Letteratura

Torna Cristina Stillitano, l'"Agatha Christie italiana", con un nuovo romanzo del commissario Clodoveo

Si chiama "La Giostra del perdono" (Piemme) il nuovo romanzo di Cristina Stillitano. L'autrice dà vita alle indagini del commissario Clodoveo

Torna Cristina Stillitano, l'"Agatha Christie italiana", con un nuovo romanzo del commissario Clodoveo

C'è ancora la Roma degli anni '50, nel nuovo capitolo delle indagini del commissario Clodoveo, che torna ad investigare tra lambrette e "monnezzari", jeep e pizzardoni, nel nuovo libro di Cristina Stillitano La Giostra del Perdono (Piemme). Iniziando come self-publishing con il primo libro: Le inchieste di Clodoveo: Cuore di passero ha la morte, la Stillitano ha appassionato i lettori, tanto da essere premiata da Amazon. Ora, dopo il secondo e terzo capitolo, La donna a metà (Le inchieste di Clodoveo volume 2) e Andrai Tornerai Non Morirai (Le inchieste di Clodoveo volume 3), torna con il quarto romanzo, pubblicato questa volta da Piemme. Il suo commissario Agostino Clodoveo, dal carattere burbero che adora il caffellatte, è chiamato ancora una volta a risolvere enigmi complessi e appassionanti. Di quest'ultimo capitolo, senza spoiler, abbiamo parlato con l'autrice.

Ha iniziato pubblicando da sola i suoi libri e man mano il pubblico si è innamorato del Commissario Clodoveo. Cosa, secondo lei, ha affascinato tanto di questa figura?

"Forse le sue imperfezioni. Clodoveo sbaglia, si corregge, talvolta perde. Un lettore, scioccandomi un po’, lo ha definito ‘un perdente seriale’. Di certo non è uno Sherlock Holmes. Nessun investigatore nella realtà può esserlo. Ma lui compensa con la sua grande ostinazione e l’umanità, perché: 'per vedere il criminale devi saper comprendere prima l’uomo'".

Ha ambientato tutti i romanzi di Clodoveo nella Roma degli anni '50, tratteggiando molto bene i romani dell'epoca. Che che differenza c'è con quelli attuali?

"Era un periodo particolare. La guerra finalmente alle spalle, l’economia lanciata verso il boom. Si viveva con semplicità, spesso per strada, senza troppe pretese. Le famiglie ‘scoppiavano’ di ragazzini, zii, nonni, cugini. Nei palazzi correvano chiacchiere e saluti, piccoli grandi gesti di generosità. Oggi è tutto diverso. Il traffico e la frenesia soffocano le nostre giornate. La sera ci si rintana negli appartamenti, storditi dalla tv. Direi che noi romani d’oggi, siamo molto più soli e più stressati".

Nelle storie del commissario c'è la sua vita lavorativa, che si mescola con quella personale, che al contrario dei casi che dipana, si intreccia sempre di più.

"Clodoveo è un burbero solitario, è vedovo e ha un grande peso sul cuore. Ma col passare degli anni e degli eventi, si è scoperto pronto a fare il padre. C’è una bambina che ha un enorme bisogno di lui. Purtroppo anche con lei ha compiuto diversi errori. Il loro legame è forte ma gli ostacoli che li separano ancora di più. Per non parlare della bella farmacista Fiorella, un sogno che nemmeno lui ha il coraggio di ammettere".

In questo quarto episodio quali sono gli elementi innovativi che ha introdotto in un personaggio all'apparenza così immutabile?

"Tutti i miei personaggi evolvono sempre. Non sono mai uguali a se stessi. Mi piace cercare di far emergere lati nuovi e inaspettati della loro complessità. In questo quarto episodio Clodoveo parte già con uno stato d’animo diverso dai precedenti. Sarà chiamato a grandi scelte e grandi prove. Dovrà per forza cambiare, tutti noi lo dobbiamo ogni giorno".

Perché ha scelto proprio Roma come luogo per tutti i suoi romanzi?

"È la mia città, la mia storia, l’aria che respiro. Clodoveo abita nella stessa strada dove è cresciuto mio padre: via Barzellotti, a due passi da casa mia. Da piccola, passeggiavo lì con lui mentre mi raccontava i ricordi della sua infanzia. Un mondo povero ma bello, che scatenava la mia fantasia. Le inchieste di Clodoveo sono nate così".

Si dice che lei sia la nuova Agatha Christie, questo paragone la spaventa o la stimola?

"Ovviamente è un paragone terribilmente impegnativo che però, mi suscita grandi stimoli. Da Agatha Christie cerco di prendere ispirazione per l’intreccio di personaggi e colpi di scena, per le trame ‘corali’, per la geniale attenzione ai dettagli. Adoro le storie complesse, articolate su più livelli, che non sai come finiranno sino all’ultima pagina. Si dice sempre che ciò che conta sono i personaggi. Lo condivido in pieno. Ma una trama avvincente e ben costruita è sempre un piccolo regalo per il lettore".

Che tipo di mente bisogna avere per scrivere romanzi noir? Lei da dove trae ispirazione?

"Penso che ognuno di noi abbia in sé delle storie. Basta solo lasciarle andare. Tutto può essere d’ispirazione. Un fatto di cronaca, una foto, un vecchio ricordo, un particolare che ti è rimasto dentro. Soprattutto questo conta: ciò che abbiamo dentro. La paura, l’incubo, la vendetta, l’avidità, la disperazione, l’amore. I motori di ogni delitto sono già dentro di noi".

Clodoveo a chi somiglia?

"Fisicamente un po’ a Maigret per la stazza. Adoravo l’idea di un commissario grande e grosso. Lui ha queste mani potenti che certe volte assestano qualche scappellotto di troppo. Un corpaccione legnoso, la faccia sputata da sbirro. Di carattere, ricorda vagamente mio marito. E’ un buono Clodoveo, e ne sopporta tante. Ma è anche ruvido, musone, sostanzialmente rustico. Non è perfetto, questo no, ma sa il fatto suo.

E un pallino gli gira per la testa: la verità".

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