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Mario Cuomo, il figlio del sogno americano che disse no alla Casa Bianca

Figlio di due italiani originari della provincia di Salerno, Mario Cuomo studiò Legge, divenne avvocato e poco dopo i 40 anni iniziò a fare politica. Fu uno dei democratici più in vista negli anni di Reagan alla Casa Bianca

Da Wikipedia
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Lo scandalo che ha travolto il governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, costringendolo alle dimissioni, ha riportato al centro delle cronache questa importante famiglia italoamericana. Parliamo, ovviamente, di Mario Cuomo, figlio di Andrea e di Immacolata Giordano, originari entrambi della provincia di Salerno e proprietari, nella città che non dorme mai, di un piccolo ma fornitissimo emporio nel Queens. Mario nasce nel 1932 e, da ragazzo, come molti coetanei ha nella testa un solo pensiero: il baseball. Sogna di sfondare nello sport che ha reso celebre e ricco un altro italoamericano come lui, Joe DiMaggio. Ma diverrà famoso per altri motivi.

Dopo gli studi in Legge diviene avvocato e si crea una certa fama dopo aver difeso, con successo, alcune famiglie residenti a Forest Hills, zona benestante che ospita l’Us Open di tennis, che si opponevano alla costruzione di grandi case popolari nel quartiere. Nel 1974 si candida alla carica di vicegovernatore ma non viene eletto. L’anno dopo il governatore dello Stato di New York, Hugh Carey, lo nomina segretario di Stato. Inizia in questo modo la carriera politica di Mario Cuomo. Per due volte tenta di candidarsi sindaco di New York, ma non vi riesce. Nel 1978 viene eletto vicegovernatore, ma il grande salto arriva nel 1983, quando diventa governatore battendo Edward Koch nelle primarie del Partito democratico e vincendo poi le elezioni contro il repubblicano Lewis Lehrman. Governa ininterrottamente per tre mandati consecutivi, dal 1983 al 1994. Fallisce la quarta corsa nel 1994, quando il repubblicano George Pataki lo sconfigge, grazie anche all'onda lunga repubblicana (in quell'occasione il Gop si impone in diversi stati e prende il controllo di Camera e Senato).

Ma che idee politiche professava Mario Cuomo? È importante ricordare che arriva al suo punto più alto (le tre elezioni consecutive a governatore) nel pieno dell'era reaganiana, che si batte per lo stato minimo, la riduzione delle tasse e la svolta liberista. Cuomo è agli antipodi: per lui lo Stato è fondamentale. E non lo rinnegherà mai. "Questo Stato ha sempre guidato gli altri nel mostrare come un governo possa essere utile per i cittadini", disse nel 1983. Si definiva un "progressista pragmatico", un uomo di sinistra che guatrdava alla concretezza, non tanto (e non solo) ai bei discorsi, mettendosi al servizio di chi aveva bisogno. Bill Clinton disse che la vita di Cuomo “è stata una benedizione”, “l’incarnazione del sogno americano”. A giudicare dalle origini estremamente umili dei genitori di Mario, dal loro arrivo negli Usa con niente soldi in tasca ma solo tanta voglia di lavorare, è proprio così.

Cattolico, fermamente contrario alla pena di morte, Mario era invece favorevole all'aborto (e per questo fu duramente criticato dalla Chiesa). In un celebre discorso del 1984 spiegò che non avrebbe mai scelto di abortire ma, al contempo, non avrebbe mai voluto imporre il punto di vista della chiesa sugli altri, anche rischiando “che qualcuno imponga il suo punto di vista su di noi”.

Cuomo fu soprannominato l’Amleto di Hudson, per la sua indecisione a correre per la Casa Bianca. Per due volte sfiorò la candidatura (nel 1980 e nel 1992). La seconda volta, nel 1992, era ormai a un passo dalla “discesa in campo”: aveva già noleggiato gli aerei per la campagna elettorale e stava andando in New Hampshire per firmare i documenti necessari alla candidatura alle primarie. Ma all’ultimo momento ci ripensò. Diede la colpa ai problemi economici del suo stato, sottolineando che non avrebbe potuto dedicarsi ad altro. Ma probabilmente non se la sentiva di finire nel tritacarne mediatico in cui sua moglie, Matilda, era già finita per i presunti legami della sua famiglia con la mafia. O forse, molto più semplicemente, non era per nulla convinto di farcela. Il suo ritiro lasciò campo libero a Bill Clinton, i cui consiglieri politici vedevano proprio in Cuomo l’avversario più temibile nelle primarie dell’Asinello.

Cuomo amava profondamente la politica, ma al contempo la definiva un "mestiere sporco". Alla convention democratica del 1984 fece ombra al candidato del partito Walter Mondale e attaccò duramente la visione di Ronald Reagan di un America “città scintillante sulla collina”.

Cuomo puntò il dito contro l’incapacità (di Reagan) di vedere che in “questa nazione ci sono due città”, quella dei ricchi e quella dei poveri.

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