Cultura e società

Mistero Vatican Girl, il direttore della fotografia: "Così è nata la serie su Emanuela Orlandi"

Ad un mese dall'uscita su Netflix, "Vatican Girl - La scomparsa di Emanuela Orlandi" resta una delle serie tv più viste della piattaforma. Abbiamo raggiunto il direttore alla fotografia Stefano Ferrari, che ci racconta uno dei veri obiettivi del progetto

Mistero Vatican Girl, il direttore della fotografia: "Così è nata la serie su Emanuela Orlandi"

Interviste di questo genere, per norma giornalistica, andrebbero poste sempre prima, non dopo l’uscita di una produzione. Tanto più perché viviamo l’epoca del pericolo spoiler. Ma trattandosi di un mistero italiano - forse tra i maggiori misteri italiani che sono rimasti irrisolti - è sempre il momento, sia prima o sia dopo, di toccare l’argomento e approfondire le ragioni che hanno portato alla produzione di “Vatican Girl - La scomparsa di Emanuela Orlandi”. Miniserie che ha giù riscosso un successo di portata mondiale, ad un mese dal lancio in contemporanea in ben 160 nazioni, resta nella top ten delle serie tv più viste sulla piattaforma Netflix. Per questa ragione, abbiamo raggiunto a New York Stefano Ferrari, giovane e promettente direttore alla fotografia romano, che ci racconta il fine ultimo di un prodotto ponderato e ben confezionato.

Il mistero della scomparsa di Emanuela, una ragazza di 15 anni rapita a Roma il 22 giugno di un lontanissimo 1983. Noi due non eravamo ancora nati, perché ne stiamo ancora parlando?

"Perché la scomparsa di Emanuela Orlandi è ancora un mistero, appunto. E perché è ora che il mondo, non solo l’Italia, sia messo al corrente di questa sparizione: un caso irrisolto dove si intrecciano a più livelli intrighi politici, segreti indicibili e omissioni di una monarchia millenaria, quella del Vaticano, servizi segreti che s’incontrano e scontrano in una terra di mezzo come soltanto l’Italia poteva essere tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, tra Anni di piombo e Guerra fredda. Senza dimenticare la criminalità organizzata...".

Una casa di produzione straniera che torna ad interessarsi di un mistero italiano iniziato 39 anni fa dunque.. non era già stato detto tutto?

"Sì, e no. Alla base della scelta di girare una nuova serie sul caso Orlandi, c’è una missione e una piccola grande svolta nella struggente ricerca della verità. Ma sopratutto, c’è la ferma volontà di riaccendere i riflettori sul caso portandolo al di fuori dei confini italiani (…) Perché vedi, la scomparsa di Emanuela Orlandi, pur trovando collegamenti sufficienti ad essere prove concrete che coinvolgono i servizi segreti italiani, il Kgb, la Cia, la banda della Magliana, il Vaticano e il suo Ior (Istituzione finanziaria pubblica della Città del Vaticano, ndr) è uno mistero molto italiano. Al di fuori dell’Italia - dove comunque molti, sopratutto nelle nuove generazioni, non sanno “tutto” quel che c’è da sapere - nessuno ne sa niente. Ed è molto grave, perché il Vaticano è uno Stato che proietta la sua potenza in tutto il mondo."

Davvero vuoi dirmi che a New York, neanche nei salotti intellettuali che abbiamo idealizzato attraverso gli articoli di Tom Wolfe e i film di Woody Allen.. nessuno conosceva questa storia?

"Assolutamente. A New York come a Londra né la gente comune né i ceti che possiamo concepire come più “colti” o semplicemente più informati conoscevano questa storia. Ho organizzato una visione privata per amici e colleghi qui a Ny; registi, scrittori, addirittura professori appassionati non avevano mai sentito parlare della scomparsa di Emanuela Orlandi e dell’intrigo che potrebbe celarvisi dietro. “Come è possibile che non sapessi nulla si una storia del genere?”, era l’eco alla fine della proiezione. Mentre del caso di Madalein McCann (la bambina inglese scomparsa il 3 maggio del 2007 a Plaia de Luz in Portogallo, ndr), per fare un esempio, tutti sono al corrente, anche noi italiani sappiamo. È qui la differenza. E qui uno degli obiettivi del progetto secondo me: “Portare il caso di Emanuela oltre l’Italia”. Anche se.."

Anche se?

"Anche se il caso Orlandi - non facciamo spoiler ma è necessario dirlo - è un caso che inizia fuori le mura del Vaticano ma ci ha riportato all’interno delle mura del Vaticano nel suo ipotetico epilogo. Dopo aver attraversato i labirinti claustrofobici di una Roma oscura e impenetrabile, si fa tetramente ritorno in quel regno dorato dove nessuno pensava potesse accadere mai nulla di male. Dove forse qualcosa alla fine può essere accaduto. La storia, la ricerca, le nuove testimonianze inedite che sono state raccolte da Chiara Messineo smontano in parte l’idea che ci eravamo fatti. La Famiglia Orlandi compresa. Il fratello di Emanuela, Pietro, protagonista di questa miniserie, e il giornalista investigativo Andrea Purgatori, compresi."

Un direttore alla fotografia romano in una produzione britannica girata a Roma, è un caso?

"Avevo già lavorato con Mark Lewis nella produzione “Don't F**k With Cats: Hunting an Internet Killer”, una serie tetra, lugubre e mortifera. Deve avermi coinvolto di nuovo per questo, oltre a sapere che in quella città ero nato e cresciuto, e potevo dare una visione delle cose convincente a due livelli. Ossia, per due tipi di audience."

Indendi chi era già al corrente del caso, e chi entrava in contatto con la storia per la prima volta?

"Esattamente. Appena ci siamo messi a lavoro mi sono detto "Devo guardare al progetto con gli occhi di un italiano che conosce già ogni dettaglio della storia e catturare la sua attenzione.. se catturo loro, catturerò di riflesso l’audience composta da chi non sapeva nulla di questa vicenda”. Questo era l’obiettivo principale. Il secondo era quello di ricreare una certa atmosfera: l’atmosfera di quegli anni."

Oggi i documentari sono diversi da quelli visti in passato, anche da quelli incentrati sul caso Orlandi, a cosa vi siete ispirati?

"Ho chiesto a Mark se era possibile “Cercare di non investire tutti gli sforzi nella sola ricerca e nel confezionamento di fatti e testimonianze che erano già noti.. ma di esplorare un certo tipo di atmosfera. Per concedere un’immersione completa allo spettatore. Dipingendo Roma come un labirinto dove si può davvero sparire nel nulla. Cercando di portare lo spettatore in un viaggio che inizia nel Vaticano - “un luogo dove nessuno ti poteva toccare” - per dipingere Roma come un luogo dove tutto, in un istante, poteva essere “messo in pericolo”; si trattasse di un terrorista turco che tira fuori un pistola automatica e attenta alla vita del Papa; o di una ragazza, o due ragazze, che in 5 minuti possono sparire nel nulla, per sempre. Ci siamo ispirati ad un stile di trasposizione che definirei Fincheriano."

Come Zodiac?

"Come Zodiac.. e alla struttura del giallo alla Dan Brown. Anche se questo - purtroppo - non è il frutto della fantasia di un romanzo. Stiamo parlando di eventi veri. E la struttura della trama è molto più articolata della struttura di un’opera di fantasia. La realtà spesso è più cruenta e sinistra della finzione."

Siamo nell’epoca dello spoiler ma anche dei commenti degli hater, avete ricevuto critiche?

"Sì, leggendo su Twitter, o sui social in generale ho notato come le poche critiche si siano concentrate sull’ampio spazio concesso alla figura di Matteo Accetti. Ma più dell’identità e del collegamento con i fatti - che comunque viene periziato da esperti - ci interessava tratteggiare un certo tipo figura: ossia l’uomo che ha preso parte attivamente al rapimento. Perché le persone, quali che siano i mandanti e le ragioni, non scompaiono nel nulla; e se vengono rapite, vengono rapite e custodite da qualcuno che sceglie nascondigli, tempi, riscatti e modo di comunicare con la famiglia. Accetti, De Petis, la sua ex amante Sabrina Minardi. Sono figure che ci aiutano a capire il mondo sotterrano di Roma e della Roma collegata al Vaticano.."

Perché esisterebbe anche un mondo sotterraneo in Vaticano? Un altro “mondo di mezzo”?

"Qui negli States lo chiamiamiamo “The roman underworld”, da non confondere con la mitologia o con le antiche origini etrusche, con la Roma sotterranea delle catacombe che costellano il sottosuolo come un mondo di mezzo. Ma come uno strato sedimentato di segreti, omissioni, fatti taciuti e occultamenti. In America si sta risvegliando un certo interessamento nei confronti del Vaticano che è comunque sempre stato scosso da piccoli scandali. Un interessamento che si è risvegliato sopratutto dopo lo scandalo dei cosiddetti VatiLeaks. Sapevi che la maggior parte delle proprietà immobiliari di New York appartengono al Vaticano? Il concetto espresso dal giornalista Emiliano Fittipaldi nella serie è una sintesi adeguata delle preoccupazioni di una città stato che “Non vuole si sappia quel che accade all’interno”."

Beh, il Vaticano è pur sempre uno Stato sovrano seppure nel cuore di Roma, la capitale di uno Stato sovrano che agirebbe nello stesso modo.. non trovi?

"Certo. Il Vaticano però è visto troppo spesso solo e unicamente come ente religioso e centro della Cristianità. Meno spesso come un ente politico con i suoi interessi e con il suo capo di Stato: il Papa. Al tempo Giovanni Paolo II, oggi beatificato, poteva essere al corrente di alcune informazioni rivelate solo in seguito da documenti ancora al centro dell’inchiesta. Che tu sia cattolico o meno, non puoi non riconoscere l’importanza oserei dire “universale” e il peso a livello internazionale dello Stato Vaticano. Questa Potenza e le sue “costole”, è stata scossa, al pari di altre potenze, da diversi scandali.. basta pensare al caso Spotlight."

Dobbiamo considerarlo come un attacco sofisticato al Vaticano?

"Assolutamente no. Dal punto di vista documentaristico noi vorremmo e dovremmo essere riusciti a risultare “super partes”. Motivo per cui molte teorie e molte informazioni che circolano ma non possono essere confermate, sono state completamente omesse. Non è leale muovere una congettura senza una prova solida in tuo sostegno. Tanto più perché sei in guardato in tutto il mondo."

Avete avuto contatti o diffide dalla Santa Sede?

"Nessuna diffida. Ma anche nessuna partecipazione o risposta. La produzione ha provato sia in maniera ufficiale che non ufficiale a contattare lo Stato del Vaticano per domandare se volessero essere parte attiva della serie. Non abbiamo ricevuto risposta. Solo un messaggio istituzionale, ricevuto molto tempo dopo la comunicazione, di cordoglio per l’accaduto e la speranza che si possa fare luce sulla scomparsa di Emanuela Orlandi."

Una risposta deludente?

Una risposta. Il nostro obiettivo, condiviso da Pietro Orlandi e sostenuto dall’esperienza di Andrea Purgatori, è sempre stato motivato dallo stesso desiderio: portare il caso Orlandi oltre i confini nazionali e sensibilizzare il mondo dalla vicenda che ha visto scomparire una giovane innocente e afflitto una famiglia priva di colpe. La speranza è quella di creare una sorta di pressione mediatica e spronare chiunque sappia qualcosa a parlare. A trovare il coraggio necessario come quello trovato dalla vecchia amica di Emanuela che ha rilasciato una testimonianza importante quanto inedita. Solo così, che venga trattato dalla tasca, da un vecchio magazzino, da una cassaforte o dai ricordi, si potrà entrare in possesso di un tassello decisivo per condurre gli investigatori alla verità.

Chi è il principale nemico della verità in questa storia?

"Il tempo. Il tempo è nemico della verità, e alleato di colui che la nasconde. Come ha detto Purgatori: “Ognuna delle teorie ha un granello di verità”. Ne servono ancora."

Finisce in questo punto la chiacchierata con Ferrari. Forse davvero chi possiede altri di questi granelli potrebbe consegnarli. Adesso è il momento di parlare, se si attende ancora troppo tempo, potrebbe essere troppo tardi. Anche se sono passati 39 anni, il caso non è chiuso. Lo sarà solo ed esclusivamente nel momento in cui sapremo quale è stato il destino di Emanuela e la sua famiglia, come ripete da una vita Pietro Orlandi, potrà posare un fiore sulla sua tomba. Se davvero è “in cielo” come ha asserito Papa Francesco. Sono notizie delle scorse settimane, ad esempio, la morte - naturale - di Giulio Gangi, agente Sisde che partecipò alla prima fase delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi prima di essere epurato; pare avesse fissato un appuntamento con un giornalista del Corriere della Sera che purtroppo non potrà essere portata a termine; come l’intenzione di Carlo Calenda - scosso proprio dalla visione della miniserie - di "chiedere al Ministro degli Esteri di attivarsi” per riportare l’attenzione sul caso Orlandi. Il tempo è nemico della verità, la sensibilizazzione alleata della ricerca. Lo abbia detto. Il caso Orlandi può aver l'effetto di una bomba, e come fossimo in una versione non conforme di Tenet di Nolan, nell'epicentro troviamo Pietro Orlandi, avvocati come Laura Sgrò e giornalisti come Emiliano Fittipaldi e Andrea Purgatori. Attori secondari quanto protagonisti di una storia tragica quanto vera, che si sono avvicinati più degli altri alla risoluzione del mistero. Sbattendo e risbattendo su di un muro di gomma che il giornalista conosce bene. Affacciarsi oltre il muro potrebbe equivalere a scoprire non solo chi ha messo la bomba, ma chi ha azionato il detonatore.

Forse è tempo di renderlo possibile.

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