«Certo, la minaccia atomica è solo a qualche passo. Ed è impossibile tradurla in una probabilità precisa. Ma una serie di elementi mi fanno pensare che non siamo di fronte a un pericolo immediato». Pavel Podvig, russo di Samara, è consulente dell'Unidir, l'Istituto dell'Onu per la ricerca sul disarmo con sede a Ginevra, e attraverso il suo blog, russiaforces.org, monitora l'armamento nucleare russo. Laureato in fisica all'Università di Mosca e Ph.D in Scienze politiche all'Istituto Imemo, sempre nella capitale russa, ha insegnato a Stanford e Princeton.
Quali sono i motivi del suo relativo ottimismo?
«Prima tutto la retorica usata fin qui dal Cremlino. Mosca ha inserito i riferimenti all'arma nucleare nel contesto del suo confronto di civiltà con l'Occidente e facendo riferimento alla dottrina nucleare russa definita negli ultimi anni. Che parla di attacco nucleare proveniente dall'esterno e di attacco convenzionale che costituisca una minaccia esistenziale. Di recente ha parlato anche di integrità territoriale, concetto più indefinito, ma non mi sembra che l'Ucraina possa per il momento rappresentare una minaccia di questo tipo. In più c'è un elemento ulteriore di cui tenere conto».
Quale?
«La bomba atomica, sia pure tattica, non serve dal punto di vista militare. Non serve a proteggere l'integrità del tuo territorio perché equivale a distruggerne una parte, non serve a favorire l'avanzata delle tue truppe che ne subirebbero le conseguenze. Può servire ad avere un effetto dimostrativo che causi uno choc nell'avversario in modo da indurlo a smettere di combattere. Ma questo può avvenire solo a prezzo di decine o addirittura di centinaia di migliaia di morti. Un po' come è successo a Hiroshima e Nagasaki. Non mi sembra che la leadership russa sia arrivata a questo tipo di risoluzione, che avrebbe conseguenze, anche politiche, e per limitarci solo a queste, pesantissime. Per una scelta di questo tipo credo che dovremmo aspettarci una retorica diversa».
In tutti i casi le armi nucleari tattiche non sono di norma schierate con i loro lanciatori, missili o aerei che siano. Devono essere prelevate dai depositi, portate sino ai lanciatori e caricate.
«E questo richiede quanto meno qualche ora se non qualche giorno. I russi non possono essere sicuri di non essere visti.
Non parlo solo dell'attività dei satelliti, ma anche di qualcuno che può osservare dei movimenti inconsueti all'interno delle basi. Anche se in realtà penso che i russi avrebbero interesse a segnalare l'avvio delle procedure proprio per sottolineare la forza dissuasiva della minaccia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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