"Sono stato linciato e non ho più retto". Crescono i dubbi sulla gravità del gesto

Addeo parla dal letto di ospedale. Ma l’atto estremo sembra un modo per sfilarsi dai guai: oggi la decisione sul licenziamento

"Sono stato linciato e non ho più retto". Crescono i dubbi sulla gravità del gesto
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Stefano Addeo è estremo, oltre che militante estremista. Ce ne eravamo resi conto dopo il suo post di odio gratuito contro la figlia della premier Meloni, ne avevamo avuto conferma scavando nel suo passato di leone da tastiera.

E lo abbiamo visto anche nel suo folle gesto di ieri: un tentato suicidio ingerendo barbiturici e alcol. Il prof è stato portato in pronto soccorso in codice rosso ma non ha mai perso i sensi, tanto che si è perfino rifiutato di sottoporsi alla lavanda gastrica. Probabilmente il suo cocktail alcolico a base di psicofarmaci si risolverà con una dormita di 12 ore e via. Non prima di aver parlato con la polizia. «La situazione era diventata insostenibile, non ho retto, sono stato linciato» dichiara lui dal letto di ospedale, con le flebo di fisiologica per «diluire» l'intossicazione. Non è pentito del plateale gesto, preannunciato alla preside della scuola superiore in cui insegna tedesco, a Cicciano (Nola).

Senza fare i maligni, ma il dubbio di una messa in scena viene. Se non altro, sarebbe in linea con il profilo del personaggio. Quale modo migliore per sfilarsi dalla gogna di critiche se non quello di trasformarsi nella vittima della storia? Il prof in effetti si era messo nei guai seri e il suo posto di lavoro era (ed è tuttora) seriamente a rischio: oggi si comincerà infatti a discutere sulle misure da adottare per punire il suo comportamento.

Augurare alla figlia della premier la stessa fine della ragazzina di 14 anni uccisa ad Afragola pochi giorni fa lo ha reso colpevole dell'odio più stupido, da mitomane. Sono intervenuti i ministri, il provveditore, il presidente della Repubblica. Lui - che aveva scritto il commento anti Meloni con la superficialità con cui già in passato aveva insultato i figli di Salvini e Tajani - si è sentito schiacciato nell'angolo, del tutto impreparato a pagare le conseguenze (reali) delle sue contestazioni social. Un leone da tastiera di 65 anni, nutrito di slogan e ideologia, messo improvvisamente in gabbia. Ha arrancato qualche scusa: «Ho generato il messaggio con l'intelligenza artificiale» ha detto sulle prime, quasi a voler incolpare ChatGpt e magari sollevare un caso nazionale contro le nuove tecnologie. Ma il tentativo, goffo, non ha fatto altro che renderlo ancora più attaccabile: possibile che un prof delle scuole superiori abbia bisogno dell'Ai per scrivere un post di quattro parole?

Poi ha tentato la via più sensata: chiedere scusa. Prima con una lettera, poi con il manifesto desiderio di volerlo fare di persona «guardando negli occhi la premier». Evidentemente la mossa non gli è sembrata abbastanza per muovere la pietà e ricevere il perdono. Allora eccolo ingerire il mix di farmaci e alcolici. Disperato più che pentito. Spaventato da quello che lui chiama un «accanimento» contro di lui. Improvvisamente il prof ha voluto raccontare il suo volto più fragile e vulnerabile. Eppure fino a pochi giorni fa il docente, militante della sinistra estrema, augurava la stessa sorte dei palestinesi a Gaza ai figli della Meloni, ancora una volta, e dei vicepremier: il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, tutti immortalati in immagini in cui stringevano la mano al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Scollata dai suoi attacchi sui social è la

giustificazione a posteriori del prof: «Odio ogni forma di violenza, amo gli animali, faccio volontariato. È stato un errore». Per rimediare a quell'errore, Addeo ne ha commessi altri, a catena, fino a giocare con la sua stessa vita.

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