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Addio a Mario Lena. Il sindaco poeta e il no ad un “nuovo” Vajont

A 97 anni è morto, nella sua casetta sul fiume Lima, lo storico sindaco socialista di Bagni di Lucca, 1960-1970. Politico, maestro elementare, poeta, cittadino onorario di Longarone, si oppose ad un "nuovo" Vajont nella sua terra

Addio a Mario Lena. Il sindaco poeta e il no ad un “nuovo” Vajont

Bagni di Lucca

Viale Roma è la strada principale che conduce verso il centro del capoluogo. Qui, nel corso dei secoli, grazie ai benefici delle preziose acque termali, vi passarono – per citare solo alcuni dei più noti - Matilde di Canossa, Federico “Barbarossa”, Elisa Bonaparte Baciocchi, Richard Church, Michel de Montaigne, il principe di Metternich, Lord Byron, Giuseppe Giacosa, Massimo d’Azeglio e Giacomo Puccini.

Sulla medesima via, si trova anche la casetta – così la chiameremo – sul fiume Lima del maestro Lena, lo storico sindaco socialista scomparso all’età di 97 anni. Una vita spesa al servizio della politica e della cultura nella sua amata comunità. E mentre in molti cercavano fortuna all'estero, lui rimase a guidare il locale Psi, il cui leader nazionale allora era Pietro Nenni.

La prima volta che lo incontrai fu alla presentazione di un libro di poesie quando frequentavo la scuola media del capoluogo di Bagni di Lucca. Aspettando che uscisse dalla classe, inventai la scusa – classica – di andare in bagno per fermarlo un secondo. Mi incuriosiva un fatto: coltivando già allora un notevole interesse per la storia politica dell’Italia repubblicana, gli chiesi cosa pensasse del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, primo socialista al Quirinale (1978-1985). Un’elezione che rimarrà storica per i socialisti, in quanto aprì le porte alla nascita del governo Craxi (I e II) con il pentapartito. Non ricordo cosa mi rispose nello specifico, citò però alcuni nomi del partito come Nenni e De Martino. Di quelli sì, ho memoria, in quanto li ritrovai dopo poco in una biografia su Alcide De Gasperi.

La secondo volta fu nel luglio del 2011. Mi avviavo a fare una piccola lista civica e decisi di andare da lui, in punta di piedi, per farmi raccontare i principali fatti storici e amministrativi che erano avvenuti e che secondo lui dovevano essere affrontati per il futuro. Mi accolse nella sua modestissima casetta, piena di libri, quadri, disegni e foto. Non si trovava traccia dello sfarzo e lusso che aveva consentito a tanti sindaci, politici, ministri e consiglieri regionali - dai piccoli comuni alle grandi realtà metropolitane – della Prima Repubblica di arricchirsi abusando dei loro incarichi. Mi colpì moltissimo quel suo modo di vivere quasi ritirato (gli anni erano già avanti per carità), umile e che non aveva niente a che fare con la stagione del socialismo lussureggiante e sfavillante della “Milano da bere” (famoso slogan dell’Amaro Ramazzotti) o delle notti in discoteca dei De Michelis. Parlammo per lo più di poesia - e gli recitai Er gatto socialista di Trilussa -, politica e giornalismo. Citava spesso Calamandrei, Giolitti e incarnava quel tratto comune di sinistra socialista che avrebbe generato profondo rispetto e stima anche in uomini di destra come Montanelli.

L’ex sindaco Lena lo associai infatti al “compagno” Giuseppe Massarenti, (1867-1950), “il gran vecchio” di Molinella, uomo di battaglie, fatiche, dolori, silenzi e morto nella più totale modestia che al giovane giornalista del Corriere della Sera (Indro Montanelli) chiedeva dal suo letto se fossero fioriti i peschi e susini.

Aveva dunque ragione Carl Schmitt, quando scriveva che “la storia non la scrivono i vincitori... i vincitori scrivono annali, come Livio”. Eppure il primo cittadino di Bagni di Lucca - autentico e rispettato socialista – riuscì nel suo piccolo a ritagliarsi un ruolo importante nella vita politica, storica e letteraria di una terra che sembra oggi perdere il valore e il significato della propria identità.

Mentre nella lucchesia del dopoguerra imperava la Democrazia Cristiana, facendo emergere figure di rilievo nazionale come l’On. Maria Eletta Martini, la madre del volontariato, Lena, maestro elementare riuscì a spostare verso sinistra uno dei comuni più rinomati della Toscana che si avviavano ad un crescente benessere. Aveva 35 anni e si insediò a Palazzo della Lena in Viale Umberto I con l’appoggio del Psdi e la simpatia anche di una buona parte dei comunisti.

Ma fu nel 1963, il 9 ottobre, in occasione della tragedia della diga del Vajont - “un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia” (D. Buzzati) - che tutta Italia rimase in silenzio per la morte di più di duemila morti innocenti.

Il sindaco Lena, decise di prendere carta, penna e telefono e si attivò per ospitare giovani, bambini ed altri superstiti che non avevano perduto solo una casa e un futuro, ma spesso anche intere famiglie. Da questo semplice ma altissimo gesto umano, che travalica i confini della politica e dei partiti, nacque un gemellaggio che ancora oggi lega Bagni di Lucca con il comune di Longarone di cui fu nominato cittadino onorario.

La tragedia del Vajont si manifestò in un periodo politico delicatissimo, i socialisti stavano per entrare nell’area di governo, grazie all’abile mediazione di Moro. Prima con l’appoggio esterno al IV governo Fanfani e poi con l’entrata a tutti gli effetti nel I governo Moro, con Nenni (Psi) vicepresidente del Consiglio.

L’Avanti, organo del Psi, in quegli anni era diretto da Giovanni Pieraccini, futuro ministro dei Lavori Pubblici che ebbe un ruolo centrale nella ricostruzione delle zone devastate dalla frana. L’esponente socialista fu tra coloro che misero in evidenza eventuali “errori” umani sulla valutazione dei rilievi geologici dell’area interessata.

Ad arrivare sul posto, ci fu anche il Presidente del Consiglio Giovanni Leone, (Dc), che guidava un monocolore di transizione. “Chiediamo giustizia! Chiediamo giustizia!” invocavano i pochi, stremati e straziati sopravvissuti. E Leone, senza batter ciglio rispondeva fiero: “L’avrete…”. Il mandato del presidente durò pochissimo e lui – eccelso giurista - decise così di buttarsi nella battaglia legale ma a difesa della Sade-Enel. Un duro colpo per quei cittadini che iniziarono a sentirsi soli e abbandonati dallo Stato e dalle sue più alte istituzioni nonostante i proclami e buoni propositi. Una ferita che è durata e continua a segnare la vita di questa piccola comunità. Il cui legame con Bagni di Lucca negli anni si è rafforzato grazie al comune amico e “cittadino” Mario Lena. Un socialista, esponente di partito, sindaco, maestro e poeta che ebbe l’accortezza di pensare sempre al prossimo in quello che possiamo definire un autentico “socialismo umanitario”, basato in primis sulla solidarietà tra persone e popoli.

Il sindaco Roberto Padrin (di Longarone) si è unito al cordoglio di tutte le istituzioni affermando che “se ne va un amico di Longarone, un benemerito del Vajont e un custode di quella memoria che non è solo un obbligo del territorio, ma anche un’occasione – in zone distanti dalle nostre comunità – per riflettere su un evento tragico che non deve ripetersi mai più”, ed ha proseguito nel suo messaggio, “porto ancora con me l’emozione di aver incontrato Mario nell’aprile scorso quando con gli alpini di Longarone siamo andati a incontrarlo a casa sua e con lucidità abbiamo ripercorso gli anni del gemellaggio, donandogli il libro di Viviana Capraro 'L’abbraccio e la parola'. Mario era una persona sensibile che amava Longarone e che ci mancherà molto. La nostra comunità perde un amico sincero”.

Sulla tragedia del Vajont ancora oggi inchieste giudiziarie, parlamentari e giornalistiche si dibattono se fu un errore umano o naturale. Uno dei tanti misteri che caratterizzeranno l’evoluzione della Prima Repubblica.

La mossa del sindaco di Bagni di Lucca non passò allora inosservata, tanto che un’autorevole fonte ammette: “Guardando retrospettivamente fu abile. E dobbiamo per questo ringraziarlo”. Sulla stessa linea un ex assessore comunale: “Mario Lena era preoccupato dall’idea che venisse costruita una diga vicino Bagni di Lucca, così da un lato decise di dare aiuto alle popolazioni colpite, dall’altro tenne alta l’attenzione per quel folle progetto che volevano fare e che per fortuna finì nel cassetto”.

Il sindaco con la casetta sul fiume alle Cantoni, ha partecipato ad accrescere il numero di scuole, reti fognarie, case popolari e illuminazioni dalla valle fino alla montagna, ma soprattutto – come anticipato - si oppose alla costruzione nelle vicinanze del suo territorio di una diga come quella del Vajont che avrebbe potuto avere simili conseguenze.

Nonostante l’impegno politico nel corso degli anni sia divenuto feroce e aggressivo - certamente anche le battaglie del dopoguerra tra forze democratico-cristiane e social-comuniste non erano da meno. Togliatti arrivò addirittura a togliere il saluto a De Gasperi, che andava chiedendosi: “Ma cosa gli ho fatto?” - il maestro, e forse questa è stata la chiave del suo successo, ha mantenuto un suo stile di cordialità, curiosità e umiltà, arricchito da una profonda onestà intellettuale.

Valdo Spini, già vicesegretario del Psi, onorevole e ministro della Repubblica, ammette che “Lena aveva una dimensione maggiore rispetto agli altri politici locali, gli è mancata l’opportunità di andare a Firenze o Roma, ma in queste dinamiche giocano tanti fattori”.

E alcuni mesi fa, in Fondazione Circolo Fratelli Rosselli, proprio Spini mi mostrò una foto di un comizio a Galliano con Lena a suo fianco sul palco. Era il 1° Maggio 1972, manifestazione dei giovani socialisti in Garfagnana. “E se ho buona memoria”, dice l’ex ministro di Ciampi, “citava con grande passione Bertolt Brecht”.

Mario Lena rimarrà alla storia della piccola Bagni di Lucca per essere stato uno di quei sindaci che hanno fatto “la” politica e non “della” politica, contribuendo ad appassionare tanti uomini e donne che se oggi votano ancora a sinistra “è grazie a lui”. Dalla sua casetta ha continuato a scrivere e immaginare poesie, e guardava lo scorrere del fiume Lima, che come il tempo procede incessante portando inconsapevolmente via con sé ricordi, amori, immagini, foglie, sassi, vite per confluire nei mari dagli abissi infiniti. Dove tutto finisce.

A 97 anni si è dunque congedato dalla poesia e dalla politica, dopo una vita di studio, lasciando al suo paese e a chi vi abita una delle tante frasi di cui fare tesoro: “Anche la politica, correttamente intesa, è un esercizio nobile e appassionante”.

In questa piazza sul fiume c’è il mio paese/Cadono le foglie degli alberi con le parole degli uomini/Le ragazze allungano le gambe nei rettangoli di sole che minacciano l’asfalto/Il fiume porta con sé i lunghi secoli della nostra vita (Il mio paese di Mario Lena).

Passando su Viale Roma intorno all'una di notte, una tiepida luce esce dall’abitazione del maestro.

Forse, sarà l’ultima volta prima di accendersi altrove.

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