Quella "sindrome" della Polonia: perché si prepara alla guerra coi russi

Non c'è l'avvisaglia di un conflitto con i russi ma la Polonia ha paura e rivive la psicosi della Seconda Guerra Mondiale che distrusse Varsavia. "Siamo con gli ucraini, lottano anche per la nostra libertà"

Quella "sindrome" della Polonia: perché si prepara alla guerra coi russi

Nel giorno in cui Biden incontra a Varsavia i ministri degli Esteri e della Difesa ucraini, la Polonia ha paura che i soldati russi agli ordini di Putin possano attaccarla da un momento all'altro. Come abbiamo scritto sul Giornale.it, l'attacco a Leopoli ha riacceso nei polacchi lo spettro di una grande guerra come quella che in passato rase al suolo per l'85% la sua capitale a causa dei bombardamenti tedeschi, lasciando la città nelle stesse condizioni rovinose in cui si trova Mariupol oggi.

La psicosi della guerra

È una legge non scritta ma se un evento si è verificato almeno una volta, nel corso della storia può ricapitare nuovamente. Anche secondo questo calcolo irrazionale, risultano introvabili i giubbotti antiproiettili da qualsiasi sito online polacco anche se "si trova ancora un kit di piastre di acciaio che si montano sulla giacca, e così uno sta più sereno", ha raccontato a Repubblica un programmatore informatico polacco, che lamenta come le case di Varsavia siano costruite male, "senza cantine", a differenza di quelle degli ucraini che "hanno quei rifugi naturali sottoterra... E noi? Ci vorrebbe un bunker per ogni famiglia". La sua voce è quella di un popolo impaurito dalle conseguenze ancora non chiare di un conflitto che vede i russi arrancare ma non per questo arrendersi.

La "sindrome" polacca

Varsavia è un fiore all'occhiello di modernismo nord europeo, totalmente ricostruita dopo la Seconda Guerra. La paura che si possa ricominciare daccapo è forte tra i cittadini che passeggiano per le vie del centro storico. "E se la distruggessero di nuovo? Mai fidarsi dei russi", che prima liberarono ma poi sovietizzarono Varsavia. La gente ha paura? La gente prepara valigie e trolley con foto e ricordi di famiglia e tutto il necessario in caso di emergenza, quasi come se non ci fosse più il tempo di riordinare le idee. Li mettono nei bagliai delle loro auto cosè è tutto pronto. "Non sono matta. Ma mi fa stare più tranquilla", afferma Monika l'estetista. "Metti che vogliono colpire i rifornimenti di armi all'Ucraina, sbagliano la mira e colpiscono noi? Potrebbe allargarsi la guerra". Come il programmatore e l'estetista, tutto il Paese vive una sindrome da invasione dopo lo choc dell'attacco subìto dai vicini di casa contro i quali hanno combattuto sanguinose guerre.

"Lottano per la mia libertà"

Adesso provano quasi un senso di fratellanza, verso gli ucraini, uniti nel combattere il nemico russo. "Gli ucraini stanno lottando anche per la mia libertà. Se ci riescono, io sono salva", spiega a Repubblica la filologa Luiza M. nel caffè più elegante della città, il Blikle. La psicosi nasce anche dall'enorme ondata di profughi, fino a questo momento circa due milioni e duecentomila di cui 300mila nella sola Varsavia. Luiza loda le capacità di Zelensky: "È molto bravo, sa parlare, sa trascinare la sua gente. Avessimo un presidente come lui...". La visita di Biden significa la garanzia di libertà che chiede la Polonia. Sindrome a parte, il prof. Krzysztof Czyzewski, direttore della Fondazione Pogranice, oltre che docente a Bologna, ricorda che l'ex presidente russo Medvedev ha già minacciato la Polonia. Lui afferma di non aver paura perché è vecchi ma "se dobbiamo combattere, lo faremo. Nella mia famiglia abbiamo sempre lottato per la Polonia libera".

"Chiudete i cieli"

Intanto, centinaia di persone sono scese in piazza a Varsavia per manifestare contro l'invasione russa in Ucraina. "Close the sky" intonano i manifestanti, polacchi ma anche ucraini, che si sono ritrovati ai piedi del palazzo della Cultura e della Scienza, simbolo della capitale polacca.

Tra bandiere gialloblù e cartelli contro l'"assassino Putin", salgono in cielo canti a favore dell'Ucraina e dell'esercito di Kiev. "Basta promesse, è ora di agire", si legge su uno dei cartelli. "L'Ucraina - recita un altro - non è una copertura per l'Europa".

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