Letteratura

Russia, Siria, Ucraina: perché nascono le fake news (e come difendersi)

In "Atlante delle bugie" (Paesi edizioni), il giornalista Francesco Petronella spiega come i regimi si servono dell'informazione e quali strumenti possiamo utilizzare per contrastarli

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Un faro sul backstage del giornalismo. È quello che Francesco Petronella, giornalista e analista dell’Ispi, ha provato ad accendere nel suo libro Atlante delle bugie. Come gestire le fonti estere e distinguere una notizia vera da una fake news (Paesi edizioni). Questo saggio, in libreria da ottobre, vuole ragionare sulla materia prima usata dai giornalisti: le notizie, l’informazione. Partendo dalla produzione editoriale. Insomma, dalla catena di montaggio che ancora oggi, malgrado i recenti progressi dell’intelligenza artificiale, è appannaggio dell’essere umano.

Petronella, reporter con un passato nelle agenzie di stampa, conosce bene il tema. E infatti il volume, in alcuni suoi passaggi più tecnici, può apparire ostico ai non addetti ai lavori. In realtà è proprio l’autore a riconoscere che il primo ad avere dubbi su ciò che viene scritto è il lettore. Dunque non si tratta di un libro in cui cercare risposte. Ma le domande che si pone sono assolutamente legittime e di grande attualità.

Come nasce una notizia? Che cos’è una fonte e quale metro utilizzare per giudicarla affidabile? Il web ha ormai soppiantato la carta stampata? E i social possono essere considerati una fonte? Tutti interrogativi ricorrenti nella mente degli utilizzatori finali, che non conoscono i meccanismi alla base di questa professione. I fatti, soprattutto quelli che avvengono all’estero, vengono riportati troppo spesso pedissequamente e in maniera pressapochista dai giornali, forti di accordi con le agenzie che producono le notizie "grezze". Ma questo ovviamente non le rende immuni al virus delle fake news: il tempo per verificare cosa è vero e cosa no è sempre di meno.

Petronella lo racconta utilizzando dei casi studio che insieme all'11 settembre 2001 hanno segnato il XXI secolo. Due eventi macroscopici, la guerra in Siria e il conflitto russo-ucraino, sono esemplificativi di come i rapporti tra le fonti e i giornalisti sono cambiati in modo radicale negli ultimi decenni. Oggi nella cassetta degli attrezzi del cronista è apparso uno strumento con cui i media italiani purtroppo non hanno ancora dimestichezza: l'Open source intelligence (Osint), le cosiddette fonti aperte da cui chiunque può attingere per confermare o smentire una notizia. È sufficiente infatti una semplice ricerca (e una predisposizione che, almeno in teoria, i giornalisti dovrebbero possedere nel loro bagaglio professionale). Ma non solo.

In questo prontuario, Petronella mette in guardia da attori malintenzionati che inquinano il sistema mediatico con un'incessante propaganda: dai media governativi a quelli semplicemente faziosi, nessuno è immune alla pressione di chi vuole sfruttare l'information warfare come strumento ibrido per influenzare processi politici di importanza vitale all'estero.

Il segreto, spiega l'autore negli ultimi capitoli, è sapersi muovere in mezzo al disordine

scientemente organizzato da chi prolifera nel caos. Il libro si conclude con una morale amara da accettare ma oggettiva: "Un Paese che non sa com’è fatto il mondo difficilmente saprà come vuole essere all’interno".

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