più grave è che persino intellettuali e giornalisti adottino la logica doppiopesista, ovvero che giustifichino e minimizzino la violenza ove diretta contro persone di centrodestra, mentre sono pronti a stracciarsi le vesti e a urlare negli altri casi. Eppure la violenza non ha colore politico e andrebbe condannata sempre, senza ma e senza se.

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