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"Tutto strano, pure l'oceano". Cosa accadde nel triangolo delle Bermuda?

Nel dicembre del 1945 cinque aerei della marina statunitense decollano per un'esercitazione di routine, per non fare mai più ritorno. Tutti e cinque gli aerei scompaiono nel nulla, nell'area nota come Triangolo delle Bermuda

"Tutto strano, pure l'oceano". Cosa accadde nel triangolo delle Bermuda?

"Non riusciamo a trovare l'Ovest. È tutto sbagliato. Non possiamo essere sicuri di nessuna direzione. Tutto sembra strano, anche l'oceano". A pronunciare queste parole confuse è il tenente Charles Carroll Taylor, esperto aviatore, a capo della missione “Problema di navigazione n° 1”. Durante la missione scompariranno nel nulla, nel Triangolo delle Bermuda, tutti i 14 aviatori prendenti parte all’esercitazione. È il 5 dicembre 1945 e cinque aerosiluranti Grumman Tbf Avenger decollano dalla base di Fort Lauderdale per un’esercitazione che prevede bombardamento e navigazione, con l’obiettivo di valutare la capacità di navigazione e le operazioni di combattimento degli allievi. Al momento del decollo degli aerei le condizioni meteo sono buone, l’esercitazione inizia quindi senza intoppi, e per un’ora tutto procede come previsto.

L’incidente

Dopo circa un’ora qualcosa inizia a non andare per il verso giusto. Le conversazioni tra i piloti sono rintracciabili sia da terra che da eventuali altri velivoli in volo. Ed è così che il tenente Robert F. Fox, a capo di una missione analoga a quella di Taylor e dei suoi allievi, capta un messaggio. “Non so dove siamo. Dobbiamo esserci persi dopo l'ultima virata”. La voce è di un certo Powers, uno degli aviatori del volo 19, che si rivolge a un altro pilota. Fox a questo punto intuisce che c’è un problema e chiede a Powers di identificarsi. “Qui è Ft-74, prego aereo o nave chiamato 'Powers' di identificarsi in modo da potervi dare aiuto”.

Dopo una serie di messaggi da parte del tenente Fox per sapere cosa succede, ecco arrivare la risposta da parte di Taylor, visibilmente confuso e preoccupato. “Entrambe le mie bussole sono andate e sto tentando di trovare Fort Lauderdale, Florida. Sono sopra la terraferma ma è interrotta. Sono sicuro di essere alle Keys, ma non so a che altitudine e non so come raggiungere Fort Lauderdale”. Com’era possibile che un pilota esperto come Taylor, che aveva sorvolato quei cieli innumerevoli volte, si trovasse in quella situazione? Cosa stava succedendo? Verso le 18 il tempo peggiora e le comunicazioni con Taylor e la sua flotta si fanno disturbate.

La base riceve stralci di conversazioni tra gli allievi di Taylor. “Sembra che stiamo entrando in acque bianche...”, afferma uno dei piloti, che prosegue esternando tutto il suo disorientamento. “Siamo completamente perduti". Questo è l’ultimo messaggio ricevuto del volo 19 della missione “Problema di navigazione n° 1”, perché da quel momento si perderanno le tracce dei velivoli per sempre. Immediatamente due Martiner Mariner si alzano in volo alla ricerca della Squadriglia 19, ma dopo poco un’altra sciagura accade nei cieli. Una petroliera riferisce di un’esplosione in cielo: si tratta proprio di uno dei Mariner partiti per dare soccorso agli aviatori. L’incidente del velivolo di soccorso causa la morte dell’intero equipaggio, composto da 13 persone.

L’indagine

Il bilancio complessivo delle perdite è di 27 persone, tutti scomparsi nel giro di poche ore. Le indagini si concentrano dapprima sul leader della missione: Charles Carroll Taylor, al quale viene imputata la responsabilità dell’incidente. Da una prima inchiesta si deduce che il pilota aveva confuso le Bahamas con le Isole Keys, guidando i suoi verso Nord-ovest e finendo il carburante. Taylor, sebbene ottimo pilota, era solito prendere iniziative personali, a volte smarrendosi, si legge nel rapporto. Dopo che la madre del pilota accusa la marina militare di aver dato la colpa dell’incidente al figlio senza aver ritrovato i corpi e gli aerei, il rapporto viene modificato e la scomparsa dei velivoli viene attribuita a “cause sconosciute". Tuttavia l’inchiesta prosegue e si stabilisce che gli aerei avevano effettivamente sorvolato le Bahamas, ma che la convinzione del tenente di essere alle Keys guidò gli aerei fuori rotta, allontanandosi dalla costa.

La teoria del Triangolo delle Bermuda

Parallelamente alle indagini ufficiali, che imputarono la scomparsa dei cinque velivoli adun errore del tenente Taylor, si susseguirono una serie di teorie alternative su cosa portò quel 5 dicembre 1945 cinque aerei della marina militare a svanire nel nulla, nell’area che prende il nome di Triangolo delle Bermuda, ovvero il tratto di Oceano Atlantico compreso tra l'arcipelago delle Bermuda, Porto Rico e la Florida. A seguito delle numerose sparizioni di navi e aerei nell’area, come inghiottiti da un vortice invisibile, al Triangolo delle Bermuda venne attributa un'aura paranormale, sulla quale si sono basati libri e film, che vanno dai rapimenti alieni ai portali interdimensionali. Celebre è la citazione nel film “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Steven Spielberg, in cui i cinque aerei vengono ritrovati intatti nel deserto di Sonora, una zona situata al confine tra Messico e Stati Uniti.

Il primo a indagare sul mistero del volo 19 fu Allen W. Eckert, che scrisse un articolo per il magazine “American Legion”, intitolato “The Lost patrol", in cui riporta l’inquietante vicenda. Nell’articolo Eckert racconta che, dopo una serie di messaggi confusi da parte del leader Taylor, dalle registrazioni radio emerse che quest’ultimo passò il comando a uno dei suoi allievi, senza un’apparente ragione. “Senza alcuna ragione e nessun avvertimento, il leader del volo diede il comando a un altro pilota”, si legge nell’articolo, che prosegue: “Questo è di per sé una stranezza e rivela quanto la situazione fosse disperata”. Ad aggiungersi alla scomparsa degli aerei del volo 19 c’è inoltre quella del Pbm Mariner di soccorso, che ha alimentato le dicerie sulla maledizione del Triangolo delle Bermuda.

Pur non essendo stato risolto il mistero, recentemente il giornalista scientifico australiano Karl Kruszelnicki ha cercato di fornire una spiegazione plausibile alle tante scomparse nel Triangolo delle Bermuda. “Siamo in una zona prossima all'Equatore e molto vicina alle coste degli Stati Uniti - ha affermato il giornalista durante un’intervista per News.com.au - mare e cielo qui sono sempre molto trafficati e lo sono stati anche in passato. Non si tratta di eventi straordinari", continua l’australiano, che attribuisce gli incidenti alle condizioni meteo avverse della zona, “perché sono avvenuti a causa di condizioni meteorologiche pessime, e qui le onde possono essere alte più di 15 metri, e hanno coinvolto vascelli vecchi e tecnologicamente arretrati anche per la loro epoca”. Le affermazioni di Kruszelnicki trovano una possibile conferma nel fatto che le onde anomale, unite alle forti correnti presenti in quell'area, potrebbero aver disorientato la Squadriglia 19 fino a far precipitare tutti e cinque gli aerei nella gelide acque dell'Atlantico, senza possibilità di essere ritrovati. Anche recentemente il "maledetto" triangolo si è reso protagonista dell'ennesima tragedia. Un aereo con a bordo una famiglia di quattro persone di ritorno da una vacanza a Porto Rico verso la Florida, scompare a 59 chilomentri dalle Bahamas, nonostante le abilità del pilota. Stessa area e e purtroppo stesso finale.

Il mistero continua.

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